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Si è da poco conclusa a Budapest la 5° conferenza internazionale della Decrescita. Questo incontro segna un’importante passo per la decrescita nel mondo intero. Per una settimana si sono incontrati oltre 500 ricercatori e attivisti decrescenti e più volte è emersa la consapevolezza che stiamo cominciando a diventare “qualcosa di importante”. Alcuni dicono che bisognerebbe parlare ancora di “community”. Per altri, invece, siamo già un movimento sociale, oppure, data l’eterogeneità, si preferisce parlare di “movimenti”.

Rispetto alla conferenza di Lipsia (3.000 partecipanti) gli organizzatori hanno questa volta preferito ridurre il numero degli iscritti all’insegna della convivialità e dello  “Small is beautiful” (Schumacher), dando un taglio maggiormente accademico ma garantendo, al contempo, la possibilità ai partecipanti di conoscersi maggiormente e di tessere preziosi reti informali (sino a notte fonda nei vari concerti sparsi per la città!).

Da segnalare che per la prima volta la conferenza è uscita dalle mure universitarie: ogni pomeriggio si sono organizzati più eventi paralleli sulla decrescita in tutta Budapest, all’insegna della contaminazione con la cittadinanza e del fatto che non possiamo davvero più restare chiusi nelle nostre mura!

Sono molti i preziosi stimoli che portiamo a casa da questa conferenza, insieme a tanto entusiasmo, allegria (e stanchezza!), anche se forse gli interrogativi posti sono più grandi delle risposte ottenute… e proprio sulle questioni aperte bisognerebbe forse riflettere nelle prossime conferenze. Dai vari interventi emerge, infatti, come i decrescenti siano davvero una goccia d’acqua nel mare dei vari movimenti sociali che stanno cercando di cambiare il mondo. Molti partecipanti hanno rappresentato, infatti, più di un movimento sociale che fra le sue varie fonti, si ispirava proprio alla decrescita: Commons, Permacultura, Agroecologia, Via Campesina, Transition Town, i Sambruck svedesi (fattorie decrescenti), Artivismo, Post-extractivismo, movimenti per la giustizia climatica e i conflitti ambientali… e si pensi ad altre parole chiave provenienti da altri contesti culturali come Buen Vivir (Sud America), Ubuntu (Africa) e l’Eco-swaraj (India).

Se vogliamo avere chance di portare la decrescita nel mondo non dobbiamo pretendere di mettere l’ombrello della decrescita sui vari movimenti (F. Demaria), ma proporre la nostra “cornice” agli altri movimenti, accordandosi e costruendo alleanze sulle assunzioni di base (S. Helfrich) e sui valori (A. Kothari) che ci accomunano.

E’ però necessario, forse, anche un pizzico di pragmatismo. Credo che a questo punto sia fondamentale organizzarci come movimento se vogliamo incidere sulla realtà. Questo non può che partire dal capire chi siamo (si potrebbe per esempio fare una “consensus conference” a riguardo), dal mapparci e dall’usare le conferenze internazionali anche come strumento militante, oltre che riflessivo. Molte, infatti, sono le battaglie che ci aspettano nel futuro.

Proporrei, quindi, come uno dei temi forti per la prossima conferenza: “Come promuovere e gestire il cambiamento”.

 

Jean-Louis Aillon, presidente MDF

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