La domanda non è di facile risposta, ma va posta. Restare nel sistema e cambiarlo da dentro oppure uscirne in modo netto?

Chi scrive non ha una risposta, né ha la pretesa di trovarne una e che sia valida per tutti. Non credo che questo possa mai avvenire.

Ogni vita è un microcosmo complesso a se stante e quindi molto particolare ed unico. Quello che posso sicuramente dire è che il disagio a certi stili di vita si fa sempre più evidente.

Il sistema economico che abbiamo costruito in diverse generazioni è imploso. Abbiamo da un lato una fetta sempre crescente di disoccupati, che vivono senza una speranza di futuro, alienati, a tratti disperati, astenici verso la situazione del mondo corrente.

Dall’altro capo, abbiamo ancora una buona fetta di persone che sono occupate in attività salariate sempre più precarie, stressanti, che tolgono tempo ad altri momenti altrettanto importanti, quali famiglia, affetti, mondo interiore, tempo libero. Tutto ciò crea un senso di frustrazione, alienazione, stress.

Sembra quasi di essere di fronte al teorema matematico per il quale cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia. Ed in questo caso la somma è un diffuso male di vivere.

Se questa è una cattiva notizia, in realtà dovremmo vederla anche come un buona notizia: l’umanità non si è ancora assuefatta e la sua sete di vita autentica è ancora viva.

Sta tramontando un’epoca, relativamente piccola, iniziata quasi trecento anni fa. Prenderne atto e consapevolezza è il primo passo verso la liberazione interiore di ognuno di noi. Restare in questo sistema economico e disvalori è altamente pericoloso ma soprattutto anacronistico. E’ cercare in un cimitero la vita.

Non vale neanche più il vecchio adagio per cui è importante restare dentro al sistema per cambiarlo dal di dentro. Non sono di questo parere perché restare in certe logiche altamente tossico. Accettare dei compromessi è certamente possibile ma il rischio di essere risucchiati dal vortice del produttivismo e del tempo lavorativo con tutto ciò che ve ne consegue, è altissimo come alte sono le probabilità di sconfitta.

Serve un atto di coraggio, da parte di tutti. E l’unico atto possibile è quello di dire “basta”. A certe logiche, a certi modi di vivere, ai falsi desideri e alle false aspirazioni.

La vita non solo è unica ma è anche relativamente breve. Non possiamo sprecarla nel pensare cosa farne oppure nel rimandare sempre a domani il viverla in pienezza.

L’aspetto economico è certamente un solo aspetto ma è quello ideologicamente quello più importante. Ma questa è solo una grande illusione o se vogliamo un grande inganno. Un tranello così ben creato da apparire vero. Infatti i costi sono reali e restano tali se non interviene una nuova visione del mondo. Se da dentro non scatta qualcosa che ci doni occhi nuovi per vedere quello che ci circonda, allora nessuno sforzo sarà valido.

Quali sono le priorità autentiche? L’essere o l’avere? Cosa conta veramente nella vita? Realizzare la nostra interiorità o essere tutti omologati con gli stessi vestiti, stesso lavoro, stessi orari, stessi giorni di vacanze, stesso stress, stesso telefonino, etc etc…?

Sono convinto che la strada maestra per uscire da questo sistema malato e destinato alla morte sia solo e principalmente quello del risveglio interiore. Ma con questo non dico nulla di nuovo. Più di duemila anni fa, un grande saggio ebbe a dire: “Noi abbiamo due vite:  la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne una sola.” (Confucio)

Alessandro Lauro

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