Di nuovo Bike Pride. Di nuovo saremo presenti. Contiamo che quest’anno la partecipazione sarà ancora più massiccia degli scorsi anni, dove, in ogni caso, 10-15.000 persone si sono trovate a pedalare insieme, riappropriandosi degli spazi concessi in maniera troppo generosa alle automobili.

Molte persone non se ne accorgeranno nemmeno, visto il non-spazio dedicato dai media all’evento, altri lo vedranno solo come un intralcio a una potenziale giornata di shopping e magari li costringerà a spegnere il motore a un incrocio nell’attesa che l’allegra comitiva transiti di fronte a loro. Qualcuno si spazientirà perché dovrà perdere qualche minuto per quella che ai suoi occhi è soltanto, se va bene, una sorta di manifestazione sportiva, altrimenti una ridicola pagliacciata.

Invece chi di noi ha scelto negli ultimi anni di dimezzare le ruote del proprio veicolo si sta rendendo conto che i ciclisti sono sempre di più. Chi tenta questo fatidico cambiamento difficilmente torna indietro. E questo non solo perché si risparmiano  soldi in benzina (e non pochi) o perché ci si sente meglio pensando di fare un favore all’ambiente: semplicemente pedalare è bello. Muoversi alla velocità di una bicicletta permette di osservare le cose che ci stanno intorno (che siano alberi, case o persone) e non vederle come ostacoli sul nostro percorso. Ci dà la possibilità di fare un po’ di sport prima di sedersi per troppe ore in un ufficio, invece di andare sulla cyclette in palestra una volta uscitone. Fa bene allo spirito: a quale ciclista non capita qualche volta di sorridere a un altro che gli viene nella direzione opposta? Capita spesso agli automobilisti?

Poche azioni come spostarsi in bici in città rappresentano il senso della decrescita felice. Perché? Perché è una scelta individuale “bella” che fa stare meglio innanzitutto chi la compie. Perché è più sana. Perché rispetta l’ambiente e il prossimo. Perché permette di ridurre la nostra dipendenza dal mercato. Perché è “giusta”, nella misura in cui riduce le ingiustizie (o forse ci dimentichiamo che per avere il petrolio si fanno le guerre?). Perché è la dimostrazione lampante che il culto della crescita fine a se stessa, del più potente, più costoso, più veloce si risolve nel suo opposto, facendo emergere tutte le sue intrinseche contraddizioni (auto potentissime che sprecano valanghe di energia per fare pochi chilometri a una velocità inferiore rispetto alla bici). Nulla più del confronto automobile/bicicletta rappresenta la falsa contrapposizione tra progresso/regresso in cui si tenta di intrappolare il dibattito su crescita e decrescita: la bicicletta non è un “tornare indietro” rispetto all’automobile; chi lo sostiene forse dimentica come la bici sia infinitamente più efficiente dal punto di vista energetico nonché un’invenzione all’incirca contemporanea del motore automobilistico.

Questo senza essere in alcun modo talebani o ciechi. Ci sono un sacco di situazioni per cui spostarsi in macchina è meglio che sulle due ruote, così come ci sono degli svantaggi nella bicicletta (quale ciclista non rimpiange le sue scelte quando si trova sotto l’ennesimo acquazzone non previsto dal meteo?).

Nessuno chiede la messa al bando delle automobili. La gente che parteciperà al Bike Pride chiede soltanto che la bicicletta abbia più rispetto, non solo dagli automobilisti, ma in primo luogo dalla politica; che gli spazi pubblici (e le strade lo sono!) siano pensati anche per le bici e che tutto il sistema ne incentivi l’utilizzo (piste ciclabili, zone con velocità massima 30 all’ora, rastrelliere, possibilità di portare le bici sui trasporti pubblici…). Chissà se un giorno chi ci governa sarà meno schiavo di interessi o pregiudizi e si renderà conto di quanto guadagnerebbe la collettività dall’avere meno rumore, meno smog, meno incidenti, meno strade da riaslfatare… basterebbe farsi due conti!

Nel frattempo ci possiamo consolare sapendo che una parte delle persone inizia a pensare in maniera diversa. Il 26 maggio ci saremo anche noi, per fare festa tutti insieme, perché ognuno di noi può essere il cambiamento, convinti che, presto o tardi, pedalando tutti nella stessa direzione, il cambiamento ci sarà.

di Stefano Zummo (Mdf Torino)

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