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LEGGI IL PROLOGO

«Nè la rivoluzione nè la riforma possono, in ultima istanza,
cambiare una società, senza che ci sia da raccontare una storia nuova e potente,
tanto persuasiva da bloccare i vecchi miti e trasformarsi nella storia preferita…
Se si vuole cambiare una società si deve narrare una storia alternativa».
IVAN ILLICH

I Custodi del Grano

I

Una delle principali regole di Limite era la nomina, a rotazione, di alcuni custodi, che sovrintendevano alle scorte alimentari della comunità. Al tempo di cui si va narrando, oltre alla carica di Custode del Grano che era ricoperta da Maso (i custodi restavano in carica tre anni), Nunzio ricopriva la carica di Custode dei Legumi. I limitesi non erano ufficialmente vegetariani, a Limite si allevavano capi di bestiame (pochi), ma più che altro per mantenere una sorta di equilibrio generale e per produrre latte e, soprattutto, concime. L’alimentazione carnea era limitata a rare occasioni, così i legumi rappresentavano una delle principali fonti di proteine e perciò tenuti in gran considerazione.

Da quando al villaggio erano arrivati i “fuggitivi” scappati dalla pianura, la convivenza pose interrogativi importanti, e la prima fra tutti fu proprio la questione alimentare. Per l’ospitalità non ci furono particolari problemi e le famiglie dei limitesi accolsero di buon cuore i nuovi arrivati, in attesa di poter sistemare per loro un edificio in disuso che si iniziò a ristrutturare, come era consueto, lavorando tutti insieme nel tempo libero che restava dopo il lavoro nei campi. Il cibo, invece, divenne presto il “problema dei problemi”.

Le famiglie che ospitavano i nuovi venuti, comprensibilmente, videro aumentare i loro consumi e, conseguentemente, le richieste di alimenti che facevano ai custodi. E qui cominciarono le discussioni. La scuola di pensiero di Maso tendeva non solo a non concedere cereali in più, ma addirittura a ridurre le razioni degli stessi limitesi, suscitando talvolta il malcontento, sia di questi che dei nuovi arrivati. Nunzio invece era caratterialmente meno forte, e benché accettasse di buon grado le decisioni del Consiglio, spesso si duoleva nel veder gli ospiti che reclamavano più cibo. Questi, dal canto loro, intuirono ben presto non solo che tra i limitesi c’erano scuole di pensiero diverse, ma anche che i magazzini affidati ai custodi… avevano livelli di sicurezza in linea con le inclinazioni dei rispettivi titolari. Così, se il magazzino del Custode del Grano era assolutamente inviolabileintrodursi nel magazzino dei legumi – si comprese presto – non era altrettanto impossibile. Una piccola finestra sul retro, alquanto sconquassata, che non chiudeva bene, poteva facilmente essere forzata senza troppa fatica, senza far danno e, soprattutto, senza far troppo rumore.

Se è vero che l’occasione fa l’uomo ladro, sicuramente la fame può fare altrettanto.

Così i nuovi arrivati presero l’abitudine a far visita, di tanto in tanto, al magazzino di Nunzio. Non era facile trovare il momento in cui poter aprire la finestra senza dare nell’occhio, ma l’astuzia non mancava loro, e così riuscivano a prendere dal magazzino un po’ di fagioli e quant’altro per rimediare alle magre razioni che gli anziani limitesi concedevano loro.

Quanto al lavoro, presto venne deciso dal Consiglio che era giunto il momento di utilizzare un terreno che fino a quel momento non era mai stato usato per scopi agricoli. Si trattava di un pianoro un po’ più in basso rispetto alle abitazioni di Limite, oltre il torrente. I nuovi arrivati intuirono che, essendo cresciuta la comunità con il loro arrivo, la superficie coltivabile doveva essere ampliata di conseguenza. Dissodare quei campi si rivelò presto un calvario, erano pieni di sassi che andavano rimossi e che i limitesi utilizzavano, come si faceva un tempo, per costruire muretti a secco per delimitare le colture.

