Due ruote sono meglio di quattro, soprattutto in tempo di crisi. Se ne sono accorti anche gli americani, popolo storicamente poco incline a rinunciare all’automobile anche per gli spostamenti minori. Secondo i dati della National Bicycle Dealers Association della California, ogni anno negli Stati Uniti si vendono circa 18 milioni di biciclette, un trend in continua crescita negli ultimi 30 anni (+2,24% per le importazioni dall’estero nel 2011). E se si va a guardare, più o meno da quando il prezzo della benzina ha cominciato ad aumentare vertiginosamente, da un dollaro a gallone del 1980 fino agli attuali quattro dollari (la media si riferisce a tutti gli Stati Uniti, ma i picchi più alti si trovano proprio in California).

Un valore che resta comunque basso rispetto all’Europa, e in particolare all’Italia. Qui, per l’effetto congiunto dell’incremento delle accise e di una scarsa concorrenza tra le compagnie la benzina costa oltre il doppio. Ma se da un lato, per molti, la bicicletta diventa una scelta virtuosa per combattere uno stile di vita prevalentemente sedentario, dall’altro il risparmio rispetto all’automobile è innegabile.

Una recente ricerca pubblicata su Environmental Health Perspectives ha simulato l’impatto dell’utilizzo della bicicletta per gli spostamenti su brevi distanze su un campione di 31 milioni di persone residenti nella regione americana dei Grandi Laghi. Nell’area presa in esame, circa l’80% degli spostamenti viene effettuato in automobile, e il 20% di questi viaggi non si spinge oltre gli 8 chilometri di distanza dalla propria abitazione. Se questa percentuale di viaggi estremamente corti venisse eliminata del tutto, la salute pubblica potrebbe risparmiare circa 3,5 miliardi di dollari all’anno.

Inoltre, se solo la metà del 20% di viaggi inferiori agli 8 chilometri venisse percorsa sul sellino di una bicicletta, la sanità locale risparmierebbe ulteriori 3,8 miliardi di dollari, per un totale di oltre 7 miliardi di spese sanitarie annuali. Ogni anno, inoltre, si verificherebbero oltre mille morti in meno rispetto al ritmo attuale.

«Sono molti i motivi per cui le persone si avvicinano alla bicicletta: dal voler migliorare o tutelare il proprio stato di salute alla tutela dell’ambiente – ha affermato il presidente della League of American Bicyclists Andy Clarke – ma in tempi di crisi economica è evidente che la difesa del portafogli è la causa principale di questa nuova tendenza. La bici infatti può far tornare nelle tasche delle famiglie americane miliardi di dollari, e questo non lascia più indifferente nessuno». Così, anche Michael Brune, direttore esecutivo del Sierra Club, la più grande associazione ambientalista americana: «La bicicletta sarà il mezzo protagonista del sistema di trasporti del XXI secolo. Pedalare riduce la dipendenza dell’America dal petrolio, permette di risparmiare, fa bene a se stessi e non contribuisce all’inquinamento».

Se la bicicletta va forte negli Usa, è una buona notizia anche per l’economia italiana. Seppure in misura minore rispetto a qualche anno fa, l’industria delle due ruote parla in buona parte italiano: marchi storici come Bianchi, Colnago e Pinarello negli Stati Uniti non raccolgono solo fama, ma anche fatturato. «Il settore della bicicletta è anticiclico», dice il trade commissioner ICE a Los Angeles Carlo Angelo Bocchi. «E noi italiani abbiamo aziende che operano in tutto il mondo coprendo il prodotto bicicletta a 360 gradi, dal telaio al casco, dagli accessori all’abbigliamento. Tutti prodotti realizzati interamente in Italia con la massima qualità e innovazione. Noi esportiamo ogni anni 30 milioni di dollari americani di merce negli Stati Uniti, e nonostante il mercato Usa abbia ridotto gli acquisti, non l’ha fatto in questo settore».

Il pericolo, come al solito, viene da Oriente. Cina, Taiwan e Giappone monopolizzano il mercato mondiale con prodotti di qualità inferiore rispetto a quelli italiani, ma ovviamente anche più abbordabili dal punto di vista del prezzo.

Fortuna vuole che il consumatore americano, anche in tempo di crisi, sia particolarmente attento alla qualità e continui a preferire i nostri marchi. Ma è attento anche agli autogol sportivi delle imprese italiane: Marco Aurelio Fontana, medaglia di bronzo nella mountain bike alle Olimpiadi di Londra, aveva una bicicletta americana, mentre il vincitore, il ceco Kulhavy, ha trionfato in sella a una Bianchi. Non c’era una bicicletta italiana anche per Fontana?

di Barbara Minafra e Andrea Tedeschi

Fonte: Linkiesta

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