Dopo il terrore e la strage, con le bombe al fosforo bianco lanciate in mezzo alle case fino a sterminare 1.300 persone, come ammesso dal Rapporto Goldstone delle Nazioni Unite, verrà l’ora della morte lenta: quella provocata dai tumori che minacciano la popolazione costretta a bere acqua inquinata dagli agenti tossici, eredità velenosa dell’Operazione Piombo Fuso scatenata dalle forze israeliane a cavallo tra 2008 e 2009. Una vera emergenza sanitaria incombe ora sul milione e 400.000 abitanti che vivono in condizioni quasi disperate nei 360 chilometri quadrati della Striscia di Gaza, stretta fra Israele, Egitto e Mediterraneo. La denuncia parte da Roma: a parlare sono le analisi inquietanti effettuate dal Cnr e dall’università La Sapienza.

L’acqua potabile di Gaza è gravemente inquinata da metalli e sostanze cancerogene: se non avranno acqua pulita, gli abitanti di Gaza moriranno di cancro. «Tutti i risultati delle indagini condotte su suoli, capelli ed acque – spiegano i ricercatori italiani – mettono in luce che la terra della Striscia di Gaza è contaminata, che le bombe al fosforo e altri materiali bellici utilizzati durante gli attacchi hanno lasciato sul terreno elementi tossici che necessitano di essere rimossi e trattati opportunamente».

Il pericolo è reale, aggiungono i tecnici universitari, se consideriamo che la popolazione palestinese della Striscia  vive in condizioni precarie, in aree distrutte dai bombardamenti, a contatto con macerie e materiale bellico inesploso: quindi è continuamente esposta al rischio di venire a contatto con sostanze velenose sia per via cutanea e respiratoria, ma anche attraverso gli alimenti, con le produzioni agricole locali, preziose per il magro sostentamento.

Da qui il «rischio concreto che le  sostanze tossiche e i metalli possano provocare, nel tempo, tumori, problemi di fertilità e malformazioni, con le conseguenze maggiori a danno dei  bambini». L’appello è firmato da Mario Barbieri del Cnr e dal professor Maurizio Barbieri, docente di geochimica ambientale della Sapienza. Le analisi sono state condotte con il Dipartimento per la cooperazione internazionale del ministero della Salute, in collaborazione con l’Autorità dell’Acqua di Gaza e con l’aiuto sul terreno offerto dall’associazione Gazzella, una Onlus italiana. «Un appello va rivolto alla comunità internazionale – insistono gli specialisti universitari e del Cnr – affinché metta in campo azioni più urgenti ed incisive, con lo scopo di rimuovere lo stato di assedio alla popolazione della Striscia di Gaza e garantire gli interventi necessari per la ricostruzione e gli aiuti in campo sanitario».

Le analisi, condotte tra il 2009 e il 2010, rivelano «concentrazioni anomale di elementi tossico-cancerogeni» come tungsteno, mercurio, molibdeno, cadmio, cobalto. Ma anche vanadio, alluminio, stagno, zinco, cromo e persino uranio. Le prime prove sono state fornite dai capelli di bambini e ragazzi e da campioni di terra, prelevati dai crateri delle bombe e da aree non direttamente colpite dagli ordigni. «L’elevata concentrazione di elementi tossici rilevata dalle analisi – spiegano i tecnici italiani – sembra essere imputabile alla presenza di particelle metalliche che, in seguito a processi di alterazione chimico-fisica, potrebbero rilasciare elementi tossici in grado di entrare, in forma solubile, nell’ambiente naturale circostante e quindi coinvolgere il suolo e le acque, fino ad entrare a far parte della catena alimentare».

Ipotesi confermata da ulteriori analisi effettuate su  58 campioni di acqua provenienti da pozzi distribuiti lungo l’intera Striscia di Gaza e prelevati nel luglio 2010. Lo studio  fotografa la composizione attuale dell’acqua a distanza di alcuni anni dagli eventi bellici – i primi risalgono al 2006 – che hanno interessato il martoriato litorale palestinese. Nell’acqua di Gaza si registra un elevato grado di salinità, con nitrati e nitriti: «L’assunzione quotidiana di questi due costituenti può causare vari e gravi disturbi gastrointestinali e nei neonati può esprimersi con una carenza di ossigeno nel corpo e metaemoglobinemia  (“malattia dei bambini blu”)».

