Il 3 giugno prossimo il Piemonte voterà per il referendum abrogativo di alcune norme regionali sulla caccia.

Il quesito referendario regionale piemontese contro la caccia del 1987, in gran parte sopravvissuto a 25 anni dalla raccolta delle firme nonostante diversi interventi del legislatore regionale, chiede l’abrogazione di alcune parti della vigente normativa sulla caccia.

Lo rende noto il Comitato per il referendum caccia in Piemonte, che spiega anche quali sono i 4 punti che caratterizzano la richiesta referendaria:

1 – Divieto di caccia per 25 specie selvatiche

Viene richiesta la cancellazione dall’elenco delle specie cacciabili di 25 specie di fauna selvatica italiana con la conseguente istituzione del divieto di caccia (elenco delle 25 specie).

2 – Divieto di caccia la domenica

Viene richiesta la cancellazione della domenica dai giorni nei quali la caccia è consentita con la conseguente istituzione del divieto di caccia la domenica

3- Divieto di cacciare su terreno coperto da neve

Già oggi è così: sono tuttavia previste numerose eccezioni (ad esempio la caccia alla volpe, agli ungulati e alla tipica fauna alpina) che il quesito vorrebbe invece eliminare.

4 – Limitazione ai privilegi concessi alle aziende faunistico-venatorie

Di fatto, nelle ex riserve private di caccia si possono abbattere animali in numero molto maggiore rispetto al territorio libero, non dovendosi applicare i limiti di carniere per molte specie. Il referendum vuole abolire questo privilegio per chi può permettersi di andare a caccia in strutture private.

Il quesito referendario non è abrogativo dell’attività venatoria, ma richiede un ridimensionamento di questa proteggendo specie a rischio di estinzione o di scarso interesse venatorio, restituendo ai cittadini la possibilità di frequentare la domenica in sicurezza boschi, campagne, monti, aree naturali della nostra regione.

Il comitato referendario, spiega anche perché votare sì:

1. per affermare il prevalere dell’interesse pubblico su quello privato di una minoranza armata;

2. per proteggere specie a rischio di estinzione affinché possano essere ancora viste dalle future generazioni;

3. per restituire a tutti i cittadini la gioia di frequentare in sicurezza la domenica boschi, monti, campagne, aree naturali senza il rischio di essere impallinati;

4. per contenere l’attività venatoria all’interno di regole più severe e meno contrastanti con l’interesse generale;

5. per contrastare gli eccessi dell’attività venatoria;

6. perché la fauna selvatica è un patrimonio di tutti che merita di essere preservato.

“Il voto referendario è un prezioso strumento in mano ai cittadini per intervenire direttamente nel procedimento legislativo e per fare affermare la volontà popolare. La nostra Costituzione prevede solamente il referendum abrogativo attraverso il quale è possibile cancellare una intera legge o parti di questa. Andare a votare significa difendere un diritto costituzionalmente garantito, unico strumento di democrazia diretta.

Andare a votare significa difendere le firme dei 60.000 cittadini elettori che nel 1987 sottoscrissero il quesito referendario. Andare a votare costituisce un atto di giustizia dopo 25 anni di giustizia negata.

Affinché il referendum sia valido, è necessario che venga raggiunto il 50% + 1 degli elettori piemontesi, ovvero oltre un milione e mezzo di persone” conclude il comitato.

Fonte: Referendumcaccia.it

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