La fatica che i nuovi arrivati dovevano sopportare, ed a cui non erano minimamente abituati, produsse anche un altro effetto (era forse questo che Maso e gli altri consiglieri cercavano espressamente?), ovvero che i nuovi ospiti erano sempre talmente stanchi, che non riuscivano a pensare.

Non si curavano dell’amministrazione della comunità, a cui invece i limitesi dedicavano le ore serali, dopo il lavoro dei campi; non frequentavano, se non raramente, le riunioni. Tutta la loro vita sociale era ridotta a brevi occasioni di svago, per il resto usavano il tempo libero unicamente per riposare (e per le loro incursioni clandestine nel magazzino dei legumi). Il loro fisico avrebbe avuto bisogno ancora di parecchio tempo prima di abituarsi ai ritmi della vita di Limite. La realtà contadina era in tal senso una scuola di vita impareggiabile. Dura, spesso inflessibile, ma sicuramente efficace. Questo riuscivano a capirlo anche i nuovi arrivati, ché se non avessero fatto a suo tempo certe valutazioni non avrebbero certo deciso di abbandonare la pianura! Quello che ancora non comprendevano bene, era che l’insegnamento della vita rurale non era solo questione fisica, ma coinvolgeva anche il loro spirito.

La loro stanchezza, pensavano, era un ostacolo da superare. Quando si fossero abituati (abituati fisicamente) a quello stile di vita, allora avrebbero potuto poi anche dedicarsi ad un cammino interiore e ad una crescita spirituale (per quanto quella parola paresse loro ancora un tantino stonata se attribuita a Limite).

Non comprendevano, ahimè, che quello che consideravano un ostacolo sul loro cammino (il duro lavoro fisico) era in realtà di quel cammino il primo e più importante passo.

Il Custode Maso sempre li teneva d’occhio, Eri in particolar modo. Aveva notato come guardava sua figlia. A Sura sembrava non dispiacessero le attenzioni del giovane fuggitivo; anche se non gli dava confidenza più di tanto, a volte Maso aveva creduto di vedere che contraccambiava certi suoi sguardi. E un padre, si sa, è sempre un po’ sul chi va là in certe situazioni.

Poteva forse considerare Eri una sorta di leader del gruppetto dei nove? Non c’erano elementi per dirlo… per il momento Maso si limitava ad osservare. Chissà come avrebbe reagito se avesse scoperto che era stato proprio Eri a trovare per primo il modo di rubare i legumi dal magazzino di Nunzio!

«Credo di non piacere a tuo padre» disse un giorno Eri a Sura. In città non era certo famoso per la sua delicatezza nel trattare con le ragazze, cosa che gli era valsa un soprannome di cui non amava parlare e che, sperava, fosse stato dimenticato assieme alla sua vita precedente in pianura. Sura però, dal canto suo, non sgranò gli occhi, nè esclamò niente di plateale. Si limitò a chinare lo sguardo, finendo poi per osservare lontano, il vento che accarezzava l’erba. Forse Eri aveva colto nel segno?

«Non saprei… disse lei infine, dopo un tempo che ad Eri parve lunghissimo – Ma una cosa l’ho imparata qui a Limite, anche se sono ancora giovane…»

«E sarebbe?»

«Che spesso le cose non sono come sembrano. Che noi giovani… bè, insomma… gli anziani vedono più lontano di noi, ecco»

«Ti fidi di lui, questo è normale… è bello!»

«Sì, mi fido, certo. È mio padre, ci mancherebbe… ma non è questo che intendevo. In questi anni ha ricoperto vari incarichi sai? Oltre a quello di Custode del Grano intendo. Una volta fu eletto addirittura Consigliere Capo! Avresti dovuto vederlo… intendo quando ha dovuto affrontare questioni con gli altri limitesi. Non parlo di come si comporta con me, lui ha davvero a cuore la nostra comunità. Quando si tratta di scegliere per il bene di tutti, non ha più una figlia, una famiglia. Tutti diventiamo uguali, tutti siamo importanti, perché tratta tutti come fossimo una grande famiglia, e i giovani di Limite come fossero tutti suoi figli. Mi rendo conto… non è una cosa che riesco a spiegare bene….» aggiunse, vedendo lo sguardo interrogativo di Eri.

