Articolo scritto da Massimo Semprini

Partecipare al bike tour del Movimento della Decrescita Felice ha una controindicazione, è inutile negarlo, ed è quello di tornare e risucire a spiegare la bellezza dell’esperienza vissuta a chi te lo chiede.

Per provare a raggiungere l’obiettivo ho pensato di scrivere una “immagine” per ogni giorno di bike tour, così magari se altri partecipanti lo vorranno fare potrà venire fuori un “album” di ricordi scritti.

Primo giorno: Roma

L’immagine che ho impresso nella memoria è l’uscita della ciclabile a Monte Mario e l’entrata nell’ex manicomio. Siamo passati dalla ciclabile, priva di macchine ma ricca di movimento, ad un primo shock all’uscita con il “solito” traffico di Roma per poi entrare in una sorta di tesoro nascosto, un parco silenzioso costeggiato di piccoli fabbricati non invasivi. Una meraviglia che strideva con il passato di quel luogo che poteva contenere fino a 2.000 internati.

Nella foto: se non bastassero le sensazioni che dà un luogo come un ex manicomio, ci pensano dei bellissimi murales a scuoterti ancora di più

Secondo giorno: Roma-Velletri

Giorno lungo e ricco di momenti belli, però l’immagine non può che essere quella dell’Appia antica. Io non la conoscevo e quindi per me è stato uno stupore continuo poter transitare una via intrisa di storia, dai sampietrini per terra alle ville che la costeggiano, dai monumenti che vi si affiacciano alle statue e resti romani che la punteggiano, una meraviglia continua. Se il genere umano fosse guidato da una idea di ben-essere, dalla possibilità che ognuno possa godere della bellezza che ci circonda, dal condividere questa bellezza con tempi e modi rispettosi di tutti, allora si dovrebbe preservare Roma come un vero patrimonio dell’umanità e non sfruttarla fino ad arrivare a distruggerla, per questo mi sembra si possa dire che Roma è il paradigma del nostro Pianeta, che stiamo sfruttando in maniera scriteriata.

Nella foto: La via Appia antica al tempo dei romani o ai giorni nostri?

Terzo giorno: Velletri-San Felice Circeo

Nello spostamento tra Velletri e San Felice Circeo ci fermiamo a Borgo Hermada per partecipare a una manifestazione per la sicurezza dei ciclisti promossa in particolare dalla nutrita comunità sikh di lavoratori agricoli che abitano nella zona e che si muovono per lo più in bicicletta. Bello poter dare testimonianza per un problema complesso che lega sicurezza sulle strade, legalità del lavoro, immigrazione e integrazione.

Nella foto: un momento della manifestazione

Quarto giorno: San Felice Circeo

A San Felice Circeo visitiamo un’azienda agricola che stimola la nostra attenzione e ci lascia veramente tanti quesiti. Il titolare ci descrive la sua azienda evidenziandone sia il rispetto del territorio (coltivazioni biologiche con minimo uso di trattamenti chimici), sia il rispetto del lavoro (sottolineando più volte il clima di “gruppo” con i propri dipendenti). Il punto più controverso è dato dalla commercializzazione dei prodotti che avviene principalmente con catene della grande distribuzione estera, in particolare ci rimane impresso un suo prodotto: il cocomero, che viene spedito in Inghilterra per essere sbucciato, tagliato a cubetti e venduto in quarta gamma ad una grande catena di supermercati inglesi.

Nelle foto: il consiglio del gruppo del bike tour su un utilizzo più intellingente del cocomero rispetto alla spedizione in Inghilterra: l’anguria alcolica!!!

Quinto giorno: San Felice Circeo-Itri

Nel trasferimento da San Felice Circeo a Itri ci fermiamo nell’incantevole borgo di Sperlonga. Qui avviene la solita “magia” del bike tour: la bici di Gatto ha un carrello con cui trasporta l’occorrente per lo spettacolo di Altri Mondi bike tour e la sera ci sarà lo spettacolo in piazza a Itri. Durante il tragitto una ruota del carrello ha avuto tutti i problemi possibili. Sono le cinque di pomeriggio e in una piazzetta a picco sul mare nel centro di Sperlonga, mentre la gente passeggia, l’equipe dei meccanici dello Zero Oil Tour sta cercando di riparare la ruota del carrello di Gatto inserendo un pezzo di plastica tra la camera d’aria e il copertone della ruota. La “magia” del bike tour è questa: pur essendo a poche ore dallo spettacolo con una bici in panne, vari km in salita da fare, nessuno pensa vermente che qualcosa possa andare storto, ma si respira un’aria fiduciosa e tutto si sistemerà (cosa che puntualmente si è avverata, la sera infatti ci sarà lo spettacolo di Altri Mondi bike tour).

