Un nuovo rapporto FAO denuncia che ogni anno vengono applicati ai terreni coltivati circa 115 milioni di tonnellate di fertilizzanti minerali azotati e ben il 35% di questi raggiunge gli oceani

Potremmo credere che sia colpa dell’attività industriale e dei processi di urbanizzazione. In molti paesi, invece, la più importante fonte di inquinamento delle acque è rappresentata dall’agricoltura, responsabile dell’immissione di grandi quantità di prodotti chimici, materiali organici e sedimenti. Tra questi, il più comune è il nitrato.

Basti pensare che a livello globale, ogni anno, vengono applicati ai terreni coltivati circa 115 milioni di tonnellate di fertilizzanti minerali azotati e ben il 35% di questi raggiunge gli oceani. A sostenerlo è la rassegna “More People, More Food, Worse Water?” lanciata dalla FAO e dall’International Water Management Institute.

 

A partire dagli anni ’60 – si spiega – l’uso di fertilizzanti minerali è cresciuto di circa dieci volte e le vendite globali di pesticidi sono consensualmente aumentate raggiungendo un giro di affari di 35 miliardi di dollari l’anno. In aggiunta, con l’intensificarsi della produzione di bestiame, è emersa una nuova classe di sostanze contaminantiantibiotici, vaccini e fattori di crescita ormonali. E un altro comparto in rapida espansione, l’acquacoltura, è ora responsabile del rilascio, nelle acque superficiali, di escrementi, mangimi e ancora antibiotici. Tanto che, attualmente, più di 700 inquinanti emergenti sono stati rilevati nell’ambiente acquatico dei paesi europei.

 

 

Il risvolto economico non è certo di scarsa rilevanza: secondo stime recenti, l’impatto dei pesticidi sulle specie non-bersaglio (tra le quali quella umana) si aggira intorno agli 8 miliardi di dollari l’anno nei paesi in via di sviluppo, che sono responsabili di un quarto del consumo agricolo mondiale di tali sostanze e di ben il 99% dei decessi ad esse correlati.

 

La contaminazione delle risorse idriche rappresenta una sfida complessa e come tale, richiede una gestione articolata: limitare alla fonte la fuoriuscita di sostanze inquinanti o intercettarle prima che raggiungano l’ecosistema è solo uno degli approcci possibili.

Oltre alle agevolazioni fiscali, possono essere utilizzati alcuni strumenti, semplici ma efficaci, come la gestione integrata dei parassiti. Un aiuto dalla natura nell’attesa che la tecnologia porti ulteriori innovazioni. Tra queste, le nuove tecniche di riciclaggio dei nutrienti come i biodigestori dei rifiuti agricoli.

 

Per invertire la rotta possono giocare un ruolo strategico tutti gli attori coinvolti, istituzioni e imprese, ma anche i comportamenti individuali pesano.Una stima inclusa nel rapporto indica che l’inquinamento da azoto derivante dagli sprechi alimentari ammonta a 6,3 teragrammi all’anno. Ovvero un milione di tonnellate. Eliminandone anche solo una parte, come inizio non sarebbe male.

 

* quoted business 

 

Fonte: FAO 

Fonte: LaStampa.it

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