Come è noto viviamo in un tempo in cui si mangia con gli occhi, se no perché dovremmo trovare sugli scaffali del supermercato le mele incerate e le noci lucidate come fra Galdino non si sognò mai di vedere? Così, un rapporto dell’associazione britannica Global Food Security mostra che il 40 per cento della frutta e della verdura prodotta nel paese non arriva nei negozi perché è considerata esteticamente inaccettabile.

I nostri sensi sono ormai così standardizzati che una albicocca troppo grande, una mela scalfita dalla grandine o una carota che non somiglia a quella di Bugs Bunny ci mettono a disagio, mentre in natura sono assolutamente normali e ottimi da mangiare. Così i brutti anatroccoli del mondo vegetale vengono usati come cibo per animali e in buona parte finiscono nella spazzatura o nel terreno.

Ogni anno in Gran Bretagna si gettano via 15 milioni di tonnellate di cibo di cui la metà è eliminata non dai rivenditori ma dalle famiglie dopo l’acquisto. Il rapporto spiega come ogni famiglia elimina in media 5 chili di frutta e verdura la settimana, quando almeno un terzo di quella quantità è ancora perfettamente consumabile. Lo spreco vale mediamente dalle 480 alle 680 sterline l’anno per ogni famiglia o gruppo di persone che abitano nella stessa casa.

Alcuni supermarket più consapevoli, o più furbi, hanno cominciato a dedicare uno scaffale a frutta e verdura di “forma e taglia inusuali”. Il dato più choccante è che nel mondo un terzo del cibo prodotto va perduto. Dice il professor Tim Benton della Global Food Security: “In Gran Bretagna oltre cinque milioni di persone vivono in condizioni di estrema povertà. Per loro la ricerca del cibo di base è una sfida di tutti i giorni”. Secondo la Ong, lo scorso anno 400 mila persone sono ricorse ai centri di assistenza che distribuiscono cibo ai bisognosi.

Sotto accusa sono anche le date di scadenza dei prodotti confezionati, a volte esageratamente allarmistiche. Il 90 per cento degli americani butta via prematuramente il cibo in seguito a una interpretazione sbagliata delle etichette. Secondo uno studio della Harvard Law School’s Food Law and Policy Clinic and the Natural Resources Defense Council, le date di scadenza contribuiscono non poco ai 160 miliardi di cibo sprecato ogni anno dagli americani.

Claudio Gallo

Fonte: La Stampa

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