«Ora, detesto dire “un giorno capirai” – sorrise Sura imbarazzata – perché suona tanto stile “femmina iper-protettiva con desideri di maternità repressi” e Dio sa cos’altro, però…»

«No, no… va bene, non ti preoccupare, ti capisco» provò a mentire Eri «Non fa niente, davvero…»

«Quello che intendo è che… bè non trovo le parole… insomma…»

«Un giorno capirò…» le sorrise Eri.

«Sì, insomma… credo di sì. Un giorno capirai…»

II

Giunse presto l’autunno. Mentre i limitesi si davano un gran da fare per ultimare i lavori di quella che sarebbe presto diventata la nuova casa dei nove, in modo che potessero avere un ambiente confortevole per affrontare il freddo, come è naturale in questa stagione, spesso l’umore dei contadini non era un granché. Le incertezze che, ogni anno, pesavano sulla piccola comunità, ora che c’erano nove persone in più, rendevano l’atmosfera ancora più mesta. Poi arrivò il momento della semina del grano.

Era quello, anche il momento in cui la carica di Custode avrebbe dovuto essere riassegnata. Il Custode entrante avrebbe seguito le operazioni di semina assieme al Custode uscente, per sostituirlo poi definitivamente nella gestione a partire dalla primavera. I mesi di affiancamento erano giudicati indispensabili affinché non ci fossero ripercussioni sul normale andamento della vita della comunità.

La nomina dei nuovi Custodi – ognuno nella stagione di competenza – era un appuntamento sempre molto atteso a Limite. Quell’anno accadde qualcosa di particolare. Mentre gli anziani erano riuniti in casa del Consigliere Capo, fuori nell’aia, tra i limitesi che attendevano si avvertiva un’atmosfera quasi elettrica. Come in quelle giornate autunnali quando un temporale imminente non si decide ancora a scoppiare, il vento odora di pioggia e si iniziano a vedere fulmini all’orizzonte. La discussione si protraeva più di quanto accadesse di solito, e quando infine la porta di casa si aprì e gli anziani uscirono, tutti si avvicinarono, consapevoli che qualcosa di insolito stesse per accadere. Ma i volti degli anziani erano sorridenti, e presto l’apprensione dei limitesi mutò in trepidazione, poiché era ormai chiaro a tutti che il qualcosa di diverso avrebbe potuto essere solo una bella notizia.

«Amici, vi chiediamo scusa per questa attesa – esordì il Consigliere Capo – ma la proposta del Custode uscente Maso ha richiesto una discussione molto più approfondita del solito. Non nego che a tutta prima mi sono stupito della sua richiesta, ma poi… – proseguì cercando sguardi di approvazione degli altri anziani, che non tardarono – Poi ho dovuto convenire con lui, e con gli altri membri del Consiglio, che si tratta di una buona idea. Vogliamo tutti il bene di Limite. Gli eventi di quest’anno ci hanno messi a dura prova, e così sarà anche per la prossima stagione invernale. La nostra comunità sta crescendo, grazie all’arrivo dei nostri nove nuovi amici. Questo, comprendete bene, richiede da parte di tutti uno sforzo ulteriore, che se ben ponderato potrà portare vantaggi per tutti noi un domani. Avrete veduto che negli ultimi mesi abbiamo cercato di sistemare il terreno oltre il torrente, ad est. Sappiamo che il microclima su quel versante non è ottimale come qui, ma – come si dice – di necessità, virtù. Ora possiamo pensare di estendere le coltivazioni di cereali anche in quella zona. La lungimiranza del Custode uscente, che forse abbiamo giudicato troppo rigido nei mesi scorsi, quando abbiamo dovuto accontentarci tutti di razioni più misere di cereali, ci permette ora di avere più semi da seminare. Confidiamo quindi che, se la stagione ci assiste, l’anno prossimo potremo avere farina e cerali in abbondanza per tutti».

