L’approvazione storica del PGT (Piano di Governo del Territorio) milanese non segna alcun passo avanti nelle politiche dell’amministrazione. Ancora una volta, infatti, l’imperativo è "costruire, costruire, costruire". 18 milioni di metri cubi di cemento è la stima più prudente della nuova colata di cemento che coinvolgerà il capoluogo lombardo.

È stato approvato una settimana fa il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Milano. Un PGT storico in quanto atteso da 30 anni, ma un PGT fortemente contestato dall’opposizione al governo municipale di Letizia Moratti.

Le ragioni della contestazione e della protesta sono tante ma tutte riassumibili in un’ unica parola: cemento. Tra i 18 e i 30 milioni di metri cubi di cemento sono infatti previsti in questo PGT, cemento che trasformerà 26 aree ‘degradate’ in altrettanti nuovi quartieri, tra cui l’ex scalo Farini dove in mezzo ad un futuro parco verranno costruiti l’equivalente di 19 grattacieli Pirelli, o l’area nord-ovest di Milano – via Stephenson e dintorni – dove l’intenzione della Giunta è di costruire 50 grattacieli adibiti ad uffici che faranno sparire quel che resta di vecchi capannoni e campi rom (ovviamente dove andranno i rom è un problema che non viene affrontato…).

Tutto questo si dovrebbe tradurre in mezzo milione di abitanti in più di oggi a fronte di un aumento previsto nei prossimi 30 anni di non più di 60.000 persone.

Davvero una città che in meno di due mesi esaurisce i 35 giorni oltre soglia PM10 previsti dalla UE ha bisogno di 500mila abitanti in più con il loro carico di traffico ed inquinamento? Davvero una città che già oggi ha una percentuale di verde per abitante tra le più basse d’Italia e d’Europa – appena 16,4m2 di verde urbano a persona contro la media dei 105,9m2 degli altri capoluoghi di provincia italiani – ha bisogno di una colata di cemento di queste dimensioni?

La risposta ovviamente è no, ma come racconta Ferruccio Sansa l’unico modo di progredire che Milano conosce è quello di costruire. Lo dimostra il progetto di recupero dei vecchi padiglioni della Fiera di Milano che dovevano essere trasformati nella Central Park milanese e che invece sono diventati il progetto Citylife, 3 enormi grattacieli circondati da un francobollo di cemento sempre inevitabilmente all’ombra i cui appartamenti paiono anche parecchio difficili da vendere sia per i costi elevati che per la prospettiva di una qualità della vita che a Milano pare sempre più in picchiata.

Proprio la qualità della vita e la salute sono infatti le due variabili che a Milano vengono da sempre trascurate. Ciò che non viene invece mai trascurato sono gli interessi di Salvatore Ligresti – nelle cui società ci sono diversi membri della famiglia La Russa, sulla cui opportunità si potrebbe discutere a lungo – che attraverso la fresca invenzione della perequazione di diritti volumetrici potrà trasferire milioni e milioni di metri cubi acquisiti nel Parco Sud in centro a Milano. Secondo questo nuovo meccanismo infatti i costruttori potranno scambiare i propri diritti di costruzione attraverso una borsa delle contrattazioni e quindi trasferirli così da una parte all’altra della città.

Il quadro è chiaro, la speranza una sola: il ricorso al TAR che le opposizioni al governo di Letizia Moratti pare vogliano mettere in opera a seguito delle modalità di approvazione del PGT. Per arrivare all’approvazione definitiva la cui scadenza tassativa – pena l’annullamento del piano tutto – era fissata per il 14 Febbraio, il comune ha infatti fatto fuori in appena una quarantina di votazioni l’esame di ben 4.765 osservazioni dei cittadini. Insomma, un vero e proprio colpo di mano che arriva in piena campagna elettorale e in scadenza di mandato, ma anche e soprattutto in piena emergenza inquinamento.

Fonte: Il Cambiamento

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