Il Governo ha cancellato ieri dal decreto sviluppo la norma che porta a 20 anni il diritto di superficie delle spiagge. Il dietrofront del Governo dà ragione a FAI e WWF che per primi avevano denunciato i rischi connessi a tale provvedimento.

Il dietrofront della maggioranza sul decreto sviluppo, annunciato ieri dal relatore del provvedimento in Commissione Bilancio e Finanze della Camera Maurizio Fugatti, dà ragione al FAI e il WWF che avevano denunciato per primi con forza come, una volta concesso il diritto di superficie sulle spiagge, difficilmente si sarebbe potuti tornare indietro, con il rischio di consegnare il nostro litorale in mano ai privati che avrebbero acquisito un diritto edificare in aree costiere demaniali sinora libere. “Bene che ci sia un ripensamento anche se ci auguriamo che la norma non rispunti tal quale in un altro provvedimento”, commentano gli ambientalisti.

FAI e WWF avevano denunciato sin dall’inizio che le disposizioni contenute nei primi tre commi dell’art. 3 del Decreto Sviluppo andavano contro i principi della Direttiva comunitaria Bolkestein sul mercato interno e presentavano non pochi dubbi interpretativi: infatti, veniva costituito, per un lungo periodo di ben 20 anni (nell’ultima versione del decreto) mediante un provvedimento amministrativo, un diritto di superficie (diritto di matrice privatistica) su un bene demaniale (e quindi pubblico) qual è l’arenile, ponendo così non pochi problemi di coordinamento tra la disciplina pubblicistica e quella privatistica.

In secondo luogo, il legislatore introducendo un diritto di superficie (ex art. 952 e ss. cod. civ.) come “diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”, riconosceva, di fatto, un diritto di edificare su un bene demaniale in aree inedificate.

Infine, FAI e WWF facevano notare che sebbene il rischio di una tacita sdemanializzazione del bene demaniale fosse più forte nella originaria formulazione, che poneva un durata di novant’anni del diritto di superficie, rimaneva ancora il dubbio, anche nel testo in discussione alla Camera se, decorsi vent’anni, il fondo su cui si è costituito un diritto di proprietà privata fosse ancora funzionale al soddisfacimento di interessi pubblici, posto che per evitare tale conseguenza sarebbe stata opportuna l’esplicita esclusione di una sdemanializzazione del bene, decorso il termine di durata del diritto di superficie. (Fonte: Wwf)

"Abbiamo ottenuto la soppressione dei commi 1, 2 e 3 dell’ articolo 3 del Decreto Sviluppo, quelli relativi alle spiagge. Come richiesto dal Pd, quindi, le norme vengono eliminate:dopo aver generato un enorme confusione, governo e maggioranza sono state costrette ad un passo indietro. Ora si dovrà lavorare a una legge questo per affrontare la questione". Lo rende noto Alberto Fluvi, capogruppo Pd nella commissione Finanze di Montecitorio. (Fonte: Dire)

"Un altro successo per i cittadini. Dopo la vittoria su nucleare e acqua pubblica, la cancellazione della norma che prevedeva il diritto di superficie sulle spiagge per 20 anni, rappresenta una nuova vittoria per tutti i cittadini, gli imprenditori onesti e per coloro che hanno a cuore i beni comuni. Questa estate è cominciata bene, ora avanti per liberare le spiagge dai cancelli e dal cemento". Queste le parole di Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente, che esprime soddisfazione per la notizia dello stralcio delle norme sulla privatizzazione delle spiagge nel Dl Sviluppo. "Il vecchio decreto – ha continuato Venneri – rappresentava un’aberrazione giuridica che non accontentava nessuno. Né tanta parte degli imprenditori che hanno rischiato di venir scalzati dai grandi speculatori del settore, né cittadini e turisti, che venivano di fatto privati del diritto di fruire di un bene pubblico per eccellenza". (Fonte: Legambiente)

Fonte: Il Cambiamento

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