Per chi non lo sapesse, Trieste è considerata la città dei “no se pol”, i “non si può”. Solitamente si tratta di un “no se pol” lavativo, disinteressato, svogliato e anche un po’ ignavo. Ma la cittadinanza che sta scendendo in strada a urlare il suo “NO” questa volta è spronata da una nobile motivazione: la tutela del proprio ambiente, contro chi pensa solo a un fantomatico “sviluppo” e ai propri interessi. Una delle manifestazioni dell’ultimo mese è stata definita persino “la rivolta degli ombrelli” da Paolo Rumiz su La Repubblica, perché nonostante un copioso diluvio circa cinquecento persone si sono riunite sotto il Municipio per manifestare il proprio dissenso alla distruzione del loro territorio.

Il progetto di Gas Natural, azienda spagnola, che prevede la costruzione di un rigassificatore a Trieste e più precisamente nella baia di Zaule, è la causa contro la quale i triestini si stanno mobilitando sempre più attivamente. Non soltanto triestini, a dire il vero: anche la Mitteleuropa, incluse le vicine Slovenia e Austria, si è dimostrata contraria a questo progetto. E il governo italiano? È notizia recente che il ministro dell’Ambiente Clini abbia deciso di riaprire la procedura dell’Autorizzazione integrata ambientale, senza escludere comunque che la Gas Natural possa proporre un sito triestino alternativo rispetto a Zaule.

Quali sarebbero i vantaggi della costruzione del rigassificatore a Trieste? È stato ormai sfatato il mito dell’autoproduzione di gas e dell’autonomia rispetto al gas prodotto dalla Russia e dall’Algeria: il gas liquido prodotto verrebbe esportato verso i Paesi del nord, che peraltro tutt’ora sono dipendenti da rigassificatori francesi freschi di costruzione. Secondo il Presidente della Regione Tondo questo progetto dovrebbe contribuire allo sviluppo commerciale di Trieste, affermazione quanto più sbagliata. Trieste può vantare di essere il porto più settentrionale dell’Adriatico, ma è da sempre in rivalità con Venezia e alla ricerca di un riscatto che i nostalgici attendono dalla fine dell’Impero Austroungarico. La Presidente dell’Autorità Portuale Monassi, contraria al rigassificatore, ha esposto i dati relativi all’attività portuale secondo i quali Trieste può aspirare a diventare nel 2013 il primo porto italiano per volumi complessivi di traffico petrolifero sviluppato dalla Siot (Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino). Ovviamente queste aspettative verrebbero deluse dalle gasiere in azione che interdirebbero, secondo le direttive dell’Imo (International Maritime Organization) la zona in questione al passaggio di petroliere e portacontainer.

Un progetto che non offrirebbe posti di lavoro né agevolazioni ai residenti, ma che tutt’al più aggraverebbe le condizioni ecosistemiche del golfo (raffreddamento dell’acqua, tonnellate di cloro versato e la conseguente sterilità della fauna marina, nonché la presenza di batteri altamente tossici), diminuirebbe notevolmente il traffico portuale, aumenterebbe il rischio di attentati terroristici (successe già nel 1972 ai serbatoi di stoccaggio della Siot) e di un effetto domino a dir poco catastrofico. Tanto più perché al contrario di altri rigassificatori già presenti in territorio italiano, la Gas Natural ha proposto questo sito non propriamente offshore ma davvero troppo vicino alla costa triestina, rendendola peraltro vittima anche di un inquinamento acustico.

Ma se il problema rimane l’utilizzo di gas che l’Italia effettivamente fa, ci possono essere altre soluzioni? Una delegazione del Tavolo Tecnico Rigassificatori di Trieste, costituitosi per iniziativa della Uil-Vigili del fuoco, sta discutendo a proposito di tecnologie alternative al rigassificatore: ha recentemente proposto il “Triplete”, un impianto senza piattaforme offshore fisse che potrebbe essere collocato al largo nell’Adriatico settentrionale e gestito unitamente da Italia, Slovenia e Croazia.

Oltre a valutare, quindi, tecnologie alternative e più sostenibili, non sarebbe meglio una volta tanto fare leva sulle risorse che Trieste ha già, quali il suo porto (sia per le merci che le persone), un turismo naturalistico e culturale che deve ancora essere potenziato a dovere? O se non altro occuparsi di una Ferriera tutt’ora fonte di disagi? I recenti tagli alla cultura (del 60%) hanno portato un’ulteriore ondata di forte rammarico tra i cittadini, che a Trieste hanno dimostrato di essere tutt’altro che ignavi, ma partecipanti attivi delle sorti della città che lasceranno alle prossime generazioni. Il fatto che il rigassificatore venga attivato fra vent’anni non è un alibi per non avvertire questo progetto come rovinoso sulla propria pelle.

I manifestanti sono stati definiti anti-democratici perché hanno partecipato con cori quali “vergogna”, diretti al governatore Tondo, durante un’assemblea indetta dalla diocesi triestina e alla presenza del Ministro dell’Ambiente Clini, causando l’interruzione del dialogo. Almeno in questo modo è stata percepita dai conferenzieri; ma se questa “irruzione” è avvenuta è perché i cittadini stessi si sono sentiti vittime di violenza, perché chi dovrebbe rappresentarli sembra non ascoltare la loro voce sminuendone il potere.

I manifestanti appartengono a un ambiente eterogeneo, politico e non, taluni senza bandiere, qualche No Tav dalla Val Susa che condivide con Trieste la solidarietà nei confronti dell’ambiente, qualche ragazza al quinto e persino all’ottavo mese di gravidanza, genitori assieme ai figli, figli con i genitori, singole persone in età avanzata, chi armato di pentolini e fischietti e chi soltanto della propria voce e presenza. L’importante è far rumore, è farsi vedere e sentire, è dire NO, per il bene della propria città.

di Eleonora Molea

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