Caro Babbo Natale,
ho appena finito di preparare sia il presepio che l’albero con i miei figli. In casa si respira la magica atmosfera natalizia, per questo ho pensato di scriverti una lettera. Quest’anno vorrei chiederti tante cose, non per me ma per i miei figli, per il mio Paese, per il mondo intero. Non so se potrai esaudire tutti i miei desideri, che per molti sono dei sogni e delle utopie, ma i sogni e le utopie servono proprio a questo: a farci camminare.

Prima di tutto vorrei che ci fosse nel mondo pace, serenità e più solidarietà. Vedo in giro tanto egoismo e rassegnazione, molte persone e famiglie che si chiudono in se stessi. I problemi sociali, ambientali ed economici si aggravano sempre di più e non si intravede una via d’uscita dalla crisi.

I politici e gli economisti ci propongono sempre le stesse, vecchie ricette e il peso della crisi lo pagano sempre gli stessi, i più deboli, che sono anche i meno colpevoli. Molte persone si trovano in difficoltà, soffrono, vorrebbero trovare un lavoro, avere una casa, sposarsi e metter su famiglia ma non ce la fanno ed allora mi piacerebbe che tu, per un giorno, diventassi il primo ministro di questo Paese, perché sono sicuro che troveresti le idee e le strade per permettere a molte persone di realizzare la loro vita ed i loro sogni. Ma forse ti sto chiedendo troppo, basta molto meno.

Il regalo più grande che potresti farci e che potremmo farci sarebbe quello di portare nelle nostre case la voglia di impegnarsi, di lavorare per cambiare il mondo, per costruire un mondo nuovo. E allora proviamo a sognare insieme un 2012 portatore di progetti nuovi, di amici nuovi, di sorrisi nuovi e di nuove speranze.

Questa lettera non è rivolta solo a Babbo Natale ma anche e soprattutto al mondo dell’economia solidale e della finanza etica: cari amici, in questi anni abbiamo costruito un modello e una cultura alternativa ed innovativa in campo economico-finanziario. Abbiamo dimostrato e ogni giorno stiamo dimostrando nei fatti che un’altra economia e un’altra finanza, pulita, sana ed etica, sono possibili.

In giro c’è tanta, troppa ignoranza e disinformazione sui temi finanziari, noi dobbiamo alzare la nostra voce, avere maggiore spazio e visibilità e conquistarci una presenza più costante ed incisiva sui media.

Rendere popolare e accessibile a tutti il tema della riforma della finanza e della costruzione di un’altra economia per indicare al Paese la via d’uscita dalla crisi. Da anni la campagna “Sbilanciamoci” propone la sua finanziaria alternativa ma le nostre proposte sono per lo più snobbate dai politici e ignorate dai cittadini, che invece devono essere informati e sapere la verità, per giudicare della bontà o meno delle scelte che vengono effettuate sulla loro pelle.

I cittadini avrebbero tutto il diritto di sapere che, secondo una stima della Uil (marzo 2011), i costi della politica ammontano a circa 24,7 miliardi di euro all’anno, pari alla manovra Monti. I cittadini dovrebbero anche sapere che la Germania e la Gran Bretagna hanno chiesto e ottenuto dal governo svizzero l’elenco dei cittadini ed imprese tedesche ed inglesi che avevano trasferito i loro fondi in Svizzera e li hanno tassati del 20%.

Perché non può farlo anche l’Italia? Si stima che nelle banche svizzere siano depositati circa 200 miliardi di Euro provenienti dall’Italia. Una tassazione del 20% comporterebbe un entrata per lo Stato italiano di circa 40 miliardi di Euro, quasi il doppio della manovra del Governo Monti.

Infine i cittadini devono sapere che, senza lacrime e senza sangue, solo intervenendo sugli sprechi della politica e della pubblica amministrazione, sulla corruzione, sull’evasione fiscale, sulle spese militari e con una seria politica di contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie, si potrebbe fare una manovra finanziaria da 650 miliardi di euro che porrebbe fine ad ogni tentativo di speculazione sul nostro Paese e permetterebbe di mettere in moto un nuovo volano economico per garantire un vero, nuovo sviluppo, per creare occupazione, per la scuola e la ricerca. E dare un futuro a questo Paese e ai suoi giovani.

Certo, anche 650 miliardi di euro sono pochi di fronte a 1900 miliardi di debito pubblico, 30.000 euro a cittadino, una voragine che continua a crescere di anno in anno solo di interessi. Non è solo un problema di numeri. È un problema di visione del futuro. Dove vogliamo andare? Siamo su una strada che porta al baratro. Dobbiamo cambiare.

Dobbiamo tentare di costruire una nuova teoria economica. Dobbiamo lottare per frenare la finanza-casinò e le speculazioni con l’imposizione di una Tobin-tax o tassa sulle transazioni finanziarie, applicata almeno in area euro (positiva in tal senso l’apertura del governo Monti).

Dobbiamo rendere popolare la finanza etica e far sapere a tutti che solo una finanza eticamente orientata ci potrà far uscire dalla crisi. Infine dobbiamo continuare a cercare di costruire una nuova economia, senza paura di iniziare a ragionare anche in termini di decrescita felice.

L’economia della decrescita si pone il fine di creare valore economico in modo sostenibile sul piano sociale e ambientale, riducendo gli sprechi, i consumi inutili o nocivi, i rifiuti. E creando moltissimi posti di lavoro: basti solo pensare al settore delle ristrutturazioni edilizie, del biologico, delle rinnovabili, del recupero dei materiali.

Come scrive Maurizio Pallante nel suo ultimo libro, intitolato "Meno e meglio, decrescere per progredire", «la felicità, il benessere, la qualità della vita non hanno alcuna relazione diretta con la ricchezza materiale. Avere molto non significa stare bene. Al contrario, staremo meglio se sapremo proporci come obiettivo non il meno, ma il meno quando è meglio».

Si tratta di una «rivoluzione dolce, fatta di semplicità, di ragione e di rispetto, che si fonda sulla scelta di ridurre la produzione e il consumo delle merci che non soddisfano nessun bisogno. Dalla crisi di oggi – che è ambientale, energetica, morale e politica, oltre che economica – si potrà uscire se la società del futuro saprà accogliere un sistema di vita e di valori fondato sui rapporti tra persone, sul consumo responsabile, sul rifiuto del superfluo».

A noi, alle reti della società civile organizzata e non a Babbo Natale, spetta la sfida di costruire l’economia e la società del futuro.

 
Fonte: RomaSette

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