Gli inquinanti presenti nelle nostre città possono minare anche la salubrità degli orti urbani. Ma si possono mettere in atto stratagemmi e adottare soluzioni per contenere il rischio e valorizzare questa importante esperienza di agricoltura cittadina.

Di Alexis Myriel

Le diossine, il piombo, il mercurio e gli altri metalli pesanti che inquinano l’aria delle nostre città spesso possono finire anche negli orti urbani, piccoli appezzamenti coltivati che si stanno diffondendo a macchia d’olio tra un quartiere e l’altro, e che diventano anche fonte di approvvigionamento per le verdure da portare in tavola. Sono stati pubblicati studi che hanno dimostrato, sulla base di campionature, come sia necessario osservare alcune accortezze se ci si vuole cimentare in una attività che deve comunque essere vista e valorizzata in tutta la sua portata positiva. Niente demonizzazione, quindi: gli orti urbani non sono un concentrato di veleni, come qualcuno insinua, e non sono il “problema”. D’altra parte, proviamo a pensare a cosa contengono gli ortaggi coltivati sui terreni agricoli attaccati alle città, magari lungo arterie stradali trafficate e imbevuti di diserbanti, fertilizzanti chimici e pesticidi! Se, dunque, a qualcuno può dar fastidio la grande diffusione degli orti urbani, non per questo l’esperienza va bandita e bocciata. E’ bene però tendere al continuo miglioramento e, quando si acquisiscono conoscenze e informazioni, è utile adoperarsi per trovare le informazioni migliori.

Studi e stratagemmi

Uno studio tedesco condotto da ricercatori dell’Università di Berlino[1], ha analizzato campioni di ortaggi provenienti da orti urbani in vari punti della città. E’ emerso che circa il 50% presentava elevati valori di piombo e altri metalli pesanti. Ma quando si entra nel dettaglio, si capisce meglio cosa accade: a fare la differenza, oltre alla qualità del terreno, era la distanza dalle strade trafficate. Il 67% degli ortaggi con valori di piombo superiori ai limiti di legge si trovavano a meno di 10 metri dalla strada. Viceversa, fra gli ortaggi coltivati a più di 10 metri di distanza o con una barriera protettiva in mezzo, la percentuale degli sforamenti scendeva al 37-38%. I ricercatori hanno concluso che “l’esposizione ad alti livelli di traffico genera una maggior concentrazione di contaminanti nelle coltivazioni urbane. Parallelamente, la presenza di barriere fra l’orto e la strada riduce notevolmente il rischio di contaminazione. Inoltre, la diversità nell’ammontare delle tracce di metalli pesanti riscontrata nei diversi campionamenti testimonia l’importanza di un’analisi specifica del territorio su cui viene impiantata la coltivazione […] Riteniamo che la vera sfida sia riuscire a combinare due prospettive: l’analisi dei rischi e i vantaggi sociali dell’agricoltura urbana”.

Quindi, se analizziamo bene i terreni in via preventiva, si studia una posizione lontana dalle strade trafficate e dai camini di fabbriche e inceneritori o se si installano barriere protettive, si ha un drastico abbattimento dei rischi e delle contaminazioni. Altre informazioni vengono da un’audace esperienza portata avanti a Chicago, dove un gruppo di cittadini ha impiantato una sorta di “fattoria urbana” in una precedente area industriale; e naturalmente il problema principale era la contaminazione del suolo. Sam Wortman, il co-autore del resoconto di questa esperienza pubblicato sul Journal of Environmental Quality[2], spiega come i metodi solitamente utilizzati siano due, ma entrambi costosi: la rimozione di tutto il terreno contaminato e la sua sostituzione con terreno vergine e/o terreno proveniente da aree rurali, oppure la copertura del suolo contaminato con un primo strato di detriti, quali rocce o cemento, e un secondo di terreno fresco. Wortman fa poi riferimento alla qualità dell’acqua utilizzata per irrigare, che può essere costituita dalle cosiddette “acque grigie” oppure dall’acqua piovana che però, dilavando superfici dove si sono depositati inquinanti, può caricarsi anch’essa di tali sostanze. Anche in questo caso però è possibile mettere in atto uno stratagemma: se si vuole raccogliere l’acqua piovana occorre lasciar scorrere via la prima pioggia che dilava superfici e particelle tossiche nell’aria, raccogliendo invece la pioggia che cade successivamente. Occorre poi tenere presente che se l’orto è dentro la città e non in periferia, dovrà ospitare coltivazioni che resistono a temperature più elevate, perché in estate nelle aree rurali e nelle campagne solitamente si misurano 1 o 2 gradi in meno.

Come organizzarsi
Ci sono alcune precauzioni da prendere per ridurre al minimo l’inquinamento dell’orto in città. Vediamole insieme[3]:

  • allontanarsi il più possibile dalle strade molto trafficate;
  • proteggere l’orto con siepi e barriere vegetali, pacciamatura oppure con i teli bucati che si usano contro le erbacce;
    far analizzare il terreno su cui si decide di coltivare: se si è alle prese con un suolo problematico, può essere utile acquistare un substrato commerciale di buona qualità   (diffidare di quelli a buon mercato, che possono essere più dannosi che utili). Può valere la pena di spendere qualcosa nelle analisi di verifica della presenza di metalli pesanti, PCB, idrocarburi o altri inquinanti chimici;
  • accertarsi che il sito non sia stato in passato un’area industriale successivamente lottizzata; se lo è, verificare con accuratezza che sia stata bonificata;
    realizzare una barriera di canne;
  • nel dubbio, investire nell’acquisto di vasi di terriccio di qualità certificata nei quali seminare gli ortaggi, piuttosto che coltivare direttamente sul terreno;
    produrre il proprio compost con i resti di cucina, preferibilmente utilizzando solo la frazione vegetale;
  • scartare le foglie esterne degli ortaggi e lavarli accuratamente;

I terreni agricoli
Ricordiamoci comunque che anche gran parte dei terreni agricoli sorge vicinissimo a zone altamente antropizzate e in caso di agricoltura convenzionale le coltivazioni sono intensive. In questi terreni, dai quali arriva tanta della frutta e della verdura che compriamo al supermercato, possono benissimo finire metalli pesanti contenuti nei gas di scarico delle auto e nei fumi degli inceneritori e delle fabbriche. Ci finiscono i pesticidi e, non ultimo, anche quello pseudo-compost costituito dai rifiuti organici cittadini, la cui composizione assomiglia a un cocktail di sostanze fuori controllo, compresi residui chimici e farmaceutici. Ci sono però anche i terreni agricoli “puliti”, così come ci sono i terreni urbani “puliti”. Non occorre fare altro che agire con senso critico, prudenza e utilizzando le informazioni a disposizione per trovare le giuste soluzioni ai problemi.

Fonte: AAM Terra Nuova, settembre 2014
(Articolo pubblicato su web da: www.sinergieperlorto.wordpress.com per  gentile concessione di Terra Nuova Edizioni  – http://www.aamterranuova.it/)

Note:

[1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22445920

[2] Sam Wortman, ricercatore dell’Università dell’Illinois, è co-autore di questo rapporto pubblicato sul Journal of Environmental Quality: http://www.agronomy.org/publications/jeq/abstracts/42/5/1283

[3] I ricercatori della North Carolina State University hanno pubblicato alcuni interessanti e utili suggerimenti: http://www.soil.ncsu.edu/publications/Soilfacts/AG-439-78_Urban_Soil_Contaminants.pdf

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