Sura, il cui cuore già accelerava i battiti, colmo di gratitudine per quella nuova lezione che suo padre le stava regalando, cercò istintivamente lo sguardo di Eri. Avrebbe voluto dirgli: «Ecco cosa intendevo quel giorno!» ma non riuscì da principio a scorgerlo tra gli altri. E mentre lo cercava con lo sguardo non si avvide di quanto il Consigliere Capo aveva continuato a dire.

«Quello che ci attende è un anno complicato. Perciò abbiamo deciso che forse è giunto il momento che un giovane ricopra la carica di Custode. Qualcuno con più energie di noi insomma, che sopporti meglio le prove che non mancheranno. Qualcuno che, ne siamo certi, conoscendo bene il Custode uscente, non mancherà di far fruttare quanto lui stesso ha seminato, sia in senso letterale che metaforico!»

Mentre i limitesi applaudivano, il Consigliere Capo le si era avvicinato, quando Sura si avvide che le stava sorridendo di colpo si gelò. «Sura, te la senti di ricoprire questo incarico? Saremmo tutti onorati di averti quale nuova Custode del Grano!»

«Chi? Io?» balbettò incredula la ragazza. Solo a quel punto scorse Eri, in fondo, che la fissava, stupito non meno di lei.

Niente di quel che accadde nelle ore seguenti può essere raccontato con precisione. Occasioni come quella solitamente terminavano con una festa che coinvolgeva tutti. Si cantava, si ballava, e si beveva del buon vino. Tra gli applausi, le lacrime di stupore e di gioia che si mescolavano assieme, i limitesi vollero tutti congratularsi con Sura, abbracciarla, augurarle buona fortuna. Lei si sentiva come se fosse su una giostra che girasse a più non posso, l’ebbrezza del vino si confondeva con l’ebbrezza di quel nuovo ruolo di cui si sentiva ad un tempo onorata e che ugualmente la spaventava.

Era consuetudine di Limite che subito dopo la sua nomina, il Custode entrante tenesse un breve discorso. Non era strettamente necessario farlo la sera stessa della nomina, Sura avrebbe potuto prepararsi e indire una nuova riunione nei giorni seguenti, ma era opinione comune che l’emozione dell’incarico, la spontaneità dei primi momenti, fossero tutte qualità che rendevano il discorso di apertura un tantino meno istituzionale e più umano, che era poi la caratteristica peculiare che tutti i limitesi cercavano, in ogni cosa che facessero. Sura quindi si fece coraggio e decise, come spesso i suoi predecessori, di parlare subito. Due dita di vino nel bicchiere l’aiutarono a spazzar via le ultime incertezze.

«Amici, amiche… padre – disse volgendo lo sguardo a Maso – Grazie infinite di questo regalo, grazie della vostra fiducia che spero di essere in grado di onorare nei prossimi tre anni. Devo ammettere che questa nomina mi ha colto di sorpresa, ma credo in questo di non essere sola, giusto?» molti dei presenti risero, molti applaudirono. Il ghiaccio era rotto. Sura si sentiva già più rilassata, e proseguì senza indugio.

«Ho sempre ammirato mio padre, per la sua lungimiranza. Questa decisione, oggi, mi conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che non sbagliavo. Come molti di voi anche io nei mesi scorsi ho pensato che forse era troppo rigido nel ridurre le nostre razioni di farina e di cereali. So per certo che anche lui stesso si è sicuramente sentito molto triste nel doverlo fare. Ma lo ha fatto comunque, perché andava fatto. La nostra terra è generosa, ci dà di che vivere ormai da venti anni, anni in cui mai abbiamo fatto venir meno il nostro profondo rispetto per lei. Abbiamo imparato presto che non possiamo chiederle più di quello che è in grado di darci, né di chiederlo prima del tempo. Non possiamo veder maturare il grano in inverno, o i broccoli a inizio estate. I nostri nonni raccontavano che tempo fa, in pianura si facevano cose del genere, cercando di produrre sempre di più e in ogni momento dell’anno… ma come è evidente, dal momento che siamo qui, non è andata a finir molto bene!

