Manifesto

MENO AUTO: TUTTI PIU’ VELOCI

 

Noi dichiariamo finita la cultura dell’ “auto-a-tutti-i-costi”.

L’intelligenza si ribella all’idea di bruciare quello che resta del petrolio, per stare fermi dentro a un fiume di auto ferme. Non ci stiamo a considerare il nostro prossimo come un “ostacolo stradale”.

L’auto non definisce più uno “status”, risponde a un semplice bisogno di mobilità personale. Ma la mobilità complessiva è lenta a causa del sovrannumero di auto vuote.

Non siamo più interessati alla cultura della quantità, della fretta, dell’insoddisfazione permanente. Siamo per una cultura della “qualità”: virtù dei gesti quotidiani, vivibilità dei luoghi, sostenibilità del viaggiare.

Aspiriamo a città in cui il centro ideale sia la piazza, non uno spartitraffico. I “luoghi significanti” contengono sempre un’anima : mai un parcheggio.

La velocità è un valore, ma oggi viene dopo il rispetto, la sicurezza, l’educazione, il desiderio di bellezza. Non c’è bellezza nello sfrecciare senza nulla vedere, mentre c’è molta ricchezza nel camminare e nell’indugiare stupito. Il sovrannumero di auto è come il colesterolo in eccesso: un di più inutile e dannoso. Più auto, più congestione, più lentezza.

Non ha senso percorrere 500 km in tre ore, per poi rimanere fermi tre ore per fare gli ultimi 5 km. Neppure ha senso osannare la velocità dell’auto, quando una bicicletta, in città, va più forte. La bicicletta è metafora di una nuova qualità della vita: chi pedala non si arrabbia, non inquina; chi pedala di propria forza, riempie e guadagna il suo tempo, perché mentre si sposta tonifica il corpo e riduce la quota della palestra.

Non ha più senso il “tour automobilistico”: chi viaggia non desidera vedere illusoriamente il mondo da un finestrino, vuole calcarlo a piedi battenti.  La pubblicità per la vendita di auto, con la sua perfezione formale e con il suo spreco di intelligenze, rende manifesta la disperazione dei fabbricanti e insieme l’abilità di chi, per obbligo contrattuale, deve sostenere la desiderabilità forzata dell’oggetto.

Si compra un’automobile per acquistare velocità individuale, e l’effetto paradossale è quello di un rallentamento collettivo: un esempio di come la “razionalità individuale”, trasposta sui grandi numeri, può divenire “irrazionalità collettiva”. Non ha più senso progettare nuove circonvallazioni, nuovi parcheggi, nuove corsie e tunnel, per la semplice ragione che fra pochi anni il trasporto pubblico e privato sarà molto più ‘aggregato’, e siccome un minor numero di mezzi in movimento riduce l’effetto “onde di traffico” e le occasioni di inciampo della circolazione, i pochi momenti di “piena” automobilistica, oggi problematici, saranno facilmente controllabili con le dotazioni esistenti.

L’uso solitario dell’automobile ingobbisce la schiena e immiserisce lo spirito, mentre aprire la portiera ad estranei è un atto che fa sussultare il cuore, e ringiovanisce, e apre alla “serendipità”.

Toglieremo i dormitori per le auto, e “le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze, e i vecchi e le vecchie siederanno ancora nelle piazze, ognuno con il suo bastone in mano per la loro longevità” (AT – Zaccaria 8, 1-8). Lo sguardo allora spazierà da soglia a soglia, e torneranno i pavoni sui culmini delle fontane.

Da subito vogliamo ridurre la nostra responsabilità di essere complici della de-forestazione causata dalla coltivazione di bio-carburanti sostitutivi dei carburanti fossili, e affermiamo che la “via breve” per togliere questo “assurdo razionale”, il sovrannumero di auto, è di imparare a sfruttare i sedili vuoti: carpooling, car-sharing, e jungo.

Non lasceremo nulla di intentato per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio, per ridare spazio, aria e bellezza alle nostre città, e per fare ciò ci impegnamo a convertire sempre di più la mobilità solitaria in mobilità aggregativa.

Ass.Jungo

Fonte: Jungo.it 

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