Capita spesso, parlando di società decrescente, di imbattersi su terreni teorici poco praticati e difficilmente praticabili senza adeguate informazioni. I sostenitori del produttivismo hanno dalla loro parte tutte le attrattive superficiali (lusso, ben-avere, marketing, ecc) contro le quali è difficile proporre una ricchezza frugale, l’understatement, o comunque una vita fondata su basi eco-umane che rifiutano l’esistenza inautentica, propria degli oggetti. Per rendere chiara l’idea: giochiamo fuori casa e l’arbitro è strapagato dagli avversari.

Seguendo l’insegnamento di Serge Latouche propongo alcune riflessioni incentrate sostanzialmente su due argomenti: la fondatezza della decrescita e la questione demografica.

La Decrescita è scientificamente infondata?

Convegni, manifestazioni, serate a tema decrescita o ecocompatibilità hanno in comune il fondamento delle proprie teorie sulla seconda legge della termodinamica, secondo cui in un sistema chiuso la crescita infinita è impossibile dato che la maggior trasformazione di energia in forma indisponibile è proporzionale alla sottrazione della stessa per le generazioni future, generando il caos sull’ambiente. Padre degli studi sull’entropia economica è Nicholas Georgescu-Roegen.

La prima critica contro gli obiettori di crescita è l’erronea applicazione della legge sull’entropia al Pianeta Terra; secondo tali critici bisognerebbe tener conto degli apporti considerevoli di energia dal Sole e considerare la terra un sistema aperto a tutti gli effetti. Ciò oltre ad essere fuorviante è altamente ideologico; l’ottimismo dei produttivisti si basa sulla resistenza a mettere in dubbio la società dei consumi. L’irreversibilità delle trasformazioni non concerne solo l’energia bensì anche la materia; la dissipazione di molecole e atomi derivante dall’uso non permette all’uomo di riutilizzare la materia all’infinito. Esempio: se ti serve dell’assito per una copertura in legno non puoi sostituirlo con la cenere o il fumo della combustione del legno stesso. È talmente evidente che opporvisi significa negare la realtà. Non sto qui a ricordare che tutta l’ideologia capital-consumistica si fonda sull’annebbiamento della coscienza umana. L’insostenibilità della crescita è così evidente che l’uomo ne è terrorizzato, poco serve dimostrare scientificamente l’incongruenza sistemica a chi ha fondato la sua essenza sull’ideologia. È necessario proporre la via culturale, ben più faticosa ma più efficace. La Decrescita non è una scusa, come il lupo con l’uva, derivante dall’imminente, se non già arrivato, impoverimento generalizzato; bensì è un programma politico-culturale da perseguire anche se domani i governi europei garantissero un salario minimo di cittadinanza o le borse occidentali segnassero +30%; anzi, maggiormente se accadessero tali fatti.

La questione demografica

L’argomento che riscontra molto interesse nei dibattiti informali nei social network è tabù nell’informazione di stato. Obbligo della società decrescente è rispondere a domande sulla diminuzione demografica con i relativi problemi che ciò comporta sul piano religioso, etico-morale, nonché dei diritti umani (sviluppatisi peraltro in contesto di positivismo giuridico).

Dominique Belpomme afferma che esistono almeno 50 possibili scenari della nostra scomparsa, tra cui guerra atomica, pandemia infettiva, esaurimento delle risorse ambientali, mutazioni fisicochimiche esterne al pianeta, ecc ecc. Se non tenessimo alla nostra esistenza poco servirebbe arrovellarsi le meningi per pensare un’alternativa, considerando che nel 2050 (data fittizia, arbitraria) molti degli attuali protagonisti politici non potranno più esprimere opinioni. Ognuno ha una propria vita, limitata agli estremi (in un contesto naturale non si sceglie quando si nasce né quando si muore), ed oltre ciò esiste poca cosa. Per dirla alla Groucho Marx, perché dovremmo preoccuparci dei posteri? Cosa hanno fatto loro per noi? Tutto ruota attorno alla Coscienza e alla Responsabilità, temi che in questo luogo non tratterò, ma che per la loro evidenza quotidiana ciascuno ne ha un esempio. (Perché vestire i propri figli, nutrirli, dare da mangiare al cane, telefonare o andare a trovare i genitori, i nonni, ecc ecc. ?)