Il rispettare il ciclo delle stagioni, inoltre, ci ha insegnato anche qualcosa di molto più importante della conoscenza delle proprietà nutritive degli alimenti. Ci ha obbligati a programmare, ci ha chiesto di saper guardare lontano (cosa che noi giovani siamo a volte restii a fare…), ci ha educati alla prudenza. In montagna, lo sappiamo, il clima a volte fa brutti scherzi. Abbiamo imparato l’importanza di tenere delle buone scorte, e non solo di alimenti. Più importanti di tutte sono le scorte di semi. In questo mio padre è stato un maestro impareggiabile. Quello che ha insegnato a tutti noi nei mesi scorsi, io l’ho vissuto per anni in casa: se mangiamo troppo oggi, non avremo di che seminare domani. Se consumiamo le risorse della Terra, prima che questa sia in grado di produrne altre, siamo destinati a soccombere. E presto. È una lezione dura a volte, ma è l’unica verità che non possiamo mai dimenticare. Grazie ancora, padre, per avercelo ricordato anche quest’anno. Grazie ai nostri nuovi ospiti che hanno sopportato questo sacrificio. Sono certa che la saggezza del Custode uscente, mio padre, e quanto mi impegno a fare io stessa d’ora in avanti, vi sapranno ricompensare della vostra pazienza».

I festeggiamenti proseguirono fino a notte. Come accadeva di solito, mentre i più giovani cantavano e ballavano, gli anziani si facevano da parte, preferendo passeggiare, chiaccherando e godendosi il clima ancora mite. Maso e Nunzio si ritrovarono presto seduti allo stesso tavolo, stanchi, ma soddisfatti.

«Una scelta davvero molto particolare, Custode Maso. Tanto insolita quanto saggia… devo complimentarmi con te, prima non ho avuto occasione di dirtelo…» disse Nunzio alzando il suo bicchiere. Brindarono, e Maso prese l’amico sottobraccio, prendendo a passeggiare. Sembrava un gesto normale, ma ci volle poco per rendersi conto che in quel modo Maso lo stava allontanando, seppur di pochi passi soltanto, dal resto della comitiva, senza tuttavia destare sospetto in alcuno degli astanti.

«Non è sempre facile aver chiaro qual è la cosa da decidere per il bene della comunità – disse Maso So che nei mesi scorsi molti di voi avranno giudicato duramente il mio comportamento. Ridurre le razioni non è stata una scelta facile, credimi»

«Lo so, lo so» annuì l’amico.

«Ma era assolutamente necessario. Che ne sarà di noi se ci dovesse mancare la farina? Non per alcuni mesi, ma per sempre! Sarebbe un disastro. Avere grano da mangiare deve essere il nostro secondo pensiero! Il primo è di poterne avere da seminare!» Nunzio continuava ad annuire mestamente.

«Il sacrificio che ho chiesto a tutti voi in questi mesi sarà ricompensato dall’abbondanza che la nuova stagione ci porterà. Solo in questo modo possiamo essere certi di avere la nostra dose di calorie l’anno prossimo. Calorie che ci saranno indispensabili, anche per far fronte ad eventuali carenze proteiche…»

«Carenze… proteiche? Cosa… cosa intendi?» balbettò l’altro.

«Custode Nunzio… tra qualche mese toccherà a te predisporre la semina. Come stanno le nostre scorte di legumi?» Nunzio si bloccò all’istante. Avrebbe potuto continuare a camminare facendo finta di niente? Si avvide subito che un leggero tremito lo stava scuotendo e l’amico, tenendolo per il braccio, non poteva non essersene accorto. Lo fissò a lungo, poi vedendo che nei suoi occhi non c’era rimprovero, ma solo tanta tenerezza, abbassò lentamente lo sguardo.

