Emergenza lavoro? Per battere la crisi non serve la ripresa della crescita. Può sembrare un ossimoro, ma non lo è: l’occupazione del futuro, fatta di lavoro utile, può venire solo con la decrescita. Lo sostiene Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, che ricorre all’esempio dell’edilizia: le case-colabrodo, che in Italia sprecano in riscaldamento i due terzi dell’energia che bruciano, finiscono per gonfiare il Pil – alla voce “consumi energetici” – ma sono costose, inquinano e contribuiscono all’alterazione del clima. Invertire la rotta? Basta ristrutturare gli alloggi, isolandoli meglio: costeranno meno, non inquineranno più. E i cantieri daranno lavoro a migliaia di addetti. Decrescerà il Pil, ma non certo il benessere.

Anche se la politica non sembra occuparsene, quella della riconversione edilizia è una prospettiva che darebbe un contributo clamoroso nel Maurizio Pallanterisollevare l’economia italiana, e senza intaccare il territorio. «Per riscaldare le nostre case, in Italia – spiega Pallante – ogni anno consumiamo mediamente 20 litri di gasolio o 20 litri di metano al metro quadrato; in Germania non danno la licenza edilizia o l’abitabilità a case che consumano più di 7 litri al metro quadrato all’anno: un terzo di quello che consumano le nostre case». Senza contare che le case tedesche che assorbono 7 litri all’anno per metro quadrato sono le peggiori: le migliori arrivano a bruciare, in un anno, appena un litro e mezzo al metro quadrato: un decimo di quello che costano le nostre case.

«Se per legge si può imporre che un edificio non superi il consumo di 7 litri per metro quadrato all’anno, e ci sono edifici come quelli italiani che ne consumano 20, che cosa vuol dire? Che sono costruiti così male che disperdono – dalle finestre, dai sottotetti, dalle pareti – i due terzi dell’energia che gli mettiamo dentro». Quindi, conclude Pallante, i due terzi dell’energia consumata non servono a scaldare le case: sono una merce, sicuramente, perché l’energia si compra – e si paga sempre più cara, ma non sono un bene, perché si disperdono e non servono a scaldare la casa. «Se una casa mal costruita che disperde i due terzi dell’energia spesa venisse ristrutturata e non perdesse più quest’energia, noi avremmo la decrescita – casa passivala diminuzione – del consumo di una merce (il gasolio o il gas da riscaldamento) che non è un bene perché non serve a scaldare la casa».

«Se io diminuisco il consumo di una merce che non è un bene faccio qualche rinuncia? Qualche sacrificio? No, sto semplicemente utilizzando l’intelligenza per non sprecare delle risorse della terra». E’ questa la filosofia della decrescita, parola tabù per gli economisti che ispirano la politica. Eppure, proprio attraverso la riconversione dell’edilizia – con un processo di decrescita del Pil – si può arrivare a rilanciare in modo spettacolare l’occupazione, creando miglioramenti a catena: reddito, posti di lavoro, risparmio familiare, ambiente meno inquinato. «Per fare in modo che una casa che consuma 20 litri ne consumi 7 – insiste Pallante – bisogna che lavorino una serie di persone per ristrutturarla. Quindi, se si vuole avviare un processo di decrescita, cioè di riduzione del consumo di una merce che non è un bene, bisogna creare lavoro. E utilizzare tecnologie più evolute di quelle attualmente in uso».

La decrescita quindi è qualcosa che non soltanto crea lavoro, ma crea un lavoro utile e spinge verso un’evoluzione, un miglioramento di carattere tecnologico, partendo dalla promozione della ricerca. «Tante volte ho sentito dire della decrescita: volete che torniamo all’età della pietra o alle carrozze a cavalli? Ma no, noi vogliamo un miglioramento», sottolinea Pallante. «In un primo momento, la decrescita è la riduzione del consumo di merci che non sono beni. Ma c’è anche l’altro aspetto: ci sono dei beni che non sono delle merci, cioè che non si devono necessariamente comprare o vendere». Esempio: «Se ho bisogno di un computer o di una Tac non posso far altro che comprarmeli, ma se ho un orto mi posso autoprodurre frutta e verdura. Poi ci sono beni e servizi che non si possono ottenere con scambi ediliziamercantili. La stima degli altri, l’amore, il gusto del lavoro ben fatto: sono tutti beni, danno un senso alla vita, ma non si possono comprare».

Chi non sa cos’è la decrescita, aggiunge Pallante, probabilmente non sa neppure cosa sia esattamente la crescita. «Generalmente le persone credono che la crescita economica sia la crescita della produzione di beni e l’aumento dell’offerta di servizi, per cui: più beni e più servizi ci sono, meglio si sta». In realtà l’indicatore della crescita, il Prodotto interno lordo, è un mero indicatore monetario: può prendere in considerazione soltanto gli oggetti e i servizi che vengono comprati e venduti, cioè scambiati con denaro: quindi non i beni, ma le merci. «Siccome nei paesi occidentali da alcune generazioni siamo abituati a comprare tutto quello che ci serve, tendiamo a confondere il concetto di bene con quello di merce: due concetti non opposti, ma diversi».

Nel caso della riconversione edilizia – di cui l’Italia avrebbe un estremo bisogno, anche per ridurre la propria grave dipendenza energetica – a crescere sarebbe una gran quantità di beni (riscaldamento a minor costo, ambiente più pulito), mentre a rimetterci sarebbe soltanto una merce: il gasolio o il metano da riscaldamento. Devote alla “teologia del Pil”, dottrina fondata sulla teoria della crescita illimitata dei consumi, economia e politica non osano pronunciare serenamente la parola decrescita: ma basta l’esempio della possibile riconversione edilizia, che in Italia sarebbe una vera e propria rivoluzione, a dimostrare che non siamo di fronte a un ossimoro: proprio la decrescita (del Pil legato allo spreco di energia) potrebbe assicurare una grande ripresa dell’occupazione nel settore, con una straordinaria eredità di lavoro utile e di benessere diffuso.

(L’intervento di Maurizio Pallante è visibile in video su “Megachip”, www.megachip.info. Sul tema “Decrescita e occupazione” è in programma un convegno a Torino l’11 febbraio 2011 – ore 18.30, Cubo Tyc di via Pallavicino 35 – con Paolo Ermani dell’associazione Paea, Paola Cappellazzo dell’Università del Saper Fare e Daniel Tarozzi de “Il Cambiamento”, info: www.paea.it).  

Fonte: Libre

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