Non sappiamo bene se sia l’effetto della tragedia giapponese, dell’insicurezza sul fronte dell’approvvigionamento di petrolio o semplicemente dell’opportunismo, dopo che i sondaggi hanno mostrato la contrarietà della maggior parte degli italiani all’opzione nucleare. In ogni caso, il Senato ha posto all’ordine del giorno il tema delle rinnovabili ed ha approvato sei mozioni per sbloccare la situazione di confusione generata dal decreto legislativo del 3 marzo scorso.

Le mozioni, presentate da tutti i gruppi parlamentari, si propongono di affrontare la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili e di garantire il raggiungimento degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020 (per l’Italia il 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020), evitando che il decreto che avrebbe dovuto promuovere le rinnovabili, recependo la direttiva 2009/28/CE, si trasformi in un provvedimento paralizzante per il settore.

Il tempismo di questi interventi genera quantomeno perplessità e alcune posizioni riflettono l’ambiguità di fondo tra la volontà dichiarata di definire una strategia complessa sul tema dell’energia e della riduzione della emissioni di gas serra e i consueti meccanismi di ricerca del consenso e di schiacciamento su una progettualità scadente e a breve termine.

D’altra parte bisogna riconoscere ad alcune mozioni il pregio di non limitarsi al tema della diffusione delle energie pulite, ma di puntare al risparmio energetico, all’efficienza dei consumi, alla tutela paesaggistica e delle terre fertili.

Sul fronte del Pdl poco è cambiato. L’idea, nelle parole della senatrice Vicari, è che "il mix energetico tra le varie fonti di approvvigionamento (sia) necessario e indispensabile per la sopravvivenza del nostro Paese". Confermata la validità dell’opzione nucleare, ci si concentra soprattutto "sull’accelerazione dei tempi per l’incentivazione al fotovoltaico e dei biocarburanti, garantendo tutte le parti in causa e chiarendo i costi sulla bolletta". I senatori chiedono poi di "proseguire in tempi rapidi i lavori del tavolo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, coinvolgendo i Ministeri interessati, le associazioni del settore e gli operatori". Sostanzialmente chiedono quanto hanno già previsto.

La proposta del Pd, approvata all’unanimità, sottolinea invece i rischi per gli investimenti effettuati o programmati per i prossimi mesi, esposti ad un’improvvisa interruzione degli aiuti pubblici ed eventualmente anche del credito bancario. Si tratta, secondo i dati di GIFI-ANIE di progetti per circa 40 miliardi di euro nel solo fotovoltaico, che coinvolgono almeno 10mila persone, per le quali si teme il ricorso alla cassa integrazione. L’impegno chiesto al governo è quindi quello di garantire gli investimenti avviati in base al precedente sistema di incentivazione e di assicurare il rimborso dei finanziamenti bancari.

Ambizione comune a tutte le proposte è comunque la definizione di condizioni certe, rispetto alle modalità di accesso agli incentivi, al contrasto alle speculazioni, alla gestione della rete elettrica e soprattutto con riferimento ai costi della bolletta energetica.

A proposito dell’argomento, spesso abusato ed estremamente potente sull’opinione pubblica, dei rincari in bolletta dovuti al sostegno alle rinnovabili, la mozione presentata dell’Idv tenta un’operazione di chiarezza: il documento chiede di ridurre il carico impropriamente destinato alle fonti assimilate, dal momento che “la maggior parte degli oneri pagati in bolletta dai cittadini riguardano ancora gli incentivi CIP6 a favore delle fonti impropriamente ‘assimilate’ alle fonti rinnovabili, le quali altro non sono che energie prodotte da impianti che utilizzano calore di risulta o fumi di scarico”.

Il documento è stato però respinto a seguito del rifiuto da parte del gruppo parlamentare di apportare alcune modifiche richieste dal ministro Prestigiacomo.

I passaggi incriminati riguardavano l’abbandono del programma nucleare e l’impegno a concordare insieme alle Regioni i criteri per la localizzazione dei grandi impianti fotovoltaici a terra, in modo da garantire la tutela del paesaggio. Poteva un ministro dell’Ambiente permettere tali abomini?

Altri documenti pensano piuttosto a valorizzare la tendenza già manifestata dall’Italia a una forte crescita delle fonti energetiche rinnovabili e a fare chiarezza sugli aspetti che impediscono una valutazione corretta delle diverse strade percorribili.

Secondo i dati forniti dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas del 2009, "a fronte di meno di un miliardo di euro derivante dalla componente tariffaria A3 per le fonti rinnovabili propriamente dette, oltre 1,4 miliardi sarebbe destinato alle fonti assimilate, gravando sui cittadini per oltre il 3 per cento della spesa complessiva, al netto delle tasse".

Fonte: Il Cambiamento

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