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Forse non esiste periodo dell’anno più sofferente del Natale, per determinate persone. Mentre fuori impazza da Novembre in poi un’aria di elettrica festività, dentro, nei cuori e negli animi di determinate persone vive un sentimento molto profondo, diametralmente opposto.

La società della crescita infinita e scriteriata è stata capace anche di questo. Sono questi i giorni di strane malinconie e del profondo acutizzarsi di ricordi e ferite. Quasi inspiegabilmente vengono fuori miscugli di ricordi, speranze perse, paure e delusioni. Si è come assediati e si spera solo che le feste passino presto o che le mura interiori reggano e con il minor danno possibile. Spesso accade così, altre volte no. E così Natale dopo Natale certi dolori e certe sensazioni si fanno spazio dentro come piccole dosi di veleno addolcito da luci finte e chiasso vuoto.

A condire tutto questo vi sono poi i vari cenoni e pranzi dove si tenta di riunire quello che resta di antiche tavolate e famiglie spezzettate. Il marito che è fuori per lavoro e che non rientrerà perché l’unico lavoro decente è a chilometri di distanza. La moglie che riesce a rincasare giusto per preparare la cena. I figli divisi tra mille orari ed impegni. Qualche sedia vuota perché la vita è anche imperfetta e crudele, o meglio ha le sue leggi non sempre decifrabili e comprensibili. Soprattutto poco accettabili. E così accade che cenoni e pranzi per taluni, siano anche un rinvangare vecchi ricordi che alimentano pericolose malinconie.

Non è una meraviglia infatti che le persone più sensibili e fragili vivano il tempo del Natale non con la serenità o l’euforia che invece sembra debba essere impasta da un certo tipo di società. Una volta si diceva che erano i tossicodipendenti ad essere maggiormente colpiti e a sentire il peso delle festività Natalizie. Si vociferava che erano questi i giorni dove aumentavano i casi di overdose e morti per dosi tagliate male. Forse è vero. Di sicuro sono questi i giorni in cui chi è solo o si sente tale, avverte con chiarezza il proprio dolore e disagio. Si acutizzano certi malanni dell’animo umano. Si affinano certi sensi e paradossalmente nel giorno in cui le giornate iniziano impercettibilmente ad allungarsi il buio interiore sembra avere la meglio. 

Ci si sente fuori posto. All’esterno sembra tutta una festa: regali, corse, luci, musiche e colori. Dentro invece, se andassimo a fare una radiografia dell’anima troveremmo ben poco da festeggiare. Poche luci, molte artificiali. Diverse ombre ben nascoste dietro paraventi e addobbi luccicanti. Abbiamo imparato bene l’arte della superficie e smarrito il senso della profondità.

Eppure Natale ha un suo profondo significato. Aperto a tutti gli uomini. Di ogni tempo, cultura, razza, credo e religione. Natale è da duemila anni almeno una festa con radici chiare che affondano nel cristianesimo. Questo può piacere o meno ma la storia questo ci dice. Eppure nel corso degli ultimi decenni, la stessa Chiesa è stata ben fagocitata in larga parte dal dio del consumismo, per cui tale festività invece di essere un contro altare alla “festa” imperante per strade e palazzi, ne è diventata un’appendice. Invece di essere un baluardo per le persone fragili e sensibili, sole e disilluse, ne è diventata una ennesima porta sbattuta e chiusa.

Tuttavia questi giorni conservano il germe della loro sana autonomia. Natale ricorda la nascita di un fanciullo nel corpo di una ragazza di Israele che partorisce lì dove non c’è accoglienza e tetto. Ci narra la storia di una ragazza adolescente che viene salvata e difesa da un un marito che sa non essere gravida di lui. Ben presto tutti e tre vagheranno come latitanti per le forze dell’ordine della Palestina del tempo.

Nasce tra baracche che oggi spazzeremmo via con moderne ruspe. Lontani dai calori della famiglia e dalle tavole imbandite a festa. Eppure è proprio in questa famiglia anomala e fuorilegge che si annida il senso vero del Natale. Messaggio per ogni uomo, senza alcuna distinzione.  E’ in questa precarietà che si annuncia una notizia. Una festa per chi non ha da mangiare. Per chi si scopre o riscopre solo, per la prostituta e per chi si trova senza un lavoro. Per chi non sarà capace di mettere insieme i soldi per pagarsi il tetto sotto cui dormire. Per chi vede i fantasmi dei propri sogni tramutarsi in incubi che rubano il sonno meritato. Per coloro che sentono tutto il dolore dell’anima opprimere il proprio cuore. Per chi questo peso non riesce più a tollerarlo. Per chi vuole toglierlo definitivamente. Per coloro che non riescono a vedere più il futuro. Per chi è in affanno, disteso in un letto di dolore. Per chi pur desiderandolo, non riesce proprio ad immaginarlo un futuro. Costoro e chi si sente a disagio in questo tempo, sia lieto nella notte di Natale. E’ la loro scomodità che viene celebrata nel vero senso del Natale.

Natale non è una festa per benpensanti. Non vi è spazio per loro anche se fuori è tutto schierato il loro esercito. Un esercito fatto molto spesso di banalità a buon mercato. “Natale è una festa per bambini”; “A Natale siamo tutti più buoni” oppure “Natale è la festa dei doni”. Tutte affermazioni giuste ma trasformate in banali luoghi comuni ad uso e vantaggio del dio consumismo.

Si, Natale è la festa dei bambini ma non nel senso di adulti mai cresciuti o di eterni Peter Pan, ma di coloro che come i bambini hanno ancora la capacità di meravigliarsi.

Si, a Natale si è tutti più buoni. Ma a patto che lo si diventi ogni giorni diventando cittadini attenti e rispettosi, delle leggi, del bene comune. Persone buone cioè capaci di accorgersi delle necessità interiori ed esteriori di chi ci sta accanto e che inciampa nella nostra vita. Capaci di condividere le sofferenze e di contrastarle insieme. Capaci concretamente di non lamentarsi delle tenebre ma farsi invadere dalla luce per portarla a chi ne ha poca. Buoni nel senso di essere capaci di accoglienza e di ascolto perché convinti che c’è qualcosa da cercare e da imparare anche al di fuori di sé e di coloro che la pensano come noi.

Si, Natale è la festa dei doni. “Ma come, c’è la crisi eppure a Natale un dono non lo si può rifiutare”. Giustissimo. E allora facciamo seriamente questi doni, puntando a quelli che contano davvero e di cui abbiamo disperato bisogno. Pace, luce, gioia. Ognuno di noi sa come, a chi. Sono questi i doni che il Natale ci invita ad accogliere e a diffondere. Sono questi i doni che hanno il potere di farci ritornare bambini, di farci diventare più buoni, di farci essere un dono gli uni per gli altri.

Si, Natale non è una festa per benpensanti e per famiglie “mulino bianco”. E’ una festa molto scomoda. Deve generare inquietudine nei benpensanti e in coloro che siedono comodi e dormono sonni troppo lunghi.

E’ la festa di tutti coloro che – per un motivo o per un altro – sono sempre esclusi. Per tutti coloro  i quali devono sentirsi dire “sarà per la prossima volta. Porta pazienza”. E’ la festa per tutti coloro che non si accontentano di una dolce schiavitù ma che sanno da che parte stare e scelgono, rialzando la testa.

Buon Natale, vero.

Alessandro Lauro

Mdf Sorrento

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