Prima di vedere la proposta decrescente, analizziamo due delle vie finora teorizzate:

1)Darwinismo razionale.
Se l’insufficienza delle risorse naturali ed i limiti della rigenerazione della biosfera ci condannano a mettere in discussione l’attuale stile di vita, una soluzione è ridurre gli “aventi diritto” e ristabilire una situazione sostenibile. Il petrolio, fonte di energia a buon mercato, ha permesso l’incremento demografico mondiale da 600 milioni di individui nel 1750 a 7 miliardi attuali, con la prospettiva di arrivare a 10 miliardi nel 2050. La causa ecologista è tanto cara alle nuove sinistre quanto all’eco-totalitarismo. Un esempio viene fornito da William Stanton che ne libro “The Rapid Growth of Human Population 1750-2000” propone soluzioni facilmente catalogabili nell’eco-fascismo. Solo per citarne qualcuna: proibizione dell’immigrazione, aborto e infanticidio obbligatorio per gli esseri viventi fortemente handicappati, pena di morte per i reati più gravi, arresto della vita delle persone anziane o infortunate qualora siano un peso per la società. Maurice King non è da meno proponendo di lasciar morire i poveri in quanto un peso ecologico. William Vogt invoca una guerra batteriologica condotta su vasta scale per restituire alla Terra i suoi pascoli e le sue foreste. Se sul piano strettamente scientifico-statistico è una teoria impeccabile (5-3=2) non credo di doverla commentare sulla sostenibilità etico-politica.

2)Meccanicismo ottimista.
Non meno cieca, ma solamente più illusa, è la teoria secondo cui – analizzando le statistiche – la crescita della popolazione ha seguito un coefficiente 6 (da 1 miliardo a 6 miliardi di abitanti) mentre la ricchezza procapite (statisticamente! Un uomo mangia un uovo, un uomo digiuna; entrambi hanno mangiato mezzo uovo) si è moltiplicata di 100 volte, quindi con tale sproporzione favorente non si vedrebbero i problemi dell’aumento demografico. Il lavoro di un contadino francese nel 1960 nutriva 7 persone, oggi lo stesso contadino ne sfama 80. Sull’entusiasmo di tali dati ci sono stati “studiosi” che hanno affermato che la Terra possa nutrire 100 miliardi di persone: nel 1950 tale stima si è ridotta a 90 e pochi anni fa Micheal Cépède ha proposto la cifre di 35 miliardi. Tutto ciò è statisticamente possibile senza tener conto della realtà: il limite ambientale della Terra. Jean Dorst, con umorismo, ha detto che sarebbe meglio non essere obbligati a nutrirsi stando in piedi.

3)Umanità sostenibile ovvero la via decrescente.
55 miliardi di ettari, ossia la superficie terrestre, sono sicuramente tanti ma non infiniti e dunque non possono sopportare un numero illimitato di abitanti. Il problema, anche per questo argomento, non è propriamente scientifico (se 10 miliardi di persone possono abitare la Terra) piuttosto è socio-antropologico, ossia come vogliono vivere questi abitanti. Non occorre astrarre molto, se oggi gli abitanti della Terra vivessero col consumo energetico degli statunitensi o degli australiani, il mondo sarebbe sovrappopolato e bisognerebbe eliminare 9/10 della popolazione. L’anarco-ecologista Murray Bookchin osserva giustamente che poco conta se vivono 10 milioni o 10 miliardi di abitanti, se quei 10 milioni hanno l’ideologia iperliberista del turbocapitalismo. Il primo problema è la “logica” della dismisura dell’attuale sistema economico.