«Tu sapevi…»

«Ma certo, vecchio mio. Non era poi così difficile capirlo. E il tuo magazzino… sospirò Dovresti deciderti a riparare quella benedetta finestra, che diamine!»

«Hai ragione Maso… All’inizio è stata solo una sensazione. I sacchi erano sempre tutti al loro posto, intatti. Per parecchio tempo mi sono detto che doveva essere solo una mia impressione»

«Prendevano qualcosa da ogni singolo sacco?»

«È così – annuì l’altro – Sono stati astuti. Era praticamente impossibile accorgersene…»

«Ah! Attento… – lo apostrofò bonariamente Maso – Ora ti stai nascondendo dietro un dito»

«Sì, hai ragione… non me ne sono accorto perché…»

«Perché non volevi accorgertene – Nunzio annuì grave – Perché in cuor tuo pensavi…»

«Pensavo “che diamine, hanno fame!”. Li stiamo facendo lavorare a ritmi – e a orari – a cui non sono abituati. È comprensibile che…»

«Certo, certo… ti capisco. Non ti devi giustificare con me. Hai lasciato correre…»

«Ho lasciato correre»

«Resta il fatto – proseguì Maso dopo un po’ che i due avevano ripreso a passeggiare – Che tra qualche mese dovrai predisporre la semina. Quanti legumi ci restano? Dobbiamo pur fare qualcosa… dovrai pur dire qualcosa, no?»

Nunzio riprese a passeggiare. Rimuginò a lungo tra sè, e alla fine: «Dobbiamo parlarne nel Consiglio – disse Questo è certo e… credo che dovremo farlo prima possibile, senza aspettare il momento della semina»

«Questo è saggio – annuì Maso – parlarne subito… certo»

«Potremmo forse trovare una soluzione alternativa… le possibilità non mancano. Allora ne parleremo nel Consiglio?»

«Ne parlerete nel Consiglio… ti ricordo che da oggi non sono più il Custode del Grano. Dovrai parlarne con mia figlia, suppongo!» sorrise Maso.

Parlarne con Sura! Nunzio cominciava a capire

Maso non poteva non aver notato la simpatia che stava nascendo tra Sura ed Eri. Un genitore del suo stampo non si sarebbe potuto ingannare tanto facilmente. Quindi… nominare Sura nuova Custode del Grano era stata una scelta altamente strategica da tanti punti di vista. Il sentimento che, forse, stava nascendo tra i due giovani avrebbe certamente impedito una eccessiva “polarizzazione” delle opinioni (limitesi contro nuovi arrivati ad esempio) ed avrebbe forse evitato alla comunità di spaccarsi in due fazioni, cosa che – indipendentemente dalla ragione o dal torto di ognuna delle parti – sarebbe stata comunque deleteria per la socialità di Limite.

Quella nomina si poteva inoltre leggere come un grande gesto di fiducia da parte di Maso nei confronti della figlia. Forse Maso supponeva che anche Sura fosse a conoscenza dell’accaduto? Nunzio non aveva elementi per dirlo. Certo era che col suo gesto, Maso stava dicendo a Sura: “figlia mia, ricordati che a grandi onori corrispondono sempre grandi responsabilità”. Il suo quindi era sì un gesto che esprimeva fiducia, ma allo stesso tempo era un invito rivolto a Sura ad iniziare a sentirsi responsabile per tutta la comunità, e non solo per sè o per quelli per cui provava un affetto particolare. Più Nunzio ci pensava, più si convinceva delle grandi capacità pedagogiche di Maso. Capacità tanto più efficaci quanto più Maso non agiva come chi “monta in cattedra”. Maso non insegnava a parole: semplicemente agiva. Agiva in modo che nel suo comportamento fosse evidente, per tutti, l’insegnamento necessario. Ed ognuno – questo Nunzio lo stava vivendo direttamente sulla sua pelle – ognuