Nel trambusto politico di queste ore e di questi giorni, ritornano soventi parole ed espressioni come “rilancio dei consumi”, “rilanciare la crescita del Paese”, “dare fiato all’economia” etc etc…

Frasi ed auspici vecchi e da pura campagna elettorale. Certo queste promesse da marinaio (mi scusi la categoria per il paragone) danno un bel po’ fastidio e questo per due motivi. Il primo: è avvilente ascoltare buona parte della classe dirigente e politica italiana intenta a voler risolvere il grosso problema della crisi attuale riportando in auge e riproponendo metodi e sistemi che ci hanno portato proprio in questa stessa situazione drammatica. Ora anche un bambino (e mi scusi anche qui la categoria per il paragone) sa benissimo che facendo sempre la stessa azione si ottiene sempre lo stesso risultato. Lo sanno i bambini e lo sosteneva anche un certo Albert Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”

Secondo: E’ altrettanto avvilente e scoraggiante ascoltare e vedere buona parte della classe politica e dirigente del nostro Paese, così distaccata dal mondo reale, e considerare i propri elettori e concittadini, così stupidi, da farsi ammaliare da queste promesse irrealizzabili.

Per fortuna –  e lo sappiamo bene – giorno dopo giorno il Paese reale vive e immagina e costruisce sempre di più  un mondo e un modus vivendi diverso, in direzione totalmente opposta alle proposte di una certa politica. Certamente della misure a breve termine per ridare fiato alle persone (non solo le famiglie!) tutte vanno prese. Ma dopo o meglio in contemporanea bisogna iniziare a pensare in modo più organico. Di ampio e profondo respiro; come una boccata d’aria pura sulle cime delle dolomiti. Una visione ampia, fresca, nuova, che sia capace di cogliere i cambiamenti già in atto da parte delle persone.

Sicuramente esistono ancora molte persone che in buona o in cattiva fede, si aspettano una nuova crescita economica, che possa dare i risultati sperati e vissuti negli anni precedenti. Risultati effimeri e falsati, perché va detto con onestà, che anche con una certa crescita del famigerato PIL, la felicità e la soddisfazione delle persone non è aumentata costantemente. Anzi. E che il famigerato benessere ha avuto ed ha un costo umanamente elevatissimo a scapito di un vero impoverimento interiore, umano ed ora anche economico. Esiste dunque una parte di persone che ancora sogna e spera un glorioso ritorno ad un recente passato che mai avverrà e che poi tanto glorioso non fu.

La parte consolante è che esiste una parte sempre crescente di persone che iniziano a rendersi conto che così non va, non può andare e che soprattutto non vale la pena. Forse è qui la chiave di volta. Noi sappiamo che le persone si sentono sicure quando possiedo denaro, potere, oggetti o una proprietà. Cose anche giuste, giustissime. Cose – che come ho più volte scritto in questo spazio – sono diventate i nostri veri padroni. Ma ne vale la pena? Val la pena distruggere il mondo (perché di questo stiamo parlando!) per pagare i nostri vizi inutili? Vale la pena sacrificare il nostro tempo e i nostri affetti per produrre cose sostanzialmente inutili e dannose? Vale la pena rimandare di vivere (perché di questo stiamo parlando) in attesa di quando avrò quell’aumento che mi sto sudando, quella casa in quel posto, quel mutuo per comprare…

Vale la pena continuare a lavorare il doppio perché non so neanche riparare il tubo della doccia e quindi devo avere i soldi per tutto? Vale la pena continuare a mangiare cibi che non so bene cosa contengano, dove e come sono prodotti o coltivati, solo perché non posso avere il tempo per dedicarmi al saper fare o a coltivarmi un piccolo orto o a costruirmelo sul mio balcone di casa?

Vale la pena continuare a rinunciare a farmi una famiglia, oppure ad averla ma potermela godere solo nei ritagli (!?!) di giornata perché siamo ingranaggi di produzione e non i proprietari del nostro tempo? Vale la pena affidare i nostri figli e i nostri genitori a mani estranee mentre i primi si affacciano alla vita e i secondi si avviano al loro tramonto? Alla fine della nostra vita, se si continua così, cosa ci rimarrà? Un cumulo di nobili sacrifici per sogni e promesse che dovranno sempre avvenire e che saranno sempre di fronte a noi, sempre ad un passo ma sempre inafferrabili; mentre una piccolissima parte “grazie” ai nostri sacrifici si gode il tutto e si permette di pontificare su come debbano essere le nostre vite.

