Pochi giorni fa è arrivato l’annuncio: per quest’anno, i piani petroliferi di Shell in Artico si fermano qui.

Tutto è iniziato sei mesi fa in Nuova Zelanda

Era il 24 febbraio e Lucy Lawless scalava la torre di trivellazione della piattaforma petrolifera Shell diretta in Alaska. L’azione fece il giro del mondo. E mentre gli attivisti occupavano ad oltranza la piattaforma diretta in Artico, migliaia di cyberattivisti diffondevano il messaggio della Ribellione Artica su facebook e twitter.

Il movimento era destinato a crescere. Quando Penelope Cruz, Paul McCartney e molti altri nomi noti hanno deciso di aderire alla campagna SaveTheArctic.org, un santuario per l’Artico è sembrato un obiettivo ancora più vicino.

Shell: reputazione rovinata e una lunga serie di errori

Con addosso gli occhi di quasi due milioni di persone, i dirigenti Shell sapevano che qualsiasi errore, anche minimo, non sarebbe passato inosservato. E quello annunciato oggi è stato l’ennesimo.

Con 5 miliardi di dollari e 7 anni investiti in un programma fallimentare, gli altri giganti del petrolio si stanno chiedendo se ne vale la pena. Solo pochi giorni fa, la compagnia norvegese Statoil ha dichiarato che, prima di prendere una decisione in merito, avrebbe atteso l’evolversi del piano petrolifero di Shell in Artico.

People have the power!

Oggi celebriamo un passo importantissimo per la campagna #SaveTheArctic, ma è solo il primo. Per salvare l’Artico dobbiamo trasformarlo in un santuario globale.

A chiederlo su www.SaveTheArctic.org siamo quasi due milioni. Se hai già firmato, festeggia con noi questo successo. Se ancora non l’hai fatto è il momento giusto per unirti al movimento globale per proteggere il Polo Nord. Per sempre.

Fonte: Greenpeace.it

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