I beni comuni sono quei beni che per la loro natura ecologica culturale o sociale appartengono a tutti, nel senso che nessuno può appropriarsene in quanto singolo individuo o in quanto soggetto sociale o economico. Sono quei beni che se sfruttati e degradati causano ripercussioni negative su tutti i cittadini, presenti e futuri.

I beni comuni non sono possedibili, che questo sia per la loro natura fisica, come l’acqua, l’aria o gli ecosistemi, o perché rappresentano parti di un patrimonio pubblico comune, come le grandi opere architettoniche e artistiche.”

Vendere, sfruttare o inquinare i beni comuni genera un vantaggio per i pochi, ma nega a tutti gli altri la possibilità di goderne, ora ed in futuro.

Per tutelare i Beni Comuni è necessario quindi che questi non siano ne di proprietà pubblica ne di proprietà privata ma della comunità.

Questo principio è necessario che entri dalla porta principale nel nostro sistema giuridico ma ancor di più nell’immaginario culturale della nostra società.

A dire il vero si tratta di un principio che è già patrimonio storico italiano da quando nel tardo medio evo alcune istituzioni ecclesiastiche hanno trasferito con questo tipo di proprietà alcuni boschi alle comunità montane che da essi traevano sostentamento.

Ed è un principio che è già stato riconosciuto dalla giurisprudenza in tempi recenti.

E’ un principio che però contrasta con l’attuale idea di contrapposizione fra proprietà pubblica e proprietà privata, contrapposizione risolta attraverso i processi di alienazione in un verso e di esproprio nell’altro. Entrambe processi che utilizzano il mezzo della mercificazione e del prezzo per realizzare il passaggio da uno stato all’altro.

Mezzo e processo che sono invece estranei all’idea di Bene Comune (Commons nella locuzione inglese utilizzata a livello internazionale per chiarire il concetto) che invece fa riferimento ad un valore del bene stesso che non è misurabile con gli strumenti del mercato. Anzi per dirla meglio che è incommensurabile. Concetti questi assai cari e centrali nel dibattito e nei principi che sono alla base del pensiero decrescente che propone una terza via fra quella “di sinistra” che vuole “più pubblico” e quella “di destra” che propende per “più privato” (sia perdonata la estrema semplificazione). La via proposta è quella appunto del “meno pubblico e meno privato”; di un passo indietro dei processi mercantili e del riconoscimento di valori non mercificabili. Del valore dei Beni Comuni appunto.

Ed è per questo che il Movimento per la Decrescita Felice ha aderito con entusiasmo all’invito del Comitato Beni Comuni Sovrani a supportare le iniziative di elaborazione del concetto in questione e della sua divulgazione, a partire dalla campagna di raccolta firme per la presentazione della legge di iniziativa popolare omonima che si sta realizzando in questi mesi su tutto il territorio nazionale anche con il supporto dei circoli MDF.

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