Canosio, 6 settembre 2014

Caro Totò,

domani, domenica 7 settembre, la Chiesa cattolica celebrerà la giornata del Creato. Non è il primo anno che lo fa, ma, a quanto pare, questa iniziativa non incide minimamente sul  cambiamento degli stili di vita delle persone, nemmeno di quelle che vanno a messa la domenica e nei giorni comandati. Quasi tutti, almeno nei paesi ricchi in termini di reddito monetario pro-capite, continuano a saccheggiare il pianeta, consumando grandi quantità di energia fossile ed emettendo grandi quantità di CO2 negli spostamenti automobilistici e nel riscaldamento eccessivo di edifici così mal coibentati che disperdono più dei due terzi del calore; mangiando quantità spropositate di cibo e buttandone altrettanto; lavorando tutto il giorno per produrre quantità sempre maggiori di cose e avere sempre più soldi per comprarle e buttarle sempre più in fretta. Del resto nemmeno la maggior parte dei sacerdoti, per non parlare dei vescovi e dei cardinali, hanno iniziato a vivere in maniera più sobria. I soli religiosi che lo stanno facendo appartengono a qualche ordine monastico, in genere di recente istituzione. Ho visitato alcuni dei monasteri in cui vivono seguendo la regola dell’ora et labora, facendo lavori artigianali e artistici, autoproducendo in modo biologico o biodinamico gran parte del cibo di cui si nutrono, seguendo diete vegane o vegetariane. Alcuni di loro hanno ristrutturato vecchi villaggi e vecchi casolari abbandonati, riducendone le dispersioni termiche e riscaldandoli con la legna dei boschi cedui in cui sono inseriti. Altri hanno fatto costruire in bioarchitettura nuovi edifici ben coibentati, che producono con fonti rinnovabili le ridottissime quantità di energia di cui hanno bisogno. Naturalmente tutte le attività che si svolgono all’interno di questi monasteri non sono retribuite – producono valori d’uso e non valori di scambio, per utilizzare le definizioni coniate da Marx – e gli scambi mercantili con l’esterno sono integrati da scambi basati sul dono e sulla reciprocità (governati opportunamente, almeno secondo loro, dalla Provvidenza). Insomma praticano la decrescita felice, per usare il titolo di un libro di Pallante. Questo modo di rapportarsi con gli altri e col creato, in cui sono stati concettualmente aboliti i rapporti di dominio e di sfruttamento anche se in pratica qualche sopravvivenza persiste, attira un numero crescente di persone, per lo più giovani, che vivono con disagio in società dove si tende a mercificare tutto, tutti i rapporti sono impostati sulla prevaricazione e sulla competizione, la biosfera viene considerata un enorme serbatoio di risorse da sfruttare al massimo e un’enorme discarica in cui buttare quantità crescenti di scarti. Ogni volta che visito uno di questi luoghi mi viene spontaneo domandarmi: non dovrebbero tutti i ministri del culto e tutti i fedeli fare delle scelte esistenziali come quelle che si praticano lì? E guarda che non si tratta di scelte pauperiste, ma di scelte responsabili che rendono felici chi le fa, mentre chi si propone come scopo della vita di avere sempre più cose non solo perde la dimensione spirituale, che ci differenzia da tutte le altre specie viventi, e quindi si autoinfligge una mutilazione, ma non è mai soddisfatto perché il sempre di più non ha limiti e se si vedono gli altri come concorrenti o rivali non si riesce mai a vivere in pace. La connotazione apparentemente edonistica insita nel consumismo maschera in realtà una forma inconscia di masochismo, mentre i modi di vivere alternativi, che le società in cui l’economia è stata finalizzata alla crescita ritengono basati sulla mortificazione, sono davvero edonistici. Basta vedere la quantità di psicofarmaci che consumano i consumisti masochisti inconsapevoli convinti di essere edonisti. «Miei cari fratelli – ha scritto Baudelaire nei Petits poèmes en prose – non dimenticate mai che il più bel trucco del diavolo è persuadervi che non esiste».

Io, caro Totò, non credo che la celebrazione della giornata del creato servirà a indurre i sedicenti fedeli di Santa Romana Chiesa dei paesi industrializzati a modificare i loro stili di vita fondati sul consumismo, la competizione e il dominio nei confronti della natura, fino a quando la gerarchia ecclesiastica non farà un esame di coscienza, nemmeno tanto difficile, sul suo comportamento negli anni della grande crescita economica successivi alla fine della seconda guerra mondiale. In Italia questo processo è stato guidato politicamente dal partito della Democrazia Cristiana e un ruolo altrettanto decisivo l’hanno avuto i dirigenti delle industrie statali e parastatali, democristiani per lo più anche loro, con l’appoggio determinante di tutta la struttura ecclesiastica, dai parroci agli ordini religiosi impegnati socialmente e culturalmente, ai vescovi, ai papi, con poche eccezioni di straordinarie personalità, che non a caso sono state pesantemente emarginate, o non hanno avuto la possibilità di correggere questa direzione di marcia perché per troppo poco tempo sono riuscite a esercitare il loro magistero prima di morire. Eppure, mentre sosteneva la classe dirigente politica e industriale che guidava un processo di modernizzazione e crescita economica senza precedenti, la gerarchia ecclesiastica, sostenuta dalle associazioni del volontariato cattolico, condannava la secolarizzazione e il consumismo. Come se fosse possibile produrre sempre di più senza consumare sempre di più e consumare sempre di più senza mortificare la dimensione spirituale. So bene che la spiritualità a volte maschera forme di superstizione, che il razionalismo non è di per sé negativo, che un aumento dei livelli del benessere materiale può costituire un progresso. Voglio dire soltanto che, se sostieni un processo poiché lo ritieni positivo, e ne condanni le conseguenze ritenendole negative, perdi di credibilità e di autorevolezza. Se poi sostieni quel processo insieme ad altri che non ritengono negative le sue conseguenze, il tuo ruolo si configura come quello di un cavallo di Troia: apri una breccia nel tuo sistema di valori per farci entrare chi lo distruggerà. Nel migliore dei mondi possibili in cui viviamo – sosteneva Pangloss – i polli sono stati fatti apposta per essere mangiati.

