Perché i pochi agricoltori rimasti (quelli che coltivano la propria terra), pur avendo prodotti di qualità, hanno difficoltà a venderli?
La risposta rimanda a un fenomeno che con la conferenza “Prendi 3 paghi dopo” è stato approfondito lo scorso 30 ottobre dal circolo MDF di Urbania, esplorandone le cause e le  ripercussioni.

Da diversi anni il consumatore associa la qualità di un prodotto al nome con il quale viene commercializzato, finendo per dare più importanza al contenitore che al contenuto.
La scelta del consumatore comune – in genere poco competente nel valutare le differenze nutrizionali fra i vari prodotti – si orienta, infatti,  per lo più verso quelli concorrenziali e preferibilmente “di marca”, trascurando i locali (dei nostri agricoltori), di qualità e quindi anche di prezzo superiori agli analoghi prodotti distribuiti in un supermercato.

Inoltre, l’interesse della grande distribuzione verso prodotti standard – disponibili in grande quantità ed a basso costo – sacrifica di fatto la qualità; è naturale, quindi, che  il piccolo produttore venga  messo fuori gioco. Pertanto, l’apertura di un supermercato provoca in tempi più o meno lunghi danni al tessuto produttivo (economico, sociale, ecc.) del territorio, secondo un meccanismo che si può riassumere nelle seguenti due modalità:

– i produttori locali vedono sempre più assottigliarsi il numero dei loro clienti, finendo per chiudere, o adattandosi a sopravvivere;
– solo una piccola parte del capitale che i consumatori riversano nelle casse del supermercato viene reinvestito nella comunità (per lo più sotto forma di stipendi per i dipendenti locali).

Tutto ciò finisce per impoverire un territorio, rendendolo dipendente dal punto di vista alimentare, in quanto non più in grado di produrre ciò di cui ha bisogno.

 

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