«Per chi è calabrese è come scoprire l’acqua calda», dice Giuseppe Baldessarro, uno che scrive di ‘Ndrine da 15 anni: gira per discariche illegali in Calabria e indaga su navi affondate cariche di scorie nucleari. Scoprire, come è scritto nell’ordinanza del Gip di Milano contro la nuova rete di cosche calabresi in Lombardia, che una delle aziende controllate dalle ‘Ndrine, “Perego Strade”, smaltisse nei propri cantieri rifiuti tossici, in primis amianto, non lo smuove più di tanto. Autore del libro “Avvelenati” con Manuela Iatì – dove si parla di scorie di centrali atomiche ed elettriche, container con diossina di Seveso e scarti industriali – dice che sono bazzecole rispetto alla monnezza nucleare con cui hanno affossato la Calabria, quei residui di amianto disseminati tra i laghi e la Lomellina.

«Amianto? In Calabria ne troviamo quintali ogni estate sulle spiagge, dall’una all’altra provincia, portati anni addietro da chissà quali stabilimenti del Nord industrializzato», denuncia Claudio Cordova, 24 anni, di cui otto vissuti sul crinale della lotta antimafia, autore di “Terra venduta” per i tipi di Laruffa, dove ripercorre le vergogne della “Discarica d’Italia”, dalla Pertusola a Crotone (stabilimento dismesso di un’azienda pubblica) alla discarica di Motta San Giovanni, fuori Reggio dove – come appurato dalla Dda reggina – la famiglia Iamonte (quasi tutta arrestata l’11 luglio nell’operazione Crimine) aveva seppellito centomila tonnellate di rifiuti tossici, fanghi e olii residui dalla combustione termoelettrica di una centrale Enel del brindisino. Centomila tonnellate di rifiuti pericolosi, annota Gian Luca Ursini su “PeaceReporter”.

Le ‘Ndrine hanno avvelenato acqua aria e terra in Calabria per trent’anni e, scoprono adesso i magistrati milanesi, da 15 anni lo fanno anche ai danni dei “lumbard”. Stelvio, Valtellina, Como, Fiera, Portello: sembra ne fossero almeno in parte al corrente i dipendenti della ditta di Ivano Perego: gli operai, continua Ursini, vennero intimiditi dagli sgherri della ‘Ndrina a cui in realtà la ditta apparteneva. «I picciotti di Salvatore Strangio di Platì picchiavano e minacciavano gli operai con un minimo di scrupoli che si stavano accorgendo di sotterrare pericolosissimo amianto negli scavi dei lavori appaltati dalla Perego General Contractor, un nome moderno per truffe vecchie come il cucco e come la morte», sottolinea Ursini.

La strada statale dello Stelvio in Valtellina, l’ospedale Sant’Anna di Como, l’area “Portello” di Milano, la nuova “City Life” che va a soppiantare la vecchia Fiera: Milano, Lombardia, Padania, «tutte inondate di rifiuti tossici dalla mafia» che si continua ad ignorare, finché l’avvelenamento «non comincia ad ammazzare i cittadini», minandone la salute. «Intorno a me i miei parenti, il mio quartiere, la gente muore come mosche, ogni famiglia un lutto: cosa ci hanno nascosto per decenni?». Quello di Gianni Nucera, animatore di un comitato di salute cittadina, è un grido disperato: al quartiere Ravagnese di Reggio, dietro l’aeroporto, le cosche De Stefano e Libri hanno sotterrato rifiuti industriali negli anni ‘80. A decenni di distanza, gli organismi cominciano a crollare.

Tra quanto tempo, si domanda Ursini, i 9 milioni di lombardi scopriranno che i cluster tumorali nelle zone contaminate schizzeranno verso l’alto con indici anomali di malati di cancro, come da anni in Calabria? «Permettere alle mafie di violare le regole vuol dire minare la propria salute, lo dimostrano le nostre inchieste», chiosa Cordova. «Quanto scoperto in Valtellina è solo l’inizio: la ‘Ndrangheta si è allenata a lungo 30 anni fa e ora sta sfruttando questa competenza», spiega Baldessarro: «Le prime inchieste del genere sono di fine anni ‘80». Il cancro invade i nostri tessuti, mentre in quei cantieri «le opere di riempimento sono state realizzate con amianto Eternit e altri materiali tossici da demolizioni indifferenziate», confessa un operaio ai magistrati.

Secondo il gip, i rifiuti, invece di essere selezionati e smaltiti a norma, venivano triturati a caso e abbandonati nei cantieri o in luoghi abusivi. «Cominciate a chiedervi quei camion che hanno lavorato nella discarica sotto casa vostra a che ditta appartenessero», insiste Ursini su “PeaceReporter”. Per il gip Gennari, «nella ditta Perego i mafiosi Strangio partecipavano direttamente ai lavori; in simbiosi tra mafia e impresa». Chiedetevi, conclude Ursini, chi siano le ditte che vedete lavorare sotto casa a chi facciano riferimento: «Le ‘Ndrine sono tra di noi, nel vostro quartiere. Ovunque. A Nord come a Sud. E ci stanno uccidendo tutti. Lentamente» (info: www.peacereporter.net).

Fonte: www.libreidee.org

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