Da qualche tempo viaggiando in autostrada ci si imbatte in grandi cartelloni pubblicitari su cui giganteggia immancabilmente una frase: “Sei in un Paese meraviglioso”. Sotto la frase si dispiega una verdeggiante immagine satellitare dei dintorni circondata da una manciata di notizie sui principali luoghi “caratteristici”, monumenti, centri storici meritevoli di una visita. In basso, a volte, si legge: “Itinerario consigliato da Slow Food”. Non c’è quasi stazione di servizio che non ne abbia uno. È tutto molto gradevole alla vista e soprattutto lo è l’immagine satellitare, così ricca di verde, così evocativa di paesaggi salubri, ricchi di natura, intatti, “in cui il tempo si è fermato” e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, guardando meglio, si nota che in tutto quel verde c’è qualcosa che non va: troppo regolare, ripetitivo, par quasi il risultato di un “Copia & Incolla” fatto al computer. E, guardando ancora meglio, ci si accorge che non sembra bensì è. Tutta quella vegetazione è davvero, in gran parte, finta. E senza nemmeno troppa cura nel mascherare il trucco: alberelli stilizzati e ripetuti secondo schemi fissi, tanto per non perderci troppo tempo. Perché il turista, si sa, non ci sta a far caso.

 

Non è la prima volta che accade. Alcuni anni fa fece notizia una campagna pubblicitaria della Regione Sicilia in cui appariva una fotografia della riviera di Taormina ritoccata in modo da cancellare gli scempi edilizi che hanno deturpato la costa. Si parlò allora sui giornali di pubblicità ingannevole, si condannò il trucchetto “cosmetico” per gabbare i turisti. Se non altro c’era ancora il buon gusto se non di indignarsi quanto meno di trovare anomalo un simile modo di fare. Oggi sta accadendo la stessa cosa e non in uno ma in decine, centinaia di cartelloni sparsi in tutta Italia. E – hanno visto bene gli ideatori della campagna – nessuno ci sta facendo troppo caso. In una Italia nelle cui università si insegna (cito testualmente da una lezione di “scienze” del turismo) “come vendere il prodotto litorale laziale” o toscano, ligure, pugliese, ma sempre il prodotto appunto, che male c’è a rendere più appetibile il prodotto territorio italiano con un po’ di cosmesi in computer grafica? Del resto, non viviamo nell’era della “realtà arricchita”? E poi, come sarebbero quelle immagini senza i provvidenziali ritocchi, dopo secoli di disboscamenti selvaggi e decenni di agricoltura industriale? Eccone un esempio: una geometrica scacchiera i cui tasselli si differenziano gli uni dagli altri solo per le loro diverse gradazioni di grigio. E, qua e là, piccole isole assediate di vegetazione vera, poco più che brandelli ormai.

Potrei finire qui ma voglio aggiungere ancora una cosa. Il mese scorso, durante una sosta alla stazione di servizio di Montepulciano, davanti a uno di quei cartelloni mi soffermai a leggere i riquadri con le informazioni sui luoghi “caratteristici”. Fra essi il centro storico di Montepulciano, di cui lessi che è “meta da tutto il mondo di ragazzi appassionati della saga vampiresca di Twilights” alcune scene della quale furono girate lì. Fra essi anche Bagno Vignoni, di cui non lessi che lì Andrej Tarkovskij vi girò le scene centrali di uno dei suoi capolavori, Nostalghia.
Segni dei tempi le chiamavano queste cose.

Filippo Schillaci

 

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