Dal 7 marzo 2012 sarà possibile trovare in libreria il libro “Pecoranera”, l’esperienza e l’impegno di Devis Bonanni, ventottenne friulano che ha scelto la Natura come “datore di lavoro” ed il suo bioritmo come unico limite. Agro-filosofo ed esempio di decrescita felice ha risposto a qualche mia domanda.

Cos’è Pecoranera e come sei riuscito a "costruirla"?

Pecoranera è un progetto per coltivare la terra assieme. Auto-prodursi il cibo è la pietra filosofale del cambiamento. Coltivare la Terra dona una coscienza privilegiata del mondo. Possiamo finalmente capire, tramite la pratica quotidiana, che non siamo creature aliene al pianeta ma che ne facciamo parte. Per quel che riguarda la parte fattiva, non ho costruito molto, mi sono limitato a riadattare. Sono nato e cresciuto in un piccolo paese di montagna e ho sempre pensato che se un fazzoletto di mondo volevo cambiare, tanto valeva cambiare quello dove stavo. Perché andare altrove? Consiglio a tutti di rimanere dove si è perché è proprio li che c’è bisogno di noi. Solo agli abitanti delle metropoli consiglio di darsela a gambe, le grandi città sono le uniche strutture, per costituzione, refrattarie a qualsiasi istanza di cambiamento.

Cosa ti ha spinto a rifiutare la "logica produttivista" per abbracciare l’abbondanza frugale?

Chiariamo un punto: non sono scappato da nulla, il lavoro mi piaceva e i colleghi erano persone eccezionali. Ho capito però che c’è oggi più bisogno di contadini fuori dagli schemi che schiere di tecnici. Credo nel contro esodo: dalle città alle campagne e dai lavori asettici a quelli organici. C’è bisogno di persone che creino alternative valide e non di novelli Stachanov dediti a perpetrare un sistema che palesemente non fornisce più le risposte di cui abbiamo bisogno.

La de-crescita può essere davvero felice? Cosa ti ha donato la Natura?

Io ho scelto questo modo di vivere non per salvare il pianeta ma per salvare me stesso. Alla Natura non importa un fico secco dell’umanità brulicante e dissennata. L’effetto serra è una lieve influenza a confronto della potenza vitale della Terra – al più, sarà l’uomo a estinguersi o decimarsi. La mia scelta parte dalla consapevolezza che ricollegarsi con la Terra dona serenità e benessere. Mangiare cibo vero, rispettare i ritmi veglia/sonno e l’alternanza delle stagioni, usare il nostro corpo e non lasciarlo soffocare nei conforti della vita moderna: questi sono alcuni esempi di ciò che possiamo fare per ritrovare l’equilibrio.

Lo scambio "lavoro-ospitalità" può essere sostitutivo della moneta? quali i vantaggi?

Lo scambio “lavoro-ospitalità” non è turismo esperienziale per chi viene, né prestazione d’opera per chi ospita. Lavorare assieme è solo una scusa e un incentivo per stabilire un contatto. A pecoranera è una forma per incrociare i destini di persone “in transizione”. A diciannove anni visitai la Comune di Bagnaia e quest’esperienza diede impulso al mio cambiamento. Oggi, quasi dieci anni dopo, potrei essere io il mentore per qualcun altro che sta iniziando. Chi è più avanti in un ipotetico percorso di decrescita ha il dovere di aprirsi al confronto e alla comunicazione di ciò che fa, altrimenti viene meno il senso di ogni iniziativa.

Tu sei un esempio di "decolizzazione dell’immaginario". Cosa proponi a chi si sente incerto sul futuro, oppure è a casa disoccupato?

Non sono mai stato né incerto né disoccupato perciò non mi è facile immaginare quale sia lo stato d’animo di chi si trova in tale situazione. Provo dunque a ragionare sul fatto che, anche nel pieno della crisi economica, ci sono delle attività che è possibile svolgere senza padroni e con capitale minimo: si tratta di soddisfare le proprie necessità vitali. Le prime che mi vengono in mente sono: alimentazione, mobilità e socialità, beni che ai giorni nostri costano cari ma che è possibile procurarsi altrimenti. Qualcuno obietterà che vivendo in città nessun cambiamento è possibile, ma anche in centri di medie dimensioni la Natura non è poi così distante. Spesso i comuni mettono a disposizione terreni per i privati cittadini che intendano coltivarli. Punterei ad una soluzione del genere, magari collaborando con persone che avvertano la mia stessa urgenza e creando un’associazione. Coltivare un piccolo orto non richiede grandi investimenti, solo tanta buona volontà. Spostandoci in bicicletta diventiamo “produttori di mobilità”, sostituendoci a case automobilistiche e società petrolifere. Lavorando la terra assieme ad altre persone sperimentiamo un canone inverso dello stare assieme. In poche mosse possiamo decretare il nostro cambiamento privato, vivendo il tempo, le relazioni ed i consumi in modo del tutto rivoluzionario. Troppo bello o troppo difficile?

Cos’è per te la ricchezza?

Quando comprai la mia prima bicicletta la pagai circa cinquecento euro. Potevo dirmi ricco nel possedere un tale mezzo? Tre anni più tardi avevo percorso più di ventimila chilometri, nei dintorni di casa ma anche viaggiando in lungo e in largo per l’Italia. A quel punto mi sentii davvero ricco per quanto la bicicletta evocasse in me magnifici ricordi di avventure solitarie. Oggi, più che ricchi siamo disponenti. Per diventare ricchi dovremo imparare a riempire di significati il grande agio che ci mette a disposizione il progresso, per dirla alla Hemingway: «vivere veramente – non puramente trascorrere i giorni».

Fonte: Blog di Luca Barbirati

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