Nelle foto: meccanico al lavoro con sfondo marino e un momento di Altri Mondi bike tour

Sesto giorno: Itri

Anche il giorno passato ad Itri è stato caratterizzato da una visita ad un frantoio che ha lasciato aperte nel gruppo molte domande. Da un lato infatti sono stati evidenziati una serie di elementi positivi per la ricaduta sul territorio e per la legalità del lavoro, dall’altro sono emersi una serie di elementi su cui riflettere come ad esempio la vendita da parte del frantoio ai propri soci di prodotti chimici dannosi per l’ambiente oppure la distribuzione dei prodotti secondo le logiche della grande distribuzione organizzata. Come sempre, quindi, la realtà propone esempi e storie rappresentative più complesse delle teorie e dei principi ideali e costringe il gruppo a riflessioni e dibattiti che aiutano a crescere. A Itri c’è stato però il tempo anche di fare due passi per visitare il paese ed imbattersi in un gruppo di amici che invece di stare in casa “occupano” un garage per poter stare in compagnia.

Settimo giorno: da Itri a Castelvolturno

La parola d’ordine per definire Castelvolturno non può essere che una: contrasto.
Il contrasto che si percepisce nitidamente tra il degrado ambientale (dalle discariche a cielo aperto a costruzioni senza nessuna idea di sostenibilità ambientale e paesaggistica) e l’entrare in un caseificio realizzato in un immobile confiscato alla camorra, l’emozione che ti assale leggendo sul muro la scritta “Qui la camorra ha perso” o vedendo la fierezza e il coraggio di chi quotidianamente opera in questo territorio di confine.
Il contrasto tra un paese che sembra senza speranza e una serata magica passata in una villetta che ospita un campo estivo di Libera, in cui si è mangiato bene con i prodotti di queste terre, ballato e cantato in uno stupendo mix tra musica del sud e del nord di questo nostro Bel Paese.

Nella foto: il caseificio delle Terre di Don Peppe Diana, un seme di speranza per queste terre

Ottavo giorno: da Castelvolturno a Napoli

Tante sono le immagini dei due giorni passati a Napoli. Ma la mia scelta ricade su due immobili, due esempi di beni recuperati per la cittadinanza, due modelli diversi di gestione ma con finalità simili, due modalità di interpretare la possibilità di portare cultura e intelligenza in contesti spesso caratterizzati da degrado.

Il primo è FO.QU.S (Fondazione Quartieri Spagnoli) un grande immobile completamente ristrutturato e messo a disposizione di soggetti attivi sul territorio (da associazioni a start up) in un quartiere spesso salito agli onori delle cronache per motivi non sicuramente edificanti. A FOQUS abbiamo conosciuto alcune interessanti realtà che provano a costruire qualcosa di più “decrescente” in un sistema economico ancora del tutto orientato in un’altra direzione.

Nella foto: i protagonisti della serata a FOQUS

Nono giorno: Napoli

Il secondo immobile è il luogo dove siamo ospitati, l’ex Asilo Filangieri. Questo è sicuramente un posto ricco di fascino sia perché è un grande complesso nel centro di Napoli restituito ad una funzione di utilità sociale per la gente del quartiere, sia perché è un vero e proprio esempio di gestione di un bene comune (non c’è nessun soggetto o associazione che gestisce il complesso ma tutto è deciso da un’assemblea aperta che decide con il metodo del consenso), sia perché la chiacchierata fatta con alcune persone attive nell’ex asilo mi ha fatto conoscere un modo di essere attivi sul territorio senza azioni eclatanti ma con la pazienza e l’ostinazione che servono per raggiungere bei risultati.

Nella foto: le chiacchierate del bike tour, confronti sempre stimolanti e interessanti

Decimo giorno: ritorno a casa

Il ritorno a casa del bike tour è il primo momento di sedimentazione delle esperienze vissute. Si viaggia in treno e quest’anno il viaggio è durato 12 ore e quindi ha consentito tante riflessioni, propositi, idee.
L’ultima immagine non può che essere quella del gruppo, dei compagni di viaggio che vedi per pochi giorni in un anno ma senti istantaneamente amici, e non con l’accezione dei social network ma con il significato di persone con cui sei lieto di aver passato del tempo e condiviso delle esperienze, arricchendoti delle tante diversità presenti e rimanendo con il desiderio di potersi rivedere quanto prima.

Grazie a tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *