A quelli nati dopo

di Bertold Brecht, 1939

 

1

 

Davvero, vivo in tempi bui!

 

La parola senza sospetto è ingenua. La fronte liscia

Indica l’insensibilità. Chi sorride

La notizia terribile

Non l’ha ancora ricevuta.

 

Che tempi sono questi, in cui

Una conversazione su alberi è quasi un delitto

Perché implica tacere così tanti crimini!

Lui che là attraversa calmo la strada

È diventato irraggiungibile per i suoi amici

Nella miseria?

 

È vero: ancora mi guadagno il mio pane

Ma credetemi: è solo un caso. Niente

Di quello che faccio mi dà il diritto di mangiare a sazietà.

Per caso mi risparmiano. (Se la mia fortuna viene a mancare

Sono perduto.)

 

Mi dicono: mangia e bevi! Sii felice che ne hai!

Ma come posso mangiare e bere quando

Lo strappo a chi ha fame quel che mangio e

Il mio bicchiere d’acqua manca a chi ha sete?

Eppure mangio e bevo.

 

Anche vorrei essere saggio

Nei libri antichi si dice cosa è saggio:

Astenersi dal litigio del mondo e passare il breve tempo

Senza paura

Anche vivere senza violenza

Ripagare il male con il bene

Non soddisfare i propri desideri ma dimenticarli

Dicono sia saggio.

Tutto questo non posso:

Davvero, vivo in tempi bui!

 

 

2

 

Nelle città venni ai tempi del disordine

Quando la fame dominava.

Tra gli umani venni ai tempi della rivolta

E mi ribellai con loro

Così passò il mio tempo

Che sulla terra mi fu dato.

 

Il mio pane lo mangiavo tra le battaglie

A dormire mi stendevo tra gli assassini

L’amore lo facevo senza attenzione

E la natura l’osservavo con impazienza.

Così passò il mio tempo

Che sulla terra mi fu dato.

 

Le strade portavano alla palude ai miei tempi

La lingua mi tradì al carnefice

Poco potevo farci. Ma i potenti

Stavano più sicuri senza di me, lo speravo.

Così passò il mio tempo

Che sulla terra mi fu dato.

 

Le forze erano poche. La meta

Stava a grande distanza

Era chiaramente visibile, ma per me

Quasi irraggiungibile.

Così passò il mio tempo

Che sulla terra mi fu dato.

 

 

3

 

Voi, che sorgerete dal diluvio

Nel quale noi siamo affondati

Ricordate

Quando parlate delle nostre debolezze

Anche i tempi bui

A cui siete sfuggiti.

 

Andavamo noi, cambiando più spesso delle scarpe i paesi

Tra le guerre delle classi, disperati

Quando solo ingiustizia c’era e nessuna ribellione.

 

Ma lo sappiamo anche noi:

Anche l’odio per la bassezza

Contorce il viso.

Anche l’ira per l’ingiustiza

Fa la voce rauca. Ahinoi,

Che volevamo preparare il terreno per la gentilezza

Noi non potemmo essere gentili.

 

Ma voi, quando sarà arrivato il momento

Che all’uomo un aiuto sia l’uomo

Pensate a noi

Con indulgenza.

 

 

NOTA DI KARL KRAHMER

Ammetto di non essere un gran lettore di poesia. Ed è una mancanza. Questa però, scritta da Brecht tra il 1934 e il 1938 mentre si trovava in esilio in Danimarca, l’ho conosciuta da piccolo in una registrazione, credo questa in cui Brecht stesso la legge.

Credo sia superfluo dire perché mi è tornata alla mente in questi giorni di guerra. Certamente, non è tutto uguale. Per esempio oggi forse non parlare di alberi è il più grande delitto, ricordandoci quello che anche oggi, nonostante tutto, è la più grande crisi del mondo: quella climatica ed ecologica. Nessun intento di sminuire la guerra contro l’Ucraina ma c’è una doppia tragicità nel fatto che dopo la pandemia è un altro evento che ci distrae dall’affrontare questo compito fondamentale dell’umanità in quest’epoca storica. Ed è un’ironia della storia che se ci fossero state politiche più efficaci in passato per renderci indipendenti dalle fonti fossili, adesso saremmo anche meno dipendenti dalle forniture della Russia.

Proprio l’impotenza di fronte a questi problemi enormi la trovo con tanta bellezza riflessa nel linguaggio cristallino e apparentemente così semplice della poesia di Brecht, che certamente sono riuscito a rendere con molta meno perfezione in italiano.

Ma non solo l’impotenza, anche l’insistenza e la voglia di ribellarsi, di voler “prepare il terreno alla gentilezza”, di fare tutto perché “i potenti stavano più sicuri senza di me”. Quello che cercava di fare, in maniera anche controversa, Brecht, e che oggi tocca fare a noi. Spero riuscendo a “essere gentili” facendolo. Ma non sempre si riesce. La questione ovviamente è dove termina la gentilezza. E che cosa c’è in mezzo, tra gentilezza e violenza.

L’originale potete trovarlo qui, mentre altre traduzioni qui

 

 

 

One thought on “La gentilezza della poesia, antidoto alla brutalità della guerra”

  1. Grazie. Grazie per la traduzione è il commento che condivido. Risvegliare la coscienza dei più é un compito arduo. Risvegliare di dorme e non vuole svegliarsi è faticoso e deludente. Si perde il coraggio. Ma incontrare queste parole e queste presenze può dare nuovo vigore. Ancora grazie Edoardo

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