«Aiuto, il Salento sta morendo». Di cemento? Sì, ma non quello dei soliti palazzi. Il nuovo nemico ha un nome suggestivo e ingannevole: green economy. Che per il “Forum ambiente e salute”, network di comitati e associazioni per la difesa del territorio, in Puglia fa rima con devastazione, malversazioni spregiudicate e persino infiltrazioni mafiose per il facile riciclaggio di denaro sporco. «La green economy industriale sta devastando il nostro futuro». Paradosso? Forse, se l’avvenire che gli ambientalisti temono è fatto di «morte distese di ciminiere, mega pale eoliche e deserti di pannelli fotovoltaici, di cemento, di asfalto, di cave e discariche persino nucleari», là dove crescono gli uliveti più belli d’Italia, davanti a una costa tra le più affascinanti del Mediterraneo.

Ma la Puglia non era il modello perfetto della nuova energia alternativa, decantato dal governatore Nichi Vendola? I comitati salentini inorridiscono, gridando al tradimento. E ora si appellano a Beppe Grillo, con una lettera aperta che è un invito alla mobilitazione politica contro «la truffa pugliese dell’energia pulita». Che Vendola se ne renda conto o meno, per il “Forum ambiente e salute” è in gioco la qualità della vita del Grande Salento, esteso nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. «In nome delle energie rinnovabili iper-incentivate dallo Stato, a spese dei cittadini – scrivono i contestatori – si è messo in piedi un meccanismo perverso e aberrante che, complice grave la politica della Regione Puglia, ha fatto del Salento, e non solo, terra di conquista per multinazionali e grosse ditte estere».

Il Salento sta diventando un eden per l’economia globalizzata, nuovo Eldorado per cinesi e austriaci, tedeschi e spagnoli, ma anche danesi, olandesi e lussemburghesi, senza contare gli immancabili imprenditori americani e persino i nuovi alfieri del turbo-capitalismo russo, spesso in odore di mafia. Problema: le energie saranno anche rinnovabili – sole e vento – ma gli impianti hanno dimensioni industriali e «altissimo impatto» sul territorio pugliese. Anziché incentivare l’auto-produzione, quella dei piccoli impianti a misura di famiglia, «si sta favorendo legislativamente solo l’industrializzazione all’energia dell’intera regione nelle sue aree agricole e naturali, persino nel suo mare», accusano i comitati. «Migliaia di ettari di campi agricoli e pascoli, destinati da millenni alla produzione dei nostri prodotti agro-silvo-pastorali, vengono diserbati e ricoperti di pannelli hi-tech di silicio fotovoltaico».

Ancora più preoccupante il maxi-eolico, con mastodontiche torri d’acciaio alte 150 metri, persino in mezzo al Canale d’Otranto: la strage dei rapaci e dei migratori è già cominciata, dicono i firmatari dell’appello. Lo ha scritto anche Carlo Vulpio sul “Corriere della Sera”: i progetti minaccerebbero aree vitali come l’oasi delle Cesine, gestita dal Wwf, che peraltro è a sua volta accusato di aver approvato «lo scandaloso mega impianto off-shore di Tricase». Ce n’è anche per Legambiente, che tra Cutrofiano, Minervino e Giuggianello «ha i suoi mega-progetti di industrializzazione fotovoltaica nei campi, decine di ettari», pure nel bel mezzo del parco naturale “Paduli-Foresta Belvedere”.

E non è tutto: in Salento «ci sono domande per oltre 50 inquinanti centrali elettriche a combustione di biomasse e rifiuti, per le quali si dovrà importare dai paesi del terzo mondo gran parte della biomassa oleosa, forse anche transgenica, da colture Ogm iper-trattate chimicamente». Il “Forum ambiente e salute” vede in anticipo un film horror: «Potature-killer su interi boschi, uliveti, vigneti e frutteti sacrificati sul patibolo della green economy industriale, come già in parte sta avvenendo, per lasciar posto anche alle produzioni di biocarburanti». Ci sarebbe persino «chi chiede di poter bruciare nelle centrali a biomasse tutto il nostro olio d’oliva, per produrre un surplus d’energia che sarà esportata lontano dalla Puglia», in un orizzonte iper-elettrificato, infestato di cavidotti e pericoloso elettrosmog.

