Le grandi opere? Una truffa, per finanziare sottobanco la politica attraverso l’apertura di cantieri spesso inutili, e che non si chiuderanno mai. Parola di Marco Ponti, docente di economia dei trasporti al Politecnico di Milano. Strade e ferrovie: dopo la celebre lavagna presentata da Berlusconi a “Porta a Porta” con 19 “opere prioritarie”, il numero delle nuove infrastrutture è arrivato a 184 nuove voci, costosissime e per nulla prioritarie, ma sostenute anche dal centrosinistra. Nel mondo sviluppato questi elenchi si chiamano “shopping list”, per distinguerli dai piani razionali di investimento, ma in Italia manca del tutto una valutazione preliminare sulla loro utilità reale. L’importante è spendere, poi si vedrà.

«Mancano ovviamente analisi comparative sui costi-benefici sociali, ma questo c’era da attenderselo, dato il deserto culturale in materia, da sempre esistente in Italia», commenta il professor Ponti. «Ma mancano anche più semplici analisi finanziarie comparative (cioè il bilancio costi-ricavi, che segnala l’onere pubblico complessivo dell’opera e che per questa ragione deve contenere stime sul traffico)». Infine, secondo l’insigne trasportista, «manca anche il più semplice dei dati, appunto le previsioni di domanda». Previsioni che consentirebbero ai cittadini (cioè ai pagatori) di fare un confronto: meglio un’opera costosissima su cui passerà poco traffico o un’infrastruttura più economica e più utile? Perché non tenerne conto nelle scelte di priorità?

«Se la logica della spesa è spartitoria e prescinde da ogni razionalità economica, dare dati di domanda può essere pericoloso», scrive Ponti sul “Fatto Quotidiano”. «Basta guardare al recente passato: la linea alta velocità Milano-Torino è costata 8 miliardi di euro, ha una capacità di 300 treni al giorno e ne porta 14, cosa largamente prevedibile e da molti tecnici invano prevista e segnalata per tempo». Secondo Ponti, il nuovo elenco delle 28 opere previste dell’ultima Finanziaria sarà comunque utile: «Farà partire molti cantieri (soprattutto in vicinanza di elezioni), per i quali poi non ci saranno i soldi per finire le opere, che si trascineranno per tempi biblici».

Niente di male, ironizza Ponti: «L’obiettivo è aprire i cantieri, non finire le opere», dal momento che «l’orizzonte del consenso politico non supera certo la durata (residua) di una legislatura», e moltissime grandi opere hanno gestazioni ben più estese, anche se realizzate secondo programma. «C’è una razionalità di fondo in questa follia: il funzionamento degli appalti nelle opere civili». Visto che «la concorrenza funziona pochissimo», gran parte delle risorse devono essere reperite in loco: macchinari, cemento, inerti, parte della manodopera. «Quindi vincono quasi sempre imprese nazionali», sostenute proprio attraverso le grandi opere: non importa se inutili e costosissime, tanto pagano i cittadini.

«Poi succede a volte che le imprese manifestino gratitudine» verso chi ha affidato loro gli appalti, e «purtroppo il settore è anche particolarmente afflitto dalla presenza della malavita organizzata», sempre a causa della scarsa competizione e del diffuso intreccio politica-affari. «Malinconico ma non inspiegabile, per le ragioni sopra illustrate, il pieno supporto dato dal Pd e anche da Di Pietro a questa logica di spesa», aggiunge Ponti. «La foglia di fico della contrarietà all’inutile Ponte di Messina del Pd infatti nasconde l’assenso a tutto il resto, spesso ancora più inutile e costoso».

Ai politici, il professor Ponti rivolge tre accorate (e inutili?) raccomandazioni: dare un minimo di dati comparativi, per giustificare la spesa di fronte ai cittadini-pagatori; tener conto che il traffico reale è prevalentemente di breve distanza, e quindi lo si serve assai meglio con le “piccole opere” locali e con la manutenzione, che generano tra l’altro più occupazione in tempi più brevi, a parità di spesa; partire infine coi cantieri solo quando tutti i soldi necessari a ultimare l’opera sono effettivamente disponibili: «Lo “stop and go” infinito dei cantieri è micidiale sul piano sia dei costi che della funzionalità, come troppe esperienze passate hanno mostrato». Sono in gioco miliardi di euro, a carico dei contribuenti: qualcuno ne ha sentito discutere, in Parlamento?

Fonte: Libre

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