Ecco allora che vedo con estrema fiducia l’aumentare sempre di più, di persone che stanno iniziando a sperimentare che non vale la pena continuare in un certo modo. Ma che al contrario Vale la pena cambiare. La migliore vendetta è il cambiamento e molti stanno riprendendo il mano la loro vita cambiando, modificando le carte in tavola. Molti hanno capito che vale la pena godersi fino all’ultimo secondo il tempo con i propri figli e il proprio partner. Vale la pena utilizzare il tempo che ci viene concesso per diventare veramente ricchi: cioè imparando a saper fare quante più cose possibili. Vale la pena essere indipendenti il più possibile dal denaro (retrocedendolo a strumento e non a signore delle nostre vite). Vale la pena mettere in comune, donare il di più che si possiede o che si autoproduce, perché questo produce il sentimento della gioia che mai nessuna moneta ha potuto e mai potrà comprare! Vale la pena spendere il proprio tempo al di fuori del lavoro occupazionale, per costruire relazioni diverse. Reti di relazioni diverse, più umane, che siano di sostegno nelle difficoltà e di entusiasmo e corroboranti nei momenti positivi.

Vale la pena impegnarsi in lavori utili che non sprechino le poche risorse del pianeta ma che lo custodiscano e lo preservino. Vale la pena tentare nuove strade lavorative, riconvertire la produzione per limitare gli sprechi e di intaccare le risorse non rinnovabili del pianete. Vale la pena difendere il vero tesoro di tutti, la Terra che non appartiene a nessuno ma che ospita di tutti.

Vale la pena ritornare alla Terra, anche se molto più faticosa di 8 ore in ufficio (anche se è da dimostrare) per ritrovare in essa cultura e sapere. Vale la pena reinventare l’agricoltura che sia un giusto mix di filosofia e nuove tecnologie,per dare nuovi e migliori posti di sano e utile lavoro per tutti.

Vale la pena liberare il tempo, distendere gli animi, liberare la creatività, dare respiro all’anima o allo spirito per rendere l’uomo veramente tale.

“Valeu a pena? Tudo vale a pena Se a alma nao è pequena” (Fernando Pessoa)

“Ne è valsa la pena? Tutto vale la pena se l’anima non è misera”

 

Alessandro Lauro (Mdf Sorrento)

 

10 thoughts on “Valeu a pena?”

  1. Ne è valsa la pena? Non si può dire oggi, se è valsa la pena vivere una realtà drogata, dove regnava la frenesia dell’acquisto compulsivo in un Paese che si stava indebitando per vivere al di sopra delle proprie possibilità.
    Però: però, mai prima l’uomo aveva goduto di una vita tanto comoda, con l’acqua in casa, il riscaldamento, le scarpe ai piedi, ha studiato, ha avuto cure, ha viaggiato e visto il mondo…
    La decrescita felice è un concetto interessante, credo però che vada perseguita in un periodo di relativo benessere, non in una fase critica. Bisogna rimettere a posto le cose con le regole dell’economia di mercato (sigh!) e una volta raggiunto un minimo di equilibrio, solo allora sarà giusto percorrere un’altra via.

    1. Quindi, Maria, secondo te un drogato in crisi di astinenza per smettere di drogarsi deve prima ricominciare a farsi?

    2. maria, forse non ti rendi conto che in un mondo di decrescita la crisi non esisterebbe nemmeno ; )
      la decrescita è la vera risposta a questa crisi e anche a quelle che verranno, perchè con questo sistema le crisi ci saranno sempre!

    3. Maria, non credi alla frase:’ dove c’è crisi, c’è opportunità’? è proprio in questi momenti, nella necessità, che si cercano le soluzioni VERE, e si è portati a riflettere su quanto abbiamo sbagliato.

  2. Cara Maria, se continuassimo sulla strada della crescita (cioè dello sviluppo insostenibile), ci attenderebbero ancora molti anni – ma molti! – di irreversibile Declino (non “crisi”…).

    E, come ammonisce spesso anche Latouche, “non c’è nulla di peggio della decrescita in una società della crescita”.
    Sai perché? Perché, oltre a generare povertà, genera… frustrazione!

    Esistono studi di sociologia e di economia in tal senso. Documenti e analisi scientifiche, curate e seguite da Premi Nobel, di cui mi occupo quotidianamente da qualche mese sul mio sito: “Low Living High Thinking”, in cui cerco di affrontare il tema della decrescita da un punto di vista (economico in primis) il più possibile razionale e documentale.

    Complimenti ad Alessandro: intervento di raro spessore!

    Ciao,
    Andrea

  3. Perché non chiamarla crescita consapevole anziché decrescita felice? La decrescita non è cambiamento è ritorno al medioevo.

    1. Perché non prendersi la briga di leggere almeno una minima parte di quanto contenuto in questo sito, invece che sparare i soliti banali luoghi comuni sulla decrescita?

      1. però è già un buon inizio che persone ancora lontane da questo mondo ( scusate, è palese) leggano e si informino, è atterrino in questo sito, no? io credo che vadano innanzitutto compresi: cioè io mi metto nei panni di miei coetanei ( ho 31 anni) che ad esempio abbiano studiato Economia, o Marketing…peggio,lavorino in questi campi, magari 8 ore, si fanno un mazzo così, e ora piano piano si sentono dire che quello che hanno fatto è basato su un grandissimo errore..Non credete sia terribile? Dobbiamo avere un pò di comprensione forse, e con pazienza, spiegare e non mollare.

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