La Pianura Padana ha conquistato il primato di area con l’atmosfera più malsana d’Europa. Un triste record di cui però c’è poco da stupirsi visto i ripetuti allarmi lanciati dalle autorità nazionali e internazionali (tra gli ultimi avvertimenti quello del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Agenzia Spaziale Europea) e visto l’assenza di qualsiasi presa di coscienza a riguardo.

Come se il problema dello smog non fosse una delle prime cause di morte al mondo: tre volte più dell’effetto combinato di Aids, tubercolosi e malaria e 15 volte più di tutti conflitti armati e delle altre forme di violenza. L’inquinamento uccide più di tutti gli incidenti stradali Ma a quanto pare poco importa. Non importa nemmeno che l’Italia sia ai primi posti anche di questa triste classifica: con circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico, battiamo le 86.000 della Germania, le 54.000 della Francia, le 50.000 del Regno Unito e, di molto, le 30.000 della Spagna. Una strage silenziosa che si consuma ogni giorno ma che purtroppo, agli occhi di molti, lascia il tempo che trova.

Abbiamo trasformato in discarica il sottile strato d’aria in cui viviamo e respiriamo, come d’altra parte tutti gli altri ambienti terrestri fino agli oceani e ai ghiacciai polari – ha denunciato nei giorni scorsi Luca Mercalli dalle pagine de La Stampa, aggiungendo – Tra automobili, riscaldamenti domestici accesi nonostante il caldo tardivo e disastrosi incendi boschivi nelle valli alpine, in ottobre l’intera pianura Padana si è trasformata in una camera a gas.

Certo, l’inquinamento è ovunque, ma in altre situazioni geografiche più favorevoli basta poco a disperderlo: una brezza marittima, un temporale, un po’ di vento. In Valle Padana no. Qui, a causa della sua ubicazione chiusa tra Alpi e Appennini, e dalle precipitazioni sempre più rare, elementi come polveri sottili, ossidi di azoto, benzene e monossido di carbonio fanno fatica ad abbandonare l’area.

Qui inoltre si trovano le città più trafficate e industriali d’Italia e la maggior parte delle campagne ospitano coltivazioni e allevamenti intensivi (basti pensare che nel 2015 – dati Ispra – il settore agricolo con un bel 43% è stato la maggior fonte di emissioni di metano, per rendersi conto di quanto questa campagna sia davvero poco salutare).

Per tutti questi motivi è ormai ovvio che qualche giorno di blocco del traffico, un po’ di consigli sull’utilizzo dei mezzi pubblici, sull’abbassare di un grado il termostato in casa o altre esortazioni del genere siano tanto vane quanto inascoltate, per risolvere la questione. Soprattutto se le istituzioni per prime non sensibilizzano le popolazioni sul tema. Basti pensare che a gennaio diverse città hanno rimandato il blocco del traffico per favorire l’apertura della settimana di soldi per intuire quali siano le priorità di tante amministrazioni.

“Il segnale che ci porta il fumo padano è forte e chiaro: non possiamo più aggiungere, crescere, produrre, consumare e scaricare a oltranza, costruire case, autostrade, capannoni e viaggiare compulsivamente su mezzi alimentati a combustibili fossili. Abbiamo raggiunto la saturazione, dobbiamo al più presto rallentare la corsa e stabilizzarci in una condizione sostenibile” ha aggiunto Mercalli.

E per farlo bisogna rivedere da subito il modello economico dei consumi e dei trasporti. L’alternativa? Il modello cinese. In Cina negli ultimi anni ha preso piede il business dei “rifugiati” dello smog. La nuova classe media satura degli ambienti malsani e dell’inquinamento metropolitano si sposta sempre più verso zone in cui si può ancora respirare una boccata d’aria fresca.

Purtroppo si tratta, ancora una volta, di una finta soluzione: da un lato perché l’arrivo di un numero sempre maggiore di visitatori ha già attirato palazzinari, traffico e commercio mettendo sotto pressione i luoghi prima incontaminati; dall’altro perché solo le classi più benestanti possono permettersi questo viaggetto di benessere. Un lusso, il respirare aria pulita, che ben presto sarà sempre più caro e che sempre meno persone si potranno permettere.  

