di Rete Impronta Ecologica Globale

La Rete dell’Impronta Ecologica Globale ha appena pubblicato l’edizione 2016 dei National Footprints Accounts, che contiene nuove stime dell’impronta ecologica del Carbonio, che ormai rappresenta il 60 per cento dell’impronta ecologica mondiale. Una versione è scaricabile gratuitamente (qui). La revisione annuale di queste valutazioni è basata sui dati più recenti (2012) della Fao, del comtrade delle Nazioni unite, della Agenzia internazionale per l’energia (Iea) e di altre fonti.

I dati più recenti sul carbonio

Abbiamo apportato numerosi miglioramenti nella  metodologia della  contabilità di quest’anno. L’elemento più importante è costituito dal nuovo calcolo relativo al valore del Sequestro medio di carbonio delle foreste (Afcs), che è la capacità media mondiale di lungo periodo di un ettaro dei sistemi ecoforestali di sequestrare il biossido di carbonio.Includendo queste nuove fonti di dati e tenendo conto delle molteplici categorie di foreste, degli incendi spontanei globali e delle emissioni dei sistemi ecoforestali, ne è risultato che le foreste realizzano un sequestro netto di carbonio inferiore rispetto a quanto calcolato in precedenza.

L’Impronta Ecologica dei paesi è fortemente influenzata dalle nuove metodologie di calcolo. Più elevata è l’impronta Ecologica del carbonio di un paese come percentuale della sua Impronta Ecologica complessiva, più alta l’aumento della sua Impronta se confrontata con l’edizione dell’anno scorso. Ad esempio, l’Oman  la cui Impronta del carbonio fa registrare un elevato 77 per cento della sua Impronta Ecologica, ha guadagnato oltre venti posti nella classifica dei paesi che chiedono molto di più di quanto il loro ecosistema riesce a rigenerare. (Oman è oggi una delle quindici nazioni che hanno un livello molto alto di deficit ecologico). All’altro estremo, l’Etiopia, la cui Impronta del carbonio è pari soltanto al 7 per cento dell’Impronta Ecologica, è scesa di sedici posti nella stessa classifica.

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Questi calcoli molto più consistenti della Impronta di carbonio giungono molto in tempo rispetto allo storico Accordo di Parigi firmato nel dicembre 2015 da 195 nazioni e dall’Unione europea. Gli obiettivi adottati, diretti a contenere gli aumenti della temperatura media a due gradi centigradi rispetto ai livelli precedenti la Rivoluzione Industriale, si traducono in uno specifico bilancio massimo di carbonio per tutte le future emissioni di 800 gigatonnellate di C02. L’Accordo di Parigi sposta anche l’attenzione sulle emissioni nette dei paesi, poiché riconosce l’importanza delle scelte relative all’uso delle terre rispetto al sequestro del carbonio. In questo contesto, i calcoli dell’Impronta Ecologica  – che misurano sia le emissioni dal lato della domanda e la realizzazione del sequestro dal lato della biocapacità – forniscono un naturale quadro di riferimento per valutare le emissioni nette di ogni paese e le interazioni tra la domande in concorrenza che hanno per oggetto il territorio di un paese.

Al di la del carbonio, guardare il mondo attraverso il prisma dell’Impronta Ecologica, evidenzia molte realtà interessanti, che rivelano le tendenze di lungo periodo e gli impatti riguardanti la ricchezza ecologica di un paese, la salute economica e la crescita della popolazione. Qui riportiamo alcune indicazioni interessanti:

  • 11694153_10154061943094801_4722956092557739940_nI paesi Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) hanno fatto registrare un continuo declino della loro Impronta Ecologica per persona, a partire dagli anni 2000. Al contrario, potenti economie Europee, come la Germania e la Francia, hanno segnalato un forte balzo della loro Impronta Ecologica a partire dalla crisi finanziaria del 2008. Cosa costerebbe ai paesi Pigs di rafforzare la loro economia E insieme ridurre la loro Impronta Ecologica?
  • I paesi asiatici in rapida espansione economica, come l’India, la Cina, la Corea del sud e il Vietnam stanno mostrando un forte incremento della loro Impronta Ecologica per persona, in concomitanza con i loro livelli di vita in aumento.

