Come ogni anno, il periodo nero che tutti gli ambientalisti temono è arrivato. il Black Friday si porta dietro il desiderio irrefrenabile del consumatore, sempre pronto a fiutare l’occasione propizia per risparmiare qualche euro.
Negli ultimi anni la sete di acquisti si è spostata prevalentemente online, e il negozio virtuale di Amazon la fa da padrone. Camion di trasporto merci che viaggiano per mezzo mondo, quantità enormi di imballaggi di carta e plastica vengono promossi e finanziati da qualche click distratto sul mouse. Il tutto per ritrovarsi, passato l’entusiasmo iniziale, con oggetti che finiranno presto nel dimenticatoio (o in discarica), mentre il devastante impatto ambientale di questi giorni di acquisti rimarrà ben presente nell’ambiente in cui viviamo.
Prima di effettuare un acquisto, perché non domandarsi: mi serve davvero?

Parliamoci chiaro, sono relativamente poche le tecnologie socialmente necessarie ma vivendo in un sistema organizzato in funzione della massimizzazione del profitto c’è un flusso sempre più rapido di materia-energia in entrata e di rifiuti in uscita.
E la loro produzione e moltiplicazione sta esacerbando la distruzione ecologica e l’ingiustizia globale.
Con l’obsolescenza tecnologica pianificata vengono prodotti oggetti che hanno una breve durata vitale ma il cui impatto ambientale si rivela dannoso e quasi permanente, dato che provengono da processi industriali e uso di sostanze tossiche che non ritornano in modo sicuro nell’ambiente (ad esempio plastica, rivestimenti di prodotti tossici ad effetto “anti-macchia”, metalli pesanti).
Le ALTERNATIVE ci sono e sono più accessibili di quello che pensiamo: chiedi ad amicǝ se ti servono tecnologie che userai sporadicamente, sostieni le biblioteche degli oggetti, se invece ti serve un elettrodomestico in modo più regolare allora compra usato! Oppure ripara, i repair cafè sono molto diffusi sul territorio e spesso offrono servizi gratuiti o su donazione.

Di fronte al ritmo frenetico del fast fashion, che periodicamente sforna sconti, offerte imperdibili e desideri che non pensavamo di avere, noi cosa possiamo concretamente fare?
Organizzare uno swap party!
Possiamo scambiare con gli amicǝ vestiti che non indossiamo più, riducendo il consumo e promuovendo un’economia circolare e di condivisione, acquistare abiti vintage o di seconda mano che, oltre ad avere un fascino e un’identità storica, hanno un impatto ambientale molto più basso rispetto all’acquisto di abiti nuovi.
Imparare a riparare i propri vestiti può essere un atto rivoluzionario, in quanto prolunga la durata del ciclo di vita dei vestiti e riduce così la necessità di fare acquisti frequenti.
Abbracciare queste alternative al fast fashion non solo riduce l’impatto di questo settore sull’ambiente, ma incoraggia anche una mentalità più consapevole, responsabile e decrescente.

L’acquisto d’impulso è un acquisto non programmato, cioè effettuato in funzione di uno stimolo improvviso che non tiene conto della convenienza e dell’utilità.
L’acquisto d’impulso è sempre determinato da motivi irrazionali ben codificati (orgoglio, affetto, emulazione, paura) anche se vengono quasi sempre giustificati da motivi razionali.
Come evitare questi rischi?
Per i sociologi, esiste una regola aurea da tenere sempre a mente: “rimanda sempre di 24 ore ogni decisione di acquisto”.

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