Ora, il problema non sono gli abitanti ma le loro autovetture. Ripensata la mobilità si potrà riflettere più serenamente sulla demografia, e proporre la riflessione sul “figlio unico”, non come obbligo coercitivo bensì come risultato di una coscienza matura e critica. Il secondo figlio, eventuale, o per parto gemellare sarà ammazzato dalla società? Ovvio che no!
Quando i teorici della decrescita parlano di mutamento del paradigma e/o decolonizzazione dell’immaginario vogliono intendere un diverso approccio, liberamente scelto, di una alternativa alla società dei consumi. Vi consiglio, giusto per darvi un esempio di immaginazione, la visione del film “Il Pianeta Verde” di Coline Serreau.

Quello che voglio render chiaro è che il mutamento culturale non sarà nella mera scelta di 10 lampadine al neon, anziché ad incandescenza, ma sulla stessa nozione e concezione di illuminazione. Le più belle pagine della letteratura sono state scritte alla luce di una candela, così vale per le melodie e le opere teatrali. Altro nodo importante è l’alimentazione. Il 30% delle terre emerse è costituito da pascoli per soddisfare il consumo di proteine animali da parte dei paesi turbo-industrializzati; da questa alimentazione emerge non soltanto il problema ecologico bensì quello salutistico. Prima di porci il problema del sovraffollamento dobbiamo anche intenderci sulla distribuzione delle risorse ambientali e non meno quelle alimentari. Dobbiamo capire se il piatto delle Prealpi Venete lo vogliamo costituito da polenta e funghi (alimenti per natura del luogo) oppure da hambuerger e patatine, per fare un esempio.

Bisogna ritornare a un’agricoltura sostenibile, sull’esempio della permacultura. Un’esempio in tale senso è descritto dalle esperienze in Asia di Franklin Hiran King dove a inizio secolo 500 milioni di persone venivano nutrite utilizzando superfici inferiori a quelle degli Stati uniti pur in assenza di sistemi industriali.
Grazie agli studi di Lydia e Claude Bourguignon è ora possibile utilizzando tecnologie dolci -e aggiungono, con tanta pazienza- rigenerare suoli degradati.

Fornisco una mia opinione, non del tutto arbitraria, supportata dagli studi di John Jevons (vedi microagricoltura) secondo cui sono sufficienti 260 metri quadrati a persona per l’intera alimentazione umana: La decrescita sarà vegetariana o non sarà!

Non sono un romantico, nemmeno un nostalgico. Sono nato nel 1990, non posso ricordare ciò che non ho mai vissuto. Polli ruspanti, anziani piegati sotto il sole, raccolta di frumento o di uva, focolari accesi e culti pagano-naturalistici. Non voglio sconvolgere alcuno dicendo che da piccolo ho ricevuto come regalo il game-boy e la play-station, ed ora vi sto scrivendo da un computer utilizzando la connessione internet e la rete elettrica; il problema non sono gli oggetti in sé, bensì il loro utilizzo qualora da mezzi diventano fini dell’esistenza umana.

Il mio impegno virtuale, come il vostro, sarebbe poca cosa se si risolvesse in una bolla fittizia di etica internauta e non rimanesse con voi, una volta cliccato sulla “x”, fuori dallo schermo che avete di fronte. Questi sono solo input ma potreste leggere altro ed arrivare ugualmente alla teoria decrescente partendo ad esempio dall’etica, dalla ecologia profonda, dalla poesia e non meno dalla Classica Bellezza.

Alla società dei consumi di Jean Baudrillard e dello spettacolo di Guy Debord dobbiamo opporre la resistenza della coscienza rivendicando l’esistenza autentica.

Concludo citando Eugenio Montale:

E senti allora, se pure ti ripetono che puoi, fermarti a mezza via o in alto mare, che non c’è sosta per noi, ma strada, ancora strada, e che il cammino è sempre da ricominciare.

Fonte: Blog di Luca Barbirati

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