Che fare quindi per evitare questa triste deriva? Iniziare, magari, dalle proprie abitudini… optare per la bicicletta, i  mezzi pubblici, i servizi di car sharing e di bike sharing, le auto elettriche, condividere la propria macchina, fare educazione ecologica attivamente, partendo dalle scuole e dalle famiglie. Ma anche mangiare meno carne, comprare biologico, limitare i prodotti che percorrono lunghe distanze, soprattutto se su ruota o in aereo. In generale consumare di meno, sotto ogni aspetto. E muoversi di più! Nell’attesa di un cambio generale delle pianificazioni politiche in materie di agricoltura e produzione industriale. Si tratta di soluzioni concrete, che si possono attuare, in parte, da subito, anche senza un’imposizione dall’alto. Ma soprattutto si tratta di soluzioni che, comunque vadano le cose, non potranno che migliorare la nostra quotidianità!

di Elena Tioli

One thought on “Pianura Padana, non si respira più! Ma non interessa a nessuno”

  1. BLOCCO AUTO, IL FUTURO DELLE CITTA’?

    La mia esperienza di torinese costretto, dalle misure antismog, a muoversi in bicicletta.

    All’inizio, devo ammetterlo, è stata dura da accettare. Inforcare la bici alle sette di mattina con tre gradi sotto zero non era il massimo. Male attrezzato e male organizzato i miei primi sette chilometri (il tratto casa-lavoro) sono stati massacranti anche se sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto di poter percorrere quasi l’intero tragitto su una pista ciclabile discretamente fluida.
    Giorno dopo giorno ho migliorato la mia attrezzatura e ben presto mi sono reso conto che tutto sommato percorrere il tragitto non era “malvagio” anzi presentava molti vantaggi: il tempo che si impiega è paragonabile a quello che si impiega in auto ma non si è sottoposti a vincoli d’orario legati al traffico, si fa attività fisica che fa sempre bene, si risparmia un pò e soprattutto si ha la consapevolezza di fare qualcosa di sostenibile e razionale.
    In effetti, i giorni precedenti, mentre mi spostavo in auto sentivo che c’era qualcosa che non andava nel fatto che per spostare i miei settanta chili dovevo “inforcare” milleottocento chili di ferro e lamiera e trasportarlo per la città con tutto ciò che ne derivava; la mia bici da corsa da dieci chilogrammi svolgeva la stessa funzione in modo molto più efficiente.

    Sento poi i commenti delle persone che si lamentano dei ripetuti blocchi e capisco i disagi che certo non mancano. Ma mi convinco che per cambiare le nostre cattive abitudini c’è pur bisogno di un piccolo sforzo. Del resto oggi circolare in auto, visto il numero dei mezzi circolanti, non da nessun vantaggio – anzi è molto disagevole. Viceversa possiamo immaginare che la guerra ai mezzi privati è una scelta ricca di prospettive. Le biciclette non creano traffico, non inquinano e liberano le strade lasciando la libera percorrenza ai mezzi pubblici che diventerebbero molto più efficienti.

    Muoversi in bicicletta comporta dei piccoli sacrifici ricchi di significato e di prospettive. Possiamo cambiare realmente le nostre città e trasformarle in paradisi di vivibilità. Immaginate autobus che viaggiano liberamente su strade liberate dalle auto private e persone che si muovono in bicicletta su piste ciclabili o su strade liberamente percorribili. Immaginate di poter respirare aria pulita!

    Onestamente non so dire se le scelte dell’amministrazione cinque stelle sia mossa dall’idea di migliorare Torino o dietro ci sia, ancora una volta, una strategia economica messa in atto per favorire la vendita di auto nuove.
    Di fatto, però, da quando seguo le vicende politiche, è una delle poche strategie adottate da un amministrazione che può portare a un reale miglioramento della vita delle persone.
    Invito i torinesi ad continuare per questa strada perchè i loro sacrifici saranno sicuramente riconpensati.

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