Il verbo conoscere mi è molto caro. Ne ho potuto apprezzare la profondità in tutte le sue sfaccettature sia positive che negative. Ho scoperto nel corso dei miei pochi anni di vita, che questo verbo è stato lungo i secoli anche oggetto di importanti attenzioni dal punto di vista filosofico e religioso. Basti pensare alle correnti gnostiche o neognostiche o le derive dello gnosticismo. Ma senza addentrarmi in labirinti filologici e filosofico-religiosi mi preme sottolineare come il conoscere una persana, una cosa, un situazione…una qualsiasi attività  implichi necessariamente il praticarla. Non si può conoscere una persona se non la si frequenta almeno per un certo periodo, con quotidianità. Non si può conoscere un programma di software se non si fa pratica su di esso. Non posso dire di conoscere quella deterinata situazione se prima non sono stato almeno sul posto o quanto meno se non interpello qualcuno che vi sia stato effettivamente per averne una eco affidabile e vera. E mi si consenta, non si può dire nemmeno di conoscere Dio se prima non lo si è (mi si passi la terminologia) praticato, vissuto, frequentato lungo le strade che lui ha tracciato.

Lo stesso vale per la decrescita! Se non la si frequenta, praticandola, non si può certo di re di conoscerla. E come ogni cosa bella che si conosce, più la si conosce – praticalndola – piu’ affascina ed incuriosisce e far sta bene. Questa è la decrescita, questo è quello che si sperimenta concretamente praticando la decrescita.

Nel mio piccolo cerco di metterla in pratica. Mi faccio il pane a casa, solitamente la domenica mattina. E’ una grande soddisfazione oltre che un grandissimo piacere sperimentare di saper fare qualcosa che si tramanda da millenni e che nutra da sempre gli uomini. Come ogni cosa che si fa è rilassante e permette di staccare dal marciume quotidiano che ammorba l’aria. Il pane mi dura tutta la settimana e lo uso per il pranzo quando sono fuori per il lavoro cioè circa 5-6 giorni la settimana. Il vantaggio di salute è grande: so cosa mangio ( è fatto con lievito e farina bio) il contenuto sono verdure bio che compro sotto casa oppure qualche piccola verdura che da pochissimo germoglia sul miomini balcone. Il risparmio economico non è da poco. Se si calcola che in una tavola calda di Napoli minimo per un primo e una bevanda si spendono 5-6 euro al giorno moltiplicato per 5 giorni sono circa 25-30 euro settimanali risparmiati, che mensilmente sono 100-120 euro. Non bruscolini. Se poi si pensa che volendo (giustamente) rinunciare a tavole calde – dove non sai ben cosa ti mangi – per approdare a sani risotnati bio la spesa sale di molto. Un pranzo decente (un primo e una bevanda) oscilla tra i 7 e i 9 euro che per la moltiplicazione di cui sopra fa al mese una spesa di circa 140 – 180 euro solo di pranzo! Non male

Stesso discorso per la colazione. Escluso il latte – che per mia convinzione personale non è molto benefico – per fare una buona e sana colazione che non sia fatta al bar, mi autoproduco yogurt. Mi costa 1.45 a settimane mi dura anche di più, è piu’ buono e non inquina. Se volessi aquistarlo in un normale nogozio ne avrei di meno, costerebbo almeno 4 volte tanto e non sarebbe così sano e buono. All’interno posso metterci frutta sana o cereali bio o quello che uno desidera. Se invece volessi fare colazione al bar un caffè e un cappuccino mi costerebbero 1.70 a giorno che a settimana intera fanno 47.60 euro al mese, per un prodotto dolciario che mi appesantisce, non so da dove viene e di cosa è fatto.

Ora facendo solo due calcoli, autoproducendo solo queste due piccolissime cose ho un risparmio su beni primari (per la nostra sopravvivenza!) di circa (mantenedomi basso) 160 euro al mese circa. Se inizaissi(mo) ad autoprodurmi altri beni quali ad esempio verdure, pasta, formaggi (tutte cose fattibilissime anche in città) avrei un enorme risparmio, potrei anche lavorare di meno (se uno si convincesse che la vita vada veramente vissuta!) dedicando il io tempo a me stesso, i miei affetti, i miei hobby, donando il mio tempo a chi serve. Se poi fossi(mo) una piccola cerchia a fare questo mettendo in comune le nostre autoproduzioni scambiandocele (non vendendocele!) sotto la logica del dono, allora si che molte cose cambierebbero, ne saremmo noi i padroni e diverremmo tutti quello che abbiamo dimenticato di essere: umani.

Fonte: Sorrento per la Decrescita

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