Sei un creatore oppure un distruttore”

(Dag Hammarskjold)

E’ venuto il tempo in cui, è necessario e assolutamente giusto, parlare della decrescita felice sempre più in positivo. E questo per una ragione molto semplice e chiara: essa è una vita positiva. E’ una strada (non la meta) che è al servizio di tutti coloro che hanno deciso che la vita valga più del denaro, del successo, del potere; e che le persone e la natura sono così dignitose e preziose che insieme devono stare al primo posto. Insieme, perché separate queste due realtà degenerano.

Una delle straordinarie realtà che la decrescita felice è stata in grado di attivare è la creatività umana. In realtà non ha inventato nulla di nuovo perché la creatività dell’uomo – lo sappiamo bene – è sempre esistita e solo in Italia ne abbiamo segni mirabili in quasi ogni angolo del Paese. Tuttavia per lunghissimi anni (almeno 250) tale creatività è andata man mano spegnendosi a vantaggio di altri tipi di attività.

Come mai è potuto accadere tutto questo? Una prima e fondamentale risposta credo vada trovata nell’espulsione dalla società occidentale di una visione spirituale. L’avvento delle rivoluzioni industriali, l’inseguimento assoluto del dominio della tecnica e della sola scienza hanno prodotto come conseguenza ineluttabili la scomparsa di quelli che fino a 250 anni fa erano le anime e i creatori di veri universi: gli Artisti.

L’aver messo in secondo e forse anche in terzo e quarto piano figure importantissime quali quelle di peti, danzatori, musicisti, pittori, drammaturghi, attori, registi, scultori etc etc… ha creato una vera e propria secolarizzazione del mondo occidentale, privandone di quell’anima e di quella visione spirituale che fino ad allora aveva prodotto vera Arte. Se al mondo togli tale visione è difficile che riesca a produrre arte autentica. Al massimo può produrre intrattenimento e finisce per mettere in vendita l’anima stessa degli artisti.

Un personaggio insospettabile del secolo scorso aveva già intuito quanto detto: “Lo scopo sia dell’arte sia delle scienza è di tenere vivo il sentimento cosmico religioso”. Così Albert Einstein.

Riscoprire la creatività da parte della decrescita felice ci pone a riflettere su qualcosa che si era come assopito e addormentato: noi esseri umani dobbiamo renderci conto che siamo autori effettivi del mondo e del cosmo (per dirla con Einstein) stesso! Renderci conto di questo significa renderci conto del potere immenso che è nelle nostre mani. Certamente l’Arte (in tutte le sue forme) non sempre è bella o graziosa (a tal punto suggerisco la lettura del libro di Pallante “Sono io che non capisco?” ) e la creatività ancor di più. Si tratta di prendere coscienza del terribile potere creativo che abbiamo tra le mani e di saperlo ben gestire.

Quando parliamo di capacità di generare il cosmo o il mondo, non dobbiamo pensare solamente infatti alla capacità riproduttiva sessuale che per le donne può essere quantificata in trecento o quattrocento ovuli e negli uomini in quattrocento miliardi di spermatozoi. No. Dobbiamo scendere più in profondità è capire quanto più feconda e fertile possa essere l’immaginazione di un singolo essere umano. Quali limiti ci sono alle immagini che una persona è in grado di creare nella sua vita? E soprattutto cosa significa che una persona non solo è in grado di creare immagini ma anche di realizzarle? E cosa accade quando più persone possono mettersi insieme e condividere queste immagini e tentare di realizzarle? Possono accadere cose pessime e dannose, e le guerre, il nucleare, l’inquinamento, la crescita scriteriata ce lo hanno dimostrato. Ma possono accadere anche cose molto positive come in passato la creatività ci ha dimostrato.

Prendere coscienza di questo nostro potere creativo è uno dei tanti meriti della decrescita felice. Cosa che non sempre viene sottolineata. Elemento che deve essere maggiormente approfondito. Si perché il non prenderne coscienza può portarci ancor prima alla distruzione. Magari non con una guerra nucleare come si pensava anni addietro ma oggi attraverso la diffusione di OGM, il moltiplicarsi di McDonald’s e dei suoi fratelli. Oppure attraverso la costruzione di grandi opere inutili, consumazione del suolo, la distruzione delle foreste, la reazione di rifiuti non smaltibili. Il consumismo e la società della crescita in fondo che cosa sono se non una forma di creatività perversa?

Ecco anche il perché di tanta importanza nel recupero del “saper fare” da parte della decrescita felice. Molti pensano che sia solo una questione squisitamente economica, di risparmio e utilitaristica nel senso buono. E questo ci sta tutto, ma resta un primo livello di comprensione. Un secondo importante è quello del rispetto della natura, delle materie prime e il recupero di arti e di manualità che possono provocare anche un benessere psico-fisico. Ottimo. Ma alla radice, in profondità ritornare al saper fare è sempre un ritornare all’artista che è in ognuno di noi. E’ sempre un ritornare dentro noi stessi per quel recupero necessario dell’umano assopito e incatenato dalla società dei consumi.

Riscoprire questo significa fare un grande passo in profondità e significa prendere posizione davanti alla forza creatrice che è in ognuno di noi. Questa infatti non tollera l’indifferenza e non può essere trattata in tal modo. Se ne rifiutiamo la presenza essa agirà senza controllo – come ha agito in questi due secoli e mezzo – generando anche barbarie (basta vedere il nostro Paese). Bisogna farsi carico della creatività che ci abita, accettarne anche il peso, le ombre, amarla e a volte anche lottarci per darle la giusta direzione, pena la barbarie che stiamo già assaporando. Ma se al contrario ne sappiamo prendere coscienza e sappiamo farcene carico nei pesi e nelle misure possibili, allora noi possiamo dare una nuova direzione a questo mondo perverso e degenerato impegnandoci in prima persona a generare.

A questo punto è lecito e doveroso chiederci: La nostra creatività sceglierà la vita o la morte? Le persone o il profitto? La giustizia o l’indifferenza? E diviene attualissima la domanda provocatoria di Dag Hammaskjold: “Sei un creatore oppure sei un distruttore?”.

Alessandro Lauro

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