La sentenza emessa il 13 febbraio 2012 dal tribunale di Torino a conclusione del processo Eternit, passerà alla storia per la condanna in primo grado a 16 anni di reclusione inflitta a due persone identificate come responsabili, e per l’obbligo al risarcimento di circa 3000 parti civili oltre al pagamento delle spese giudiziarie. Non da ultimo, è il più grande processo penale nel mondo per le morti d’amianto (1.600).

Tanti altri casi meno conosciuti di malattia e di morte, attendono il corso della giustizia; alcuni stanno giusto ora rompendo il silenzio. A Milazzo (ME) in Sicilia, l’unione di residenti, le associazioni ambientaliste, l’Osservatorio nazionale dell’Amianto e alcuni partiti politici stanno raccogliendo sottoscrizioni per una petizione popolare da presentare al Parlamento europeo. Dopo le marce e le proteste messe in atto nei mesi scorsi, chiedono la tutela dell’ambiente e della salute pubblica minacciate dalla concentrazione di industrie in una stessa area: la Raffineria di Milazzo, la Centrale elettrica di S. Filippo del Mela, le Acciaierie di Pace del Mela.

Molte altre fabbriche, inoltre, hanno trattato amianto e sono numerosi i casi accertati di morte. La petizione conterrà, tra l’altro l’approvazione di una mozione di condanna dello Stato Italiano e una diffida perché siano rispettati i diritti dei siciliani in base al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, alla Carta di Nizza e della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Si chiederà poi al Parlamento di far in modo che l’amministrazione italiana attui misure di prevenzione e di responsabilità condivisa con risarcimento dei danni ambientali del territorio; che sia portata avanti una sorveglianza sanitaria; l’attuazione di piani di risanamento ambientale e la bonifica delle aree interessate. Da ultimo, si sollecitano studi epidemiologici per la verifica del nesso causale tra patologie e inquinamento ambientale.

L’iniziativa della Valle del Mela è senza precedenti e, oltre ai cittadini di Milazzo, coinvolge quelli di Siracusa, Ragusa, Augusta Priolo, Gela e della Valle del Mela; territori accomunati dall’aver dovuto subire per lunghi anni, un grave inquinamento ambientale. Da un altro angolo d’Italia, a Taranto, arriva un primo segno di ascolto alle rivendicazioni dei danni causati dall’Ilva.

Adolfo Buffo, il rappresentante della Direzione per Qualità Sicurezza e Ambiente dell’Ilva, ha risposto che l’azienda sta “valutando con la dovuta attenzione i contenuti dell’ordinanza del sindaco”, sia sulla fattibilità degli interventi richiesti sia sulla loro legittimità legale. Il sindaco del capoluogo jonico, Ippazio Stefano, nei giorni scorsi ha difatti emesso un’ordinanza con la quale si intima l’Ilva, azienda siderurgica del gruppo Riva, ad adottare entro trenta giorni una serie d’interventi al fine di ridurre l’impatto ambientale degli impianti e quindi i livelli d’inquinamento. E non sembra che la cittadinanza di Taranto vorrà desistere.

L’amianto è un materiale altamente cancerogeno, ma il processo di bonifica nazionale che la legge n.257 del 27 marzo 1992 dispone è lontano anni luce dall’essere ultimato. Oltre ai tanti siti contaminati dalle fabbriche che hanno trattato amianto, ci sono anche gli edifici che attendono di essere bonificati, e la presenza di eternit (onduline, tubi per condotte, vasche per acqua) tra le discariche, mostra che sono ancora in molti a smaltire questo pericolosissimo materiale in deroga alla legge e alla sicurezza, esponendo intere comunità a un rischio altissimo.

La legge n. 257 del 1992 obbligava le Regioni ad adottare entro 180 giorni il Piano Regionale Amianto, un programma dettagliato per il censimento, le procedure di rimozione la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati. Secondo un rapporto di Legambiente, solo 13 Regioni hanno approvato ad oggi il Piano Regionale per la bonifica che la legge ordinava. Laddove il piano esiste, spesso è rimasto sulla carta. Le due sole regioni che hanno fissato una data entro cui completare la bonifica sono la Lombardia (entro il 2016) e la Sardegna (entro il 2023).

È di questi giorni la notizia che gli impiegati dell’Archivio di Stato di Firenze, a pochi passi da piazza del Duomo, si sono accorti della copertura in eternit del vecchio teatro dell’Oriuolo, ormai in stato di abbandono, chiedendo garanzie per la loro salute.

In Campania, secondo la Cgl, la bonifica dell’eternit è stata fatta solo per il 50% a causa dell’esaurimento dei fondi e perché è stato trovato più amianto di quanto stimato. Nella regione Lazio, nel 2011, il registro regionale dei mesoteliomi ha evidenziato come nella regione i casi di cancro maligno registrati nell’ultimo decennio siano stati ben 716. Nei giorni scorsi, la guardia di finanza di Catania ha scoperto 500 tonnellate tra rifiuti speciali e amianto ammassati su un’area di oltre quaranta ettari dell’ex cartiera Keyes, vicinissima al mare e alla splendida oasi naturalistica di Marina di Cottone, e sull’Oasi del Simeto, Legambiente da anni presenta esposti anche per le discariche di eternit.

Un dato nazionale complessivo che quantifichi con certezza la presenza di amianto sul territorio, sui tetti di case, industrie, edifici pubblici, non c’è ancora. Solo alcune Regioni hanno compiuto un lavoro di mappatura delle coperture in amianto. Il Cnr, che ha eseguito un’opera di telerilevamento aereo sul 4,6% del territorio del Lazio, ha registrato circa 3 mila coperture in cemento-amianto (questo il nome dell’eternit utilizzato per le costruzioni), pari a 1 milione e 673.974 metri quadri.

E mentre molti chiedono la creazione di una banca dati nazionale, è stata fissata per il prossimo autunno la seconda conferenza governativa nazionale sull’amianto, organizzata dai ministeri dell’Ambiente e della Salute e da associazioni del mondo scientifico, per avviare una direzione unica della bonifica amianto.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Prevenzione (Ispesl) l’amianto provoca circa 4.000 decessi all’anno. L’eternit sortisce i suoi effetti letali su lavoratori impiegati in processi industriali di lavorazione, in edilizia e su chiunque venga a contatto con le polveri sprigionate dalle fibre del materiale a causa di rottura o usura.

La consistenza fibrosa dell’amianto è alla base delle sue ottime proprietà tecnologiche, ma essa conferisce al materiale anche, purtroppo, delle proprietà di rischio essendo essa stessa causa di gravi patologie a carico prevalentemente dell’apparato respiratorio. La pericolosità consiste, infatti, nella capacità dei materiali di amianto di rilasciare fibre potenzialmente inalabili e nell’estrema suddivisione cui tali fibre possono giungere.

Nel Registro Nazionale Mesioteliomi, i più colpiti risultano gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai familiari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato. Ogni anno si tengono migliaia di conferenze e corsi di sicurezza contro il pericolo che l’amianto rappresenta per la salute. Tuttavia, succede ancora a ognuno di noi di ritrovarsi sotto una copertura di eternit e, chiedendo spiegazioni come hanno fatto gli impiegati di Firenze, di sentirsi rispondere che non c’è nulla da temere.

Ciò che i privati proprietari di strutture in eternit possono fare, a norma di legge, è autodenunciarsi all’Asl e fare bonificare l’area a ditte specializzate, a proprie spese. Il costo di rimozione e smaltimento può andare dai 10 ai 25 euro al metro quadro. E la cosa sembra un po’ una beffa. Esiste però la possibilità di ovviare a tale spesa non indifferente, sostituendo il proprio tetto contaminato con pannelli solari, usufruendo degli incentivi pubblici. Questo il loro meccanismo.

Il Quarto Conto Energia – il decreto che stabilisce gli incentivi per le rinnovabili, giunto appunto alla sua quarta versione in vigore da giugno 2011 – prevede che lo Stato eroghi per vent’anni a chiunque installi un impianto fotovoltaico, un bonus in denaro calcolato sulla quantità di energia elettrica prodotta. Se l’impianto sostituisce una vecchia copertura in eternit, l’incentivo è maggiorato di 5 centesimi di euro per ogni kilowattora prodotto. Per il privato che non può affrontare questa spesa iniziale, da circa un anno e mezzo è attiva la campagna Eternit free realizzata da Legambiente e dalla società di servizi energetici AzzeroCo2.

Proprio per promuovere lo scambio virtuoso amianto-pannelli solari, AzzeroCo2 s’incarica della spesa di bonifica del tetto in eternit e della costruzione di un impianto solare. In cambio il proprietario cede il diritto di superficie del suo tetto alla società, che per 20 anni beneficerà degli incentivi statali e potrà vendere l’energia prodotta.

Allo scadere dei 20 anni il proprietario rientra in possesso del tetto e dell’impianto fotovoltaico. Se poi la superficie da bonificare è più piccola di 2500 mq, AzzeroCo2 aiuta a partecipare a gruppi di acquisto fotovoltaico e ad accedere a finanziamenti agevolati presso le banche. Similmente si può procedere nel caso di comuni o enti pubblici che non hanno i soldi per rimuovere l’eternit da sue superfici. La campagna Eternit free è già partita e sta raccogliendo sempre più adesioni in molte province e regioni.

Fonte: Il Cambiamento

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