di Linda Maggiori per Il Manifesto (ripubblichiamo qui con il consenso dell’autrice)

 

La crescita economica è compatibile con la riduzione dell’impatto ambientale?

Il report edito dall’European Environmental Bureau e tradotto in italiano dal Movimento Decrescita Felice, con postfazione di Michel Cardito e Karl Krahmer (edizioni Luce 2020) è un libro agile, chiaro, puntuale, corredato da molti dati e ricerche.

TUTTI I SOSTENITORI della cosiddetta «Crescita Verde» si basano sull’assunto che sia possibile raggiungere il «disaccoppiamento», ovvero ottenere una crescita economica e contemporaneamente ridurre gli impatti ambientali (rigenerare le risorse, abbattere le emissioni…). Purtroppo, secondo il report, finora non è mai stato osservato un disaccoppiamento assoluto, permanente (capace di durare nel tempo) e globale (in tutto il mondo), tale da permettere una efficace riduzione delle emissioni per limitare il riscaldamento globale entro 1,5°, come previsto dall’accordo sul clima di Parigi.

IL DISACCOPPIAMENTO è avvenuto solo localmente, nei paesi ricchi, anche a causa della delocalizzazione di molte industrie nei paesi più poveri (dove vigono vincoli sociali e ambientali molto meno stringenti): le emissioni quindi sono state soltanto «spostate» e non ridotte globalmente.

PRENDENDO in considerazione tutti gli impatti, e non solo le emissioni di gas serra, si nota inoltre come l’estrazione globale di materie prime è moltiplicata enormemente, di pari passo alla crescita economica. Anche l’impronta ecologica è aumentata in modo direttamente proporzionale alla crescita economica (aumento del 6% ogni 10% di crescita del Pil) nei paesi ricchi.

LO SPAZIO OCCUPATO pro capite è aumentato, e con esso la superficie cementificata (case più grandi, indipendenti, più auto, più parcheggi…) con il crescere del reddito. «L’effetto rimbalzo» è uno dei fattori che limita la possibilità di disaccoppiare crescita economica e impatto ambientale: quando si afferma una tecnologia più efficiente, spesso se ne abusa.

NUOVE SOLUZIONI tecnologiche così possono creare nuovi problemi o peggiorarne altri: se puntiamo tutto sull’auto elettrica, senza ridurre il tasso di motorizzazione, e senza incentivare alternative più sostenibili (bici, piedi, mezzi pubblici), ci troveremo con gli stessi problemi di occupazione di spazio, incidenti e cementificazione ma anche con altri problemi, come l’estrazione dei metalli rari (litio rame e cobalto) che sono necessari per costruire le batterie, e che hanno essi stessi un elevato impatto sull’ambiente.

IL LIBRO NON METTE in dubbio la necessità di sviluppare tecnologie efficienti e incentivare l’energia rinnovabile, per poter uscire dall’era fossile. I ricercatori sostengono però «la necessità di integrare le politiche per l’efficienza, con politiche per la sufficienza».

LO STESSO RICICLO non può essere la panacea dei mali ambientali, in quanto non tutte le risorse possono essere riciclate al 100% e anche il riciclo implica un dispendio energetico. Il materiale riciclato (pensiamo alla plastica) non è riciclabile infinite volte, ad ogni passaggio perde di qualità, fino a diventare non più riciclabile.

OGNI ANNO SI CONSUMANO più risorse di quelle che il pianeta è in grado di riprodurre nel corso dello stesso anno: il debito con i paesi impoveriti e con le future generazioni è sempre più drammatico.

AMMINISTRATORI, DECISORI e cittadini dei paesi più ricchi dovrebbero iniziare a ragionare su un nuovo modello di economia e di società basato sulla sufficienza: ridurre il tasso di motorizzazione, mangiare meno carne, consumare e produrre meno (e anche diminuire le ore di lavoro), comprare cibo locale e di stagione, ridurre lo spazio che serve per stare bene, condividere gli oggetti, autoprodurre. Soluzioni alternative che già si stanno sperimentando da reti di cittadini, associazioni e movimenti.

IN FONDO, «L’IDEA CHE tutti i paesi del mondo possano raggiungere gli attuali livelli di ricchezza e consumo, è pura illusione. La riduzione dei consumi (e della produzione) nei paesi ricchi, è la base di una giustizia ecologica globale e intergenerazionale».

 

 

(I proventi del libro, salvo le spese vive, saranno devolute al Movimento per la Decrescita Felice)

 

5 thoughts on “Su “Il Manifesto” si parla del mito della crescita verde”

  1. Il COVID ha prodotto, per alcuni aspetti, un periodo di decrescita. Forse non felice, dato il tanto dolore, ma comunque, più tranquillo. Ad esempio ha costretto al silenzio notturno le tante movide di Roma, non ultima quella sotto casa mia, a p. Melozzo da Forli.
    Mi chiedo se l’emergenza finirà, o se sarà un prodromo della gabbia globale, ma se finirà, sapremo conservare un pò di questa tranquillità, o ci si ubriacherà di nuovo di consumi inutili ?
    Buon lavoro.
    Franco Paolinelli

  2. Cat1459WebSocialFbAsiterProfGFCecchiniMondoOccidenteOrienteSovrappopolazionePaesiRicchiPoveriSviluppoCrescitaContinuaConsumiImpattiEconomiaSocietaAmbienteNeoAntropocenePandemiaNuoviModelliVitaRapportoUomoNaturaConoscenzaTempoLiberoViaggiR22.3.2021
    Sul problema della sovrappopolazione mondiale che facciamo? Sterilizziamo buona parte degli Africani e di altri Paesi poveri del cosiddetto Terzo Mondo, dove si fanno molti figli perchè parecchi ne muoiono.
    Non possiamo fermarci soltanto su questo problema, che certo andrebbe affrontato donando loro milioni di preservativi e altri contraccettivi, anche senza permesso di religioni o consuetudini sociali che non vogliano permetterlo.
    O decidiamo che soltanto i paesi più ricchi possono continuare le loro specie?. Già questi, con il vincolo privato dei brevetti sui vaccini, non vogliono distribuirli gratuitamente e quindi partecipano indirettamente ad eliminare parte di quelle popolazioni.
    Sono i Paesi ricchi che consumano più Suolo, più Acqua, più Energie e che impattano maggiormente sugli ambienti naturali. Il Neoliberismo che diventa anche Neocolonialismo con lo sfruttamento delle risorse territoriali dei Paesi poveri e la loro sottomissione politica ai loro interessi economici e finanziari.
    I Paesi più poveri hanno bisogno di più componenti familiari per i lavori nei campi, come succedeva nell’ottocento anche in quelli Occidentali, divenuti poi industriali, terziari e quaternari.
    Rendiamoci conto che storicamente siamo stati noi Occidentali, che abbiamo tra l’altro le Armi più sofisticate, che abbiamo spinto troppo sullo sviluppo continuo crescente e dipendente sempre più da quello finanziario e che abbiamo realizzato uno sviluppo squilibrato interno con notevoli differenziazioni fra classi sociali e maggiori impatti ambientali.
    Certo sulla nostra scia si sono posti altri Paesi Orientali, in particolare Cina e Russia facendoci anche concorrenza e diventando un fenomeno globalizzato che sembra inarrestabile.
    Soltanto, dopo l’esperienza della pandemia da Covid19, dovrebbe essere possibile creare uno scenario globale che indichi a tutta l’Umanità una nuova via per un NeoAntropocene che permetta un ritorno ad un rapporto Uomo-Natura equilibrato e rispettoso, anche se tecnologicamente avanzato.
    Dobbiamo, soprattutto con le nuove generazioni, perdere qualcosa nello sviluppo che non potrà essere continuo, per acquistarne altre in termini di coesione sociale e di rapporto con gli ambienti naturali.
    Far crescere le Comunità Locali in modo che possano contrastare l’invadenza degli effetti negativi della globalizzazione e abbattendo il Moloch dei poteri globali di qualunque tipo siano.
    Verso una società più lenta, non consumistica, con meno lavoro e più tempo libero, con ritorni alla Terra, nuovi lavori anche a servizio delle Comunità, più tecnologica con i Robot Umanoidi ma anche più culturale e democratica con voglia di conoscere il Mondo e capace di iniziative dal basso per una nuova politica partecipata.
    Se non riusciremo a far questo potremmo correre un rischio anche maggiore e cioè che in tutto il Mondo cresceranno le guerre locali per gli effetti disastrosi del mix modifiche climatiche, migrazioni di intere popolazioni, povertà e carestie e crescita dei poteri dittatoriali per la nuova necessità di controllo dei popoli.
    Anteprima per una terza guerra mondiale che potrà portare alla quasi scomparsa del genere umano?

  3. Parliamone dal vivo, il 9/5 od il 23 /5 od il 6/6 mattina a via della caffarella 23, Parco dell’Appia, facendo un laboratorio di manipolazione del legno degli alberi di Roma.
    Ciao a Tutti.
    Franco

  4. Nei PS, secondo i demografi, nei PVS è iniziato il decremento demografico, i ragazzi delle nuove generazioni si stanno abituando a vivere chiusi nel loro loculo, rapportandosi con il resto del mondo in modo virtuale ed alimentandosi in modo sempre più banale, facendo anche sesso virtuale, mentre la riproduzione viene affidata a strutture deputate, portando alla perdita, in poco tempo evolutivo, della nozione biologica di uomo e donna.
    I PVS sembrano molto lontani da queste linee evolutive, c’è quindi da chiedersi come i PS proveranno ad imporre la loro griglia, sempre più rigida ai PVS.
    Per me, nel medio lungo periodo, conservare una qualche quantità di abilità locali, di cultura materiale, corrisponde ad introdurre una qualche dosa di resilienza nel sistema.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *