Dai circoli di Legambiente parte l’allarme sul “fotovoltaico a terra” che comporta la perdita dei nostri terreni agricoli, facile preda degli interessi economici che derivano dai contributi statali, presenti ormai solo in Italia.

I dirigenti di Legambiente non danno parola alla mozione condivisa da 18 circoli che Andrea Marciani (circolo di Legambiente di Manciano) tenta di presentare all’Assemblea dei Circoli Legambiente del 13/14 novembre scorsi e minacciano di espulsione; si appellano allo statuto che prevede un direttivo e non un coordinamento (quindi decisioni prese dall’alto) ma non rispondono in merito all’incompatibilità prevista dallo stesso statuto all’articolo 8 sull’incompatibilità fra gli incarichi ricoperti all’interno di Legambiente e incarichi di pari livello ricoperti all’interno di partiti, sindacati ed altre organizzazioni di tale natura a livello regionale e nazionale.
La segnalazione arriva da Francesco De Carli (circolo Legambiente Milano Ovest) con richiesta di divulgazione della lettera aperta indirizzata al presidente di Legambiente e ci allega anche la documentazione sul progetto FV di Cutrofiano dove risultano chiare tutte le varie problematiche.
I 18 circoli di Legambiente che hanno aderito alla protesta condividono che quella di sostituire la produzione agricola con quella elettrica sia una scelta strategicamente errata, di cui avremo a pentirci, visto che tutti gli analisti internazionali prevedono una crisi alimentare prossima ventura, ben più severa di quella energetica e che sui tetti dei fabbricati, che certo non mancano nel nostro paese, si può produrre energia elettrica ma non si possono coltivare patate.
 
Nel tentativo di disinnescare la crescente indignazione per il consumo di suolo agricolo da parte del FV industriale, la lobby delle energie rinnovabili, con una strategia consolidata negli anni dalle Multinazionali del tabacco, del petrolio e della chimica, comincia a produrre teorie ecologiche di dubbia fondatezza scientifica, che giungono ad affermare che l’ambiente agricolo avrebbe da giovarsi
dalla massiccia copertura dei suoli con i pannelli di silicio.
Come l’Africa è ora preda della colonizzazione da parte della Cina, l’Italia segue la stessa sorte con gli investitori europei. Chi coltiva la terra non ne è quasi mai proprietario ma paga un affitto in media di 300 euro per ettaro ma ora il latifondista (cioè il proprietario) trova più conveniente i contratti ventennali irrevocabili a 4.000 euro per ettaro l’anno per i parchi di silicio. Il contadino perde il suo lavoro, l’Italia perde la terra, le altre produzioni di energia inquinanti continuano ad aumentare.
In contrasto con la collocazione preferenziale di istallazioni FV della stessa Legambiente che indica come supporti prioritari, i tetti ed i lastrici solari, l’AzzeroCO2 srl, braccio economico di Legambiente, senza aver consultato il suo stesso comitato scientifico, intende realizzare a Cutrofiano in Puglia un impianto su 26 ettari di terra agricola con pannelli verticali a “concentrazione” della tedesca Concentrix solar che necessitano di imponenti fondazioni per sostenere il peso della struttura e contrastare efficacemente la spinta del vento che insiste su superfici tanto vaste ed esposte, incompatibili, contrariamente a quanto dichiarato nella propaganda del progetto, con la coltivazione del terreno. Come si legge dalla documentazione presentata da Andrea Marciani,
anche se a promuovere il progetto, in prima linea, sono Legambiente ed AzzeroCO2 in fase operativa subentrerà la Exalto Energy & Innovation s.r.l., una società con sede a Palermo di proprietà (a parte alcune quote di minoranza) per metà di Giovanni Silvestrini del Comitato scientifico Legambiente e per l’altra metà della MG & partners s.r.l. con sede in Roma di Mario Gamberale del Consiglio nazionale Legambiente.
Inizialmente la Exalto, che non è in alcun modo partecipata da Legambiente onlus, dovrebbe quindi essere titolare, sia dei contratti di locazione del terreno che dell’incasso dei contributi (oltre € 400.000 l’anno per 20 anni); ma, come si evince da una breve nota tratta dal sito della Exalto: “Exalto ha stipulato un accordo con la società tedesca Concentrix Solar per la diffusione nel nostro paese della tecnologia Flatcon, basata su sistemi ad inseguimento con moduli fotovoltaici a concentrazione.
Sembra quindi più probabile che l’ultimo beneficiario saranno proprio i tedeschi della Concentrix solar, che portano in dote anche un accordo con Deutsche Bank che dovrebbe finanziare l’opera, e che da tempo cercano una realtà sufficientemente de-regolamentata per collaudare la loro tecnologia su vasta scala, dato che sia in Spagna che in Portogallo non hanno potuto andare oltre il mezzo MWp.
Un altra società, fresca di immatricolazione, la CX Cutrufiano srl. ( CX sta per Concentrix) amministrata da Mario Gamberale e di proprietà della Exalto, dovrebbe occuparsi della stipula della convenzione con il GSE.
Sembrerebbe quindi che tutti i proventi derivanti dall’operazione, attraverso un complesso sistema di cessioni programmate, finiranno ad aziende che non hanno alcun vincolo di proprietà con Legambiente.
Andrea Marciani, del circolo di Legambiente di Marciano, conclude dicendo che:
Realizzare un impianto di FV su terra agricola, in una regione già colpita da un clamoroso eccesso di impianti di energie rinnovabili, dove si è già superata da tempo la copertura del doppio del fabbisogno elettrico da queste fonti e, ciò nonostante, non è stata chiusa nemmeno una delle centrali a carbone che insistono sul suo territorio, ma anzi se ne sta mettendo in cantiere un’altra
  • è una scelta che, con la preferenza accordata ad un industria tedesca, va contro la tanto sbandierata volontà di creare una filiera produttiva italiana delle rinnovabili.
  • è una scelta che ci isola e ci mette in rotta di collisione con la popolazione locale e con tutte le altre principali formazioni ambientaliste del paese e che trova solo l’appoggio di latifondisti e dei potentati locali di politici ed imprenditori.
  • è una scelta finanziariamente incomprensibile, dato che Legambiente e la sua AzzeroCO2, in questa operazione non hanno apparentemente alcuna opportunità di profitto.
    Entrambe, svolgono solo il compito di sostenere e promuovere, presso Enti locali e opinione pubblica, un accordo commerciale di distribuzione, in corso tra due aziende private, la Concentrix Solar e la Exalto Energy & Innovation Srl.
  • ma soprattutto è una scelta che priva i soci ed i circoli di Legambiente di uno strumento basilare per contrastare il proliferare di Impianti di FV industriale in terra agricola, quello della credibilità.
Perché, dopo Cutrofiano , dovunque si trovassero a fronteggiare gli eccessi bulimici di speculatori ed enti locali , si sentirebbero rinfacciare quel progetto.
La nostra società è in preda ad una bulimia insaziabile di profitto, e, sul “fronte del fare” sono già schierati, nell’ordine:
  • gli speculatori
  • le cosche mafiose
  • i politici del “partito unico degli affari” che ormai sembra governare l’intero paese
  • gli albi dei professionisti, sempre più arroccati in casta
  • le associazioni di tutte le categorie produttive
  • i sindacati, che talvolta difendono i posti di lavoro anche nelle fabbriche inquinanti
  • quei cittadini che perseguono vantaggi personali anche a scapito della collettività.
Se anche le associazioni ambientaliste si schierano sullo stesso fronte, chi resterà a svolgere il ruolo di coscienza critica?

LE PRIORITA’ DIMENTICATE
Cibo, la (1a) priorità dimenticata
Quando nel 1935, in occasione delle guerre coloniali, il nostro paese subì l’embargo internazionale, il regime fascista fu costretto a coltivare il grano anche nei giardini pubblici per sfamare la popolazione, che era all’epoca inferiore ai 40 milioni.
Oggi, questo espediente non basterebbe certo a sfamarci.
Si dice sempre che la speculazione edilizia degli ultimi 50 anni ha ricoperto di cemento il 12% del suolo italiano, quello che non si specifica è che tale speculazione si è concentrata nelle fertili terre di pianura e fondovalle.

L’immagine sopra è una termografia notturna da satellite, individua con grande accuratezza, in colore rosso e nero, le zone urbanizzate. Un rapido confronto con l’immagine diurna sotto dimostra che la quasi totalità delle terre fertili di pianura sono perse per sempre.

L’agricoltura resiste in zone collinari e svantaggiate, dove riusciamo ancora a produrre un cibo di qualità, ma non certo soddisfare le esigenze alimentari di 60 milioni di abitanti.
Negli ultimi 10 anni, in Cina i consumi di carne sono aumentati di otto volte, quelli di frutta e  verdura dieci volte, e l’Onu prevede che nel 2050 la Terra sarà popolata da 9,1 miliardi di persone, ossia 2,4 miliardi di nuove bocche da sfamare.
Il fenomeno del “land grabbing”, cioè l’accaparramento di terre (soprattutto in Africa), che nasce dalla preoccupazione di non avere abbastanza aree coltivabili, si sta propagando a ritmi incalzanti. (la multinazionale Daewoo, possiede ormai un terzo delle terre coltivabili del Madagascar).
Ovunque, tranne che in Italia, si è capito che proprio sulla produzione del cibo, attraverso l’attività agricola e il collegamento di essa con l’industria di trasformazione, si gioca la partita decisiva per il futuro del mondo globalizzato.
Questo paese dipende a tal punto dal commercio estero da far stimare che, qualora una crisi internazionale arrestasse il commercio di alimenti, la nostra popolazione sarebbe ridotta alla fame nel giro di poche settimane.
Eppure, con una disinvoltura che non ha eguali nel resto del mondo, si pianifica di trasferire una cospicua fetta delle terre agricole residue dalla produzione alimentare a quella elettrica e di farlo in particolare su quelle fertili di pianura e fondovalle, con l’assurda motivazione che queste sono più facili da nascondere, con l’ausilio di siepi, alla vista del passante distratto.
Un governo responsabile ed oculato come quello tedesco lo ha capito per tempo e, nel luglio scorso, ha abolito qualsiasi forma di incentivazione sul FV istallato su terreni agricoli.
Quello italiano, invece, dopo aver fatto sperare ad una progressiva riduzione delle aliquote a partire dalla fine del 2010, ha fatto votare in un senato dimezzato dalle ferie estive una proroga degli elevatissimi incentivi del D.L. sul Contoenergia fino al giugno del 2011, sei mesi più in là della scadenza prevista, nonostante il calo dei prezzi del silicio sopravvenuto dal 2007 ad oggi non lo giustificasse in alcun modo.
Lavoro, la (2a) priorità dimenticata
Andamento della disoccupazione in USA, in Europa la situazione non è diversa
Negli ultimi mesi si sente ripetere da più fonti che, se una ripresa economica ci sarà, questa avverrà senza occupazione.
Il motivo è noto: il capitale ama la rendita e detesta la manodopera umana, specie quella occidentale, col suo bagaglio di consapevolezza, statuto dei lavoratori e sindacato.
Ormai da tempo gli investitori stanno migrando dall’industria alla finanza o verso attività produttive a bassa necessità di lavoro manuale.
Il latifondo fotovoltaico nasce in quest’ottica:
  • Il suo profitto, che deriva, al momento, solo da contributi statali, e l’assenza quasi totale di personale di gestione, lo assimila più alla rendita finanziaria che alla produzione industriale.
  • Un impianto industriale di 42 MWp e 120 ettari di superficie visitato a Montalto di Castro, costato oltre 150 milioni di euro, da lavoro fisso solo a tre vigilantes, che in 3 turni assicurano la sorveglianza sulle 24 ore. La manutenzione è affidata a una ditta esterna che viene allertata da un sistema computerizzato ed interviene solo in caso di anomalie del sistema.
  • Gli stessi terreni, che sono ortivi, pianeggianti ed irrigui, ben utilizzati potrebbero generare, secondo le tabelle provinciali, 300.000 ore lavorative annue, ossia: lavoro fisso per 125 addetti, e con investimenti cento volte inferiori.
  • E non si sta creando alcuna filiera, se non quella d’istallazione degli impianti, che viene dall’edilizia e non necessita di alcun “know how” particolare.
  • La materia prima (pannelli ed inverter) è fabbricata in Asia, ed anche le industrie tedesche e spagnole, nate sulla spinta delle incentivazioni europee e costrette a servirsi di manodopera umana, stanno cominciando a de-localizzando gli impianti di produzione dei pannelli in quei paesi de-sindacalizzati.
Ambiente, la (3a) priorità dimenticata
Nel tentativo di disinnescare la crescente indignazione per il consumo di suolo agricolo da parte del FV industriale, la lobby delle energie rinnovabili, con una strategia consolidata negli anni dalle Multinazionali del tabacco, del petrolio e della chimica, comincia a produrre teorie ecologiche di dubbia fondatezza scientifica, che giungono ad affermare che l’ambiente agricolo avrebbe da giovarsi
dalla massiccia copertura dei suoli con i pannelli di silicio.
La pagina qui accanto (clicca per ingrandire) era ospitata nel programma di Festambiente 2010 di Rispescia (è un inserzione a pagamento, non un articolo redazionale).
Il testo è redatto con una certa furbizia, perché intreccia ad alcune verità una conclusione falsa e fuorviante.

Un terreno lasciato al naturale alle nostre latitudini, in primavera sviluppa piante erbacee che vanno rapidamente in seme raggiungendo anche i 150 cm di altezza.
Dal secondo anno compaiono rovi, ginestre e cardi che superano i due metri.
Per finire arrivano le piante arboree.
Dopo cinque anni d’incuria, un campo, se incappasse in un controllo del Corpo Forestale, verrebbe stornato dall’uso agricolo e passato alla forestazione.
Dopo trenta, il suolo sarebbe forse coperto da un soffice e fresco strato di humus, ma anche da un bosco ceduo maturo per il taglio.
L’unico prato naturale che potrebbe essere mantenuto sotto i filari dei pannelli sarebbe quello suggerito dall’agricoltura biologica per frutteti ed uliveti, ma quel prato è mantenuto con l’ausilio di reiterate trinciature, che tra i filari dei pannelli FV dovrebbero essere eseguite a mano, dato che il passaggio di un grosso mezzo meccanico metterebbe a rischio attrezzatura troppo fragile e costosa.
Purtroppo però, per i già citati orientamenti del moderno capitalismo è molto più probabile che, una volta ottenute le concessioni e realizzati gli impianti, la crescita di piante verrebbe contrastata con l’uso di DISERBANTI.
Già le Regioni e le ASL ne autorizzano diversi utilizzi extra-agricoli, come sempre più spesso constatiamo, ad ogni primavera, guardando l’erba, prima tinta d’arancione e poi avvizzita, nelle fossette di strade ed autostrade.
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