A quasi un anno dalla catastrofe che ha ammorbato per mesi l’Oceano Atlantico e le coste meridionali degli Stati Uniti, sulla superficie di quei mari è riapparsa una enorme chiazza scura nei pressi della Deepwater Horizon, la piattaforma della Bp che, esplodendo, ha provocato una delle peggiori catastrofi ambientali della storia.

La Guardia Costiera americana sta conducendo delle indagini su di una chiazza grande all’incirca come il Molise che, da alcuni giorni, è comparsa sulla superficie marina del Golfo del Messico. Le acque interessate sono quelle che già subirono, negli scorsi mesi, la tragedia dovuta all’esplosione della Deepwater Horizon. È stata confermata la presenza di una grande macchia sulle acque del Golfo, ma non si sa ancora con precisione se si tratta davvero di petrolio. Il timore che sia proprio “oro nero” c’è, perché l’avvistamento è avvenuto a sole 20 miglia dal punto in cui, undici mesi fa, saltò in aria la piattaforma della Bp.

Inquietante è anche la velocità con cui questa nuova macchia sembra propagarsi: se le prime segnalazioni ricevute dalle autorità statunitensi descrivevano una chiazza di mezzo miglio di diametro, infatti, solo due ore dopo si parlava di 12 miglia di larghezza e addirittura 100 di lunghezza. Si è quindi passati, nell’arco di due ore, da poche centinaia di metri di estensione a oltre 160 chilometri. Una rapidissima espansione che, si teme, potrà continuare.

Resta ora da capire la causa del fenomeno e da dove proviene questa enorme macchia galleggiante. La Guardia Costiera Usa ha riferito che non ci sono state segnalazioni di perdite o guasti agli impianti di estrazione da parte di nessuna delle società petrolifere operanti nella zona. Si deve quindi pensare a perdite naturali di petrolio? Non sarebbe da escludere, visto che se ne verificano di frequente nel Golfo del Messico. Il fatto è però che non se ne vedono mai di così grandi.

Secondo i media americani, che stanno seguendo da vicino la vicenda, la macchia si sta avvicinando alla costa nei pressi di South Pass, in Louisiana. Stando invece agli ultimi aggiornamenti della Guardia Costiera, che ha prelevato campioni della sostanza oleosa che galleggia sul Golfo, si è escluso che si possa trattare di una fuga di petrolio: sono infatti lievi le tracce di idrocarburi che vi si sono trovate.

Di che si tratta, quindi? Gli esperti affermano che potrebbe essere un enorme accumulo di sedimenti provenienti dal letto del vicino Mississippi, celebre fiume che sfocia proprio nel Golfo del Messico. Una teoria che lascia abbastanza a desiderare, sia perché sembra improbabile che un fiume, per quanto grande come il Mississippi, possa generare una tale mole di sedimenti, sia perché la sostanza in questione è e rimane oleosa.

Una sostanza che, qualunque sia la sua origine e la sua composizione, si sta dirigendo velocemente verso Grand Isle, Jefferson, e zone costiere limitrofe. Già in allerta personale specializzato e popolazioni locali, pronte ad usare anche le barriere galleggianti (così utili lo scorso anno con la marea nera) per limitare l’espansione di questa chiazza ed eventualmente proteggere la terraferma.

Che si tratti o meno di petrolio lo si vedrà. Sta di fatto che l’origine di questa macchia scura e galleggiante ancora non si conosce. Affidarsi alle rassicurazioni delle autorità non riesce facile, dopo quanto si è già visto nei mesi scorsi nello stesso Golfo del Messico, o dopo avere visto quanto, in ogni contesto ed in ogni circostanza, le rassicurazioni facciano sempre e comunque parte del gioco. Anche quando, come abbiamo visto ultimamente, ci si trova in situazioni apocalittiche come quella del Giappone, ad un passo dalla catastrofe nucleare.

Fonte: Il Cambiamento

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