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso le chiese hanno iniziato a svuotarsi e i supermercati a riempirsi. Per i cattolici è stato evidentemente un fatto negativo. Per gli anticlericali un progresso. Ma la conseguenza oggettivamente negativa del consumismo è stata la disgregazione della famiglia. Non sto pensando al referendum sul divorzio del 1974, ma al fatto che in un numero crescente di famiglie il desiderio di accrescere la propria capacità di consumo ha indotto entrambi i genitori a svolgere un’attività lavorativa remunerata che li costringe a passare lontani dai figli, anche appena nati, la maggior parte della giornata. Ho sempre sostenuto che solo l’autonomia economica consente alle donne di essere in condizioni di parità con gli uomini, per cui valuto positivamente il fatto che svolgano un lavoro retribuito. Questa giusta esigenza è stata cavalcata e strumentalizzata dai sistemi economici finalizzati alla crescita perché consente di raddoppiare il numero dei produttori e dei  consumatori di merci. Che ciò avvenga a scapito della loro serenità e, soprattutto della serenità dei bambini non è stato neanche preso in considerazione perché, se si finalizza l’economia alla crescita, gli esseri umani diventano solo dei mezzi. Se i cattolici avessero davvero posto al centro delle loro preoccupazioni la difesa della famiglia invece di parlarne soltanto, avrebbero potuto, per esempio, promuovere una legge che riducesse della metà l’orario di lavoro di entrambi i genitori nei primi tre anni di vita dei bambini, quelli in cui si forma l’imprinting che li condizionerà per tutto il resto della loro esistenza. In quei tre anni i bambini non meritano almeno lo stesso tempo che i genitori passano a lavorare? Il pil sarebbe cresciuto di meno, ma si sarebbe ridotto l’appiattimento degli esseri umani sulle dimensioni di produttori e consumatori di merci, restituendo il giusto valore alle relazioni e al dono del tempo per amore. I minori introiti delle famiglie in quei tre anni sarebbero stati almeno parzialmente compensati non solo dalla riduzione delle spese per gli asili nido, baby sitter e medicine, ma anche delle tasse per pagare i costi del welfare state. Il cambio sarebbe stato tra meno giocattoli di plastica e più carezze. Chi proclamava a ogni piè sospinto la centralità della famiglia avrebbe dovuto apprezzarlo. Invece si è preferito che tutte le migliori energie di uomini e donne si concentrassero senza distrazioni nella produzione di merci, per contribuire a realizzare quel miracolo economico che, sotto la guida del partito democristiano e dei dirigenti democristiani delle industrie statali, in perfetta sintonia con le esigenze degli industriali privati, stava trasformando l’Italia nella settima potenza industriale al mondo. Evviva!

Senza una riflessione sulla inaccettabilità di porre la crescita come fine delle attività economiche e produttive, non solo per i danni ambientali, probabilmente ormai irreversibili, che ha arrecato alla biosfera, ma anche perché appiattisce gli esseri umani sulla dimensione materialistica e li usa come mezzi, senza un’autocritica coraggiosa delle scelte fatte dalla gerarchia ecclesiastica e dalle associazioni cattoliche negli anni del boom economico, ho la sensazione, caro Totò, che le giornate sulla tutela del creato non modificheranno il sistema dei valori e i modelli di comportamento che lo stanno devastando e non contribuiranno a risvegliare la consapevolezza della sua sacralità in quanto matrice di ogni forma di vita. Sarò un’illusa, ma confido che Papa Francesco, se gli sarà dato il tempo di farlo, apporterà un contributo decisivo a risvegliarla, anche perché, nonostante sia stato fatto di tutto per estirparla, persiste. Ha guidato le scelte di vita fatte dai monaci nei monasteri che abbiamo visitato. Guida le scelte di vita negli Ashram buddisti che ci sono anche nel nostro paese e di tutti coloro che applicano con convinzione i precetti d’una religione. In misura minore ha guidato anche le scelte di vita nostre e di tutti coloro che non hanno messo il loro dio nella loro carriera, per ripetere le parole poste da Carlo Michelstaedter come exergon al suo Dialogo sulla salute, dove la parola salute significa salvezza.

Un abbraccio dalla tua

Delfina

 

 

 

 

 

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