Non sempre è facile far fronte alla vita. La quotidianità, la routine, la noia e spesso la mancanza di senso, sono potenti nemici del vivere.

A maggior ragione in una società votata alla crescita economica e alla competizione, tutto o quasi, si riduce a numeri e prestazioni. Se fai e lo fai bene, in grande, allora vali ed hai diritto di cittadinanza. Diversamente sei quasi un peso.

Gli anni che stiamo vivendo sono però quelli ultimi di una società fondata sui principi di crescita illimitata, competizione esasperata, poco rispetto per la natura, non senso.  Anche se alcuni segnali sembrano dirci il contrario siamo come  dinnanzi agli ultimi rantoli di un animale feroce ferito. Consapevoli che sono anche quelli più pericolosi. Il colpo di coda è sempre dietro l’angolo.

Viviamo periodi di smarrimento esteriore che sono espressione di quello interiore.

Per decenni abbiamo pensato e ci hanno inculcato che il lavoro qualifica la persona. Ed oggi che viviamo una profonda crisi del concetto di lavoro, è normale che tale crisi si riversi sulla persona stessa. Rendendola fragile più del dovuto. Smarrita. Insicura. Depressa.

Il lavoro salariato andrebbe distinto dal concetto più ampio di lavoro. Ma questo è un capitolo diverso.

Oggi è tutto il sistema “vita” che va rivisto e rielaborato. Per  cosa viviamo? Che cosa produciamo? Perché lo produciamo? Che vantaggi reali possiamo ottenere per tutti quanti gli esseri viventi?

Fino a quando questi temi resteranno sempre marginali dalle agende politiche ed economiche, non andremo da nessuna parte. Siamo destinati ad una schizofrenia collettiva alienante.

Cosa fare?

La cosa più importante è rimettere al centro l’umano. Quello che è propriamente caratteristico dell’essere umano. L’anima o se vogliamo la spiritualità che ogni essere umano possiede. Non sto qui parlando di fedi religiose, di dogmi o di credi, ma sto parlando di quello che da millenni ogni generazione ha sempre cercato: il rapporto con il proprio mondo interno.

Forse, se oggi viviamo delle situazioni fortemente alienanti, disagi sempre crescenti, disturbi psicosomatici, e forti difficoltà anche nelle normali relazioni quotidiane, forse tutto questo è dovuto al nostro progressivo allontanarci dal mondo interiore.

Non sappiamo più stare con noi stessi. Con le nostre luci e le nostre ombre. Anzi, preferiamo esorcizzare le ombre, finendo per ingigantirle. Non sappiamo più restare in silenzio. Lo temiamo così tanto che appena rientriamo nelle nostre case dobbiamo avere qualcosa di sottofondo, solitamente la tv.

Eppure proprio nel silenzio siamo stati concepiti e nel silenzio si sono formati i nostri organi. E sempre nel silenzio continua a formarsi l’essere che siamo, anche se non sempre ne siamo consapevoli.

Abbandonando o delegando il rapporto con il nostro mondo interiore, abbiamo abbandonato noi stessi. Abbiamo delegato ad altre società la nostra felicità. Ci siano fatti dettare l’agenda dal guru di turno o dalla moda del momento. Ma noi stessi dove siamo?

Non sappiamo più quali sono le nostre passioni, le nostre reali caratteristiche, quelle che nei primi anni di vita erano evidenti. Le abbiamo smarrite, o meglio diluite dove il sistema ha voluto che fossero diluite.

La paura di non sopravvivere ci ha fatto abdicare per il più sicuro posto di lavoro senza passioni. Perché la vita è fatta di cose concrete. Ma questa concretezza però sempre spesso sta diventando paurosamente sinonimo di autenticità.

Ma siamo veramente noi stessi, autentici, quando facciamo cose che ci rendono spenti? Stiamo facendo davvero del bene a noi stessi e a chi ci sta intorno, quando rinunciamo a ciò che ci abita veramente nel profondo? Siamo noi stessi quando ci pieghiamo o scendiamo a compromessi grossi col sistema imperante dimenticandoci di vivere? Eppure la vita è sempre una sola ed anche sempre più incerta.

Sono fortemente persuaso che sia arrivato il tempo di iniziare una reale rivoluzione culturale, un rovesciamento di paradigma. A decenni di colonizzazione mentale votati al denaro e alla crescita come unica fonte di gioia e felicità, credo sia arrivato il momento di mettere al primo posta la propria spiritualità e il proprio mondo interno al centro della reale vita di ogni giorno.

Non sarà una rivoluzione facile ma sicuramente è necessaria. I segnali di tale esigenza ci sono tutti e molte persone sono già molto ben incamminate su questa strada.

Il salto di qualità avverrà quando tale rivoluzione sarà in grado di arrivare nelle così dette “sale dei bottoni” e di essere in grado di togliere lo scettro al potere economico e di rendere questo al servizio dell’uomo e non viceversa come è ora.

Impossibile?

Alessandro Lauro

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