In alcuni campioni d’acqua si osserva una elevata concentrazione di sodio e cloro-solfati: elementi che indicano un diffuso processo di contaminazione delle falde freatiche ad opera di acqua di mare. Superiore ai limiti anche la presenza di elementi tossici come il boro, che mina la fertilità, e il mercurio, che danneggia il sistema nervoso e compromette lo sviluppo fetale. Nell’acqua di Gaza abbondano poi altre sostanze cancerogene: troppo piombo, che provoca danni renali e alterazioni nervose, e troppo alluminio, che si accumula nel cervello, nei reni, nei polmoni, nella tiroide, nel fegato, nelle ossa e nell’intestino.

Si tratta insomma di un’autentica emergenza: la Striscia di Gaza va bonificata al più presto, fornendo anche acqua pulita agli abitanti-prigionieri, o il disastro sanitario diverrà insostenibile. E’ ultima “maledizione” che colpisce la Striscia, una delle aree più sfortunate del mondo: prima le guerre arabo-israeliane, poi le devastanti operazioni militari del 2006, quindi l’apocalisse dell’operazione “Cast Lead” scatenata da Israele tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009 per colpire a morte i miliziani di Hamas, il gruppo palestinese filo-iraniano che aveva regolarmente vinto le elezioni svoltesi nel 2007: verdetto mai accettato da Israele, che ha isolato Gaza imponendo un drastico embargo a cui ha collaborato anche l’Egitto di Mubarak.

La popolazione sfinita e ridotta alla disperazione, senza cibo e medicinali, ha assistito alla rappresaglia dei miliziani di Hamas: il lancio ripetuto di razzi artigianali Qassam sulla vicina città israeliana di Sderot, che ha provocato 18 vittime civili. Di qui la “reazione” di Israele, che ha messo in atto in pochi giorni la più grande strage mai verificatasi in Medio Oriente negli ultimi anni. Sarebbero 1.300 le vittime accertate dell’Operazione Piombo Fuso, per la quale il governo di Tel Aviv è stato accusato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, avendo fatto ricorso ad un “uso sproporzionato della forza”, come denunciato all’Onu dal Rapporto Goldstone.

Una carneficina spaventosa: prima la grandine di bombe al fosforo bianco, poi l’invasione via terra con reparti corazzati che, più che snidare miliziani di Hamas, hanno condotto una sorta di spietata pulizia etnica, sterminando intere famiglie di civili inermi. Da allora, i sopravvissuti di Gaza hanno dovuto vivere in condizioni disperate. L’unico massiccio aiuto, quello offerto via mare dalla Freedom Flotilla, è stato neutralizzato il 31 maggio 2010 dalle forze speciali israeliane, che hanno scatenato un sanguinoso agguato terroristico per fermare l’ammiraglia turca Mavi Marmara al largo di Gaza: l’incidente ha provocato una fortissima tensione con la Turchia, spingendo il premier Erdogan a minacciare Tel Aviv di ricorrere alla forza militare per portare aiuto alla stremata popolazione di Gaza.

Dimenticati da tutti, senza “amici” in grado di far sentire la loro voce nei palazzi occidentali del potere mondiale, i palestinesi di Gaza – invisi alla stessa Anp che dovette cedere il controllo politico della Striscia ai rivali di Hamas – hanno festeggiato in strada, nei giorni scorsi, la caduta di Mubarak, ritenuto corresponsabile della loro infame agonia. Ma oggi, nella fluida situazione della regione islamica che propone proteste, repressioni e clamorose rivolte, a tener banco è l’esodo dei disperati che invadono le coste europee a cominciare da quelle italiane.

Il drammatico dossier elaborato a Roma dovrebbe bastare a far scattare una mobilitazione civile internazionale per prestare soccorso alla popolazione di Gaza, finora assistita soltanto dal prezioso e coraggioso lavoro di sparute organizzazioni indipendenti: qualcuno riuscirà a prenderlo in considerazione? Qualcuno riuscirà a far arrivare fino a noi la voce dei bambini di Gaza, delle loro famiglie devastate dal terrore, dalle bombe e dalla fame, e ora condannate alla morte inesorabile per cancro?

Fonte: Libre

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