Acqua. Una grossa occasione di riscatto. Perduta. Il Partito Democratico avrebbe potuto cambiare strada e cercare di recuperare un rapporto con i movimenti. Giocare in prima persona (come dovrebbe fare un partito che ambisce a diventare una forza popolare) una partita strategica. Quella per l’Acqua Pubblica. Segnando una differenza importante con il centrodestra. Rispondendo con i fatti a chi l’accusa di essere il PDL meno L.
Da più parti, sopratutto dalla base, si sono moltiplicate le richieste e gli appelli ai vertici del partito, a Bersani &co, di stare dalla parte dell’Acqua Pubblica. Ma la cosa era, ovviamente, poco praticabile.
 

Sarebbe stato necessario smentire un bel po’ di recente passato (mentre con quello più remoto forse ci si sarebbe riappacificati). Impossibile smentire coloro i quali, proprio nel PD e nei partiti originari, hanno preparato gran parte del terreno culturale su cui si è poi impiantata la stessa legge sulla privatizzazione del servizio idrico e di gran parte dei servizi pubblici. Oltre alla storia di Bersani, si sarebbero dovuti abiurare i vari Bassanini (marito dell’Ex Ministro Lanzillotta, trasmigrata nell’API di Rutelli) e i consoli, più o meno locali, che interpretando il motto “noi siamo liberisti come e più degli altri”, pensavano e pensano tutt’oggi che le privatizzazioni possano essere una soluzione, anzi la soluzione, per i problemi del paese. Privatizzazioni che, al contrario, hanno rappresentato un grande arretramento, sia in termini di qualità che di quantità, nei servizi pubblici ai cittadini, nonchè un generale impoverimento del patrimonio dello stato.

Molti pensano che il Partito Democratico avrebbe dovuto abbracciare (come hanno fatto molti circoli locali e militanti, cui va la mia totale simpatia e vicinanza), le migliaia di cittadini che si sono mobilitati in difesa di un bene comune, ritrovando un po’ di anima smarrita. Ma il segretario Bersani, dopo aver sostenuto in passato il processo di privatizzazione dell’acqua avviato proprio dal centrosinistra, non è potuto andare oltre un balbettio su una fantomatica petizione. Poi, subito dopo la consegna delle 1,4 milioni di firme in cassazione, si sono addirittura levate all’interno del PD voci contro il movimento per l’Acqua Pubblica, guidato da un gruppo di giovani (aspiranti classe dirigente) desiderosi di posizionarsi bene nell’evoluzione marketing-manageriale del PD. Voci che hanno costituito addiritura un comitato per il NO.

Così, riassumendo, la base, i circoli, i militanti sembra che stiano con i movimenti per l’Acqua Pubblica (almeno così dimostrano le centinaia di banchetti organizzati in tutta Italia per raccogliere firme a favore del referendum). Ma la svolta del vertice del Partito non arriva. Ne arriverà. Non potrà arrivare.

Perchè? Perchè il PD nazionale, sull’acqua, come su altri temi scomodi e scivolosi (gestione del territorio, nucleare, inceneritori) fa acqua. I suoi vertici, avendo condiviso la filosofia che ha portato alla legge approvata di recente dal centrodestra, sarebbero messi seduta stante sotto processo per tradimento dall’establishment economico che ha dettato questa privatizzazione (come tutte le altre). Sarebbero vanificati anni di lavoro per ottenere l’accreditamento presso le alte sfere del mondo che conta (di solito i soldi, perchè ne ha molti).

Perchè il PD fatica a ritrovare una sua anima. Una sua visione sui temi strategici e che segnano un discrimine con chi si colloca dall’altra parte del campo. E faticherà a lungo. Almeno fino a quando a guidarlo saranno dirigenti che, se una volta sognavano il sol dell’avvenir, oggi si accontentano di una comparsata nella commedia tragica del mondo globalizzato, dove il mercato selvaggio prevarica tutto e divora i beni comuni. L’Acqua, la Terra, l’Aria e l’Energia.

Arriverà la primavera? Lo sperano in tanti. Dentro e fuori.

Fonte: www.domenicofiniguerra.it

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