13.709.248.330 di metri cubi di acqua. Questo è quanto sprechiamo annualmente in Italia per tentare di riempire le nostre tavole di verdure (Fonte Last minute Market). E molto del cibo prodotto in agricoltura viene cestinato. Circa lo 0.83% del PIL, che sembrerebbe poco ma di questi tempi è davvero un’enormità.

Ora è bene prendere coscienza di questi dati per fare una giusta riflessione sui nostri stili di vita. Il ritorno all’agricoltura è una cosa ottima e da incentivare. Il passo ulteriore è quello di ritornarvi con i giusti strumenti.

Innanzitutto andrebbe chiarito che tipo di ritorno all’agricoltura stiamo praticando, incentivando e auspicando. Se stiamo parlando di agricoltura sempre su larga scala e per grande distribuzione allora stiamo facendo solo green washing. È un po’ quello che i grandi marchi forse fanno e di cui abbiamo prova nei super mercati. I famosi reparti bio sorti dalla sera alla mattina. Per carità già se ne parli e qualcuno dei big senta il bisogno e la necessita di dichiararsi per il bio sano e buono, significa che una bella vittoria l’abbiamo ottenuta. Sulla reale qualità in presenza di una forte domanda e una crescente produttività avrei qualce sano dubbio da approfondire e chiarire. Ma non mi lamento e guardo con piacere il cambio di rotta.

Ma ritornando all’agricoltura, mi chiedo quanto valga la pena incentivarne il ritorno se comunque questo alimenta lo spreco di un bene primario quale l’acqua.

Se per mettere sulla mia tavola devo contribuire allo spreco di acqua del 70% annuo, forse è il caso si modificare le nostre abitudini mangiando diversamente? Dove per diverso intendo un’agricoltura di scala ridotta, sempre di più a km0 e sempre di più di qualità.

Ancora. Un’agricoltura che sappia mettere tra le sue priorità il nutrimento personale di chi la pratica e poi subito dopo la riduzione degli sprechi e quindi della sua impronta ecologica.

So che tutto questo può sembrare eccessivo e anche noiso. In effetri sembra che non ci si accontenti mai. Ed è vero. Non ci accontentiamo. E questo perché accontentarsi significherebbe abbandonarsi a logiche vecchie colorate di verde che non risolverebbero nulla.

Mentre al contrario noi abbiamo urgente bisogno di logiche nuove che resettino le vecchie che dal secolo scorso alimentano ed inquinano le nostre menti.

Ridurre gli sprechi significa nuova etica dello stare nel mondo e della cura della terra. Significa investire in nuove tecnologie con impatto (quasi) zero sull’ambiente. Ed esistono già in commercio. Significa nuovo modo di rapportarsi col nostro corpo e nuova consapevolezza alimentare e personale. Significa diventare sempre di più esseri umani degni di tale definizione.

La nostra insalata o il nostro piatto unico al ristorante bio non deve essere solo buono e salutare per noi e per il nostro stomaco ma anche per la terra e tutti i suoi abitanti. E’ tutto nelle nostre mani. Da ora. Ogni giorno.

 

Alessandro Lauro

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