Le produzioni industriali d’energia rinnovabile abbasseranno la produzione energetica da fonti fossili, come carbone, petrolio e gas? «Nulla di più falso», giurano gli agguerriti oppositori: «Sarà invece l’opposto: poiché acquistando dei certificati, cosiddetti strumentalmente “verdi”, che lo Stato concede a chi produce energia rinnovabile, si consente alle ditte di continuare a bruciare indisturbate combustibili fossili», per produrre la loro «energia falsamente pulita». Come se non bastasse, la regione è minacciata anche dagli idrocarburi: trivellazioni in progetto sulla terraferma, mentre si teme «l’arrivo di due gasdotti dall’Asia, che squarteranno la provincia di Lecce con serpentoni pericolosissimi, lunghi decine di chilometri», senza contare «rigassificatori e nuove centrali elettriche a combustibili fossili in progetto, contro cui i salentini, sfiancati ma non piegati, stanno dicendo con tutte le loro forze “no”».

Green economy? Macché: è solo una «grave menzogna politica», che nasconde una maxi-devastazione, addolcita dal marketing anche fieristico come nel caso del “Festival dell’Energia” ora migrato in Toscana, o degli interventi compensativi sul territorio: le multinazionali finanziano di tutto, dal presepe natalizio al restauro del pilone votivo, «intrufolandosi ovunque» grazie alla compiacenza della «classe dirigente pugliese, trasversalmente corrotta». Talmente inquinato, l’ambiente, da interessare l’Interpol. Il sospetto: gigantesco riciclaggio di denaro sporco, in un mercato “drogato” dalle iper-incentivazioni e “oliato” da tangenti, accusa sempre il “Forum”, che parla di «compravendita di autorizzazioni» svolte anche «attraverso inestricabili scatole cinesi e ramificazioni celate che rimandano quasi sempre a ditte off-shore nei paradisi fiscali internazionali come Panama, Cipro, le Cayman».

Ne sa qualcosa la Commissione Antimafia, in trasferta d’emergenza in Puglia nel dicembre 2010, col presidente Beppe Pisanu preoccupato per il mega-business della “green economy industriale” che fa gola inevitabilmente ai grandi cartelli criminali, da Cosa Nostra alle Triadi cinesi: network mafiosi non ostacolati in Puglia da una «mafia borghese» in contatto trasversale con politici e banche, e con «l’imprenditoria più spregiudicata e affaristica, nonché con la bassa malavita territoriale». La Puglia sta diventando una vera e propria Repubblica delle Banane, accusano i comitati del “Forum”, allarmati dal rischio che il Salento degeneri «in uno Stato tribale, gestito dai nuovi “narcos” locali e non, gli “sviluppatori”, i “facilitatori”» che trafficano con le autorizzazioni per impianti “green” – eolico, fotovoltaico o biomasse – da rivendere alle multinazionali straniere.

“Dove si devasta il paesaggio, lì c’è mafia”, recita lo striscione del “Forum”, che registra la controffensiva in corso, con arresti e sequestri «ormai quotidiani», da parte di carabinieri del Noe, Guardia di Finanza, Forestale, polizie locali: «Si susseguono gli avvisi di garanzia a politici, denunce e proteste dei lavoratori sfruttati, le fughe dei colpevoli, i ricorsi a tribunali amministravi, gli esposti della gente, di liberi cittadini, di associazioni, di mille comitati sorti ovunque nell’emergenza in difesa dell’orizzonte quotidiano». Nel vuoto, finora, gli appelli per varare un’urgente moratoria capace di bloccare il «falso green». In campo anche Ruggero Martines, capo della Soprintendenza ai Beni Culturali e al Paesaggio, l’Arpa pugliese e l’epidemiologo Giorgio Assennato: si rischia una «catastrofe culturale, paesaggistica, ambientale ma anche sanitaria», a cui «si sta andando incontro passivamente». Il Salento è ancora «il giardino bello d’Europa e del Mediterraneo». Diventerà davvero una gigantesca «pattumiera energetica»? (info: http://forumambientesalute.splinder.com/).

Fonte: Libre

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