È da notare che il Vietnam e la Cambogia si distinguono tra gli altri paesi asiatici per i loro sforzi coronati da successo di costruire una crescente biocapacità per persona in modo da sostenere da loro crescente Impronta Ecologica.

  • I paesi a basso reddito con una emergente popolazione in crescita (con una domanda rapidamente crescente) e violenti tumulti (collasso delle attività agricole e della produzione) – che comprendono l’Honduras, il Niger e la Somalia – stanno infrangendo la soglia della capacità dei loro stessi ecosistemi di sostenere (biocapacità) la domanda espressa dalla loro popolazione (Impronta Ecologica).

Siete curiosi di saperne di più? Scaricate il pacchetto di dati pubblici

La Rete dell’Impronta Globale sta offrendo di scaricare gratuitamente una versione delle sue Stime delle Impronte Nazionali per chiunque operi nella ricerca, nell’istruzione e per scopi non commerciali dal sito: Questo Pacchetto di Dati Pubblici comprende i risultati più recenti relativi a tutti i paesi, grafici per paese e il numero di Terre che sarebbero necessarie se la popolazione del mondo dovesse vivere come il cittadino medio di ogni paese. La possibilità di scaricare gratuitamente mette a disposizione anche molte nuove maniere di analizzare i dati – per regioni, secondo il Prodotto Nazionale Lordo, in relazione all’Indice di Sviluppo Umana e a numerose altre categorie – e di elaborare dei punteggi sulla qualità dei dati per i risultati ottenuti.

Alcune informazioni sulle Stime delle Impronte Nazionali

L’aggiornamento annuale, realizzato dalla Rete dell’Impronta Globale, delle Stime delle Impronte Nazionali descrive i bilanci di circa duecento nazioni, anno per anno, basati su circa 200.000 dati per ogni paese e per ogni anno, prelevati da circa trenta fonti diverse.Questi bilanci mettono insieme ogni anno la domanda reale di un paese relativa alle risorse naturali e ai servizi ecologici che forniscono le terre e i mari del nostro pianeta – frutta, vegetali, carne, pesci, alberi, cotone per gli abiti, legname e l’assorbimento del biossido di carbonio. La domanda, l’Impronta Ecologica, viene quindi confrontata con la disponibilità di questi beni e servizi forniti dagli ecosistemi di ciascun paese, definita come biocapacità.

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Nel 1961, il primo anno in cui furono disponibili dati in misura consistente, il nostro pianeta era in condizione di offrire il 37 per cento di risorse in più di quanto l’umanità stava domandando. Da allora, il deficit ecologico globale – la quantità per la quale la domanda dell’umanità ha superato il bilancio della natura – è aumentato in misura considerevole. L’edizione 2016 delle Stime delle Impronte Nazionali mostra che la domanda della popolazione mondiale rappresenta il 64% in più di quanto la natura può rigenerare ogni anno, pescando in misura eccessiva, sfruttando troppo le foreste, e in primo luogo, emettendo più biossido di carbonio di quanto i nostri ecosistemi possono assorbire. Le conseguenze comprendono le perdite e la frammentazione dell’habitat degli animali selvatici, il collasso del pescato e i cambiamenti climatici.

Ulteriori informazioni sui nuovi calcoli relativi al carbonio  all’interno delle Stime dell’Impronta Nazionale possono trovarsi nell’articolo sugli Indicatori Ecologici  sottoposto a verifiche sulla scientificità, “Ecological Footprint: Refining the carbon Footprint calculation”.

 

Traduzione per Comune a cura di Alberto Castagnola.
Fonte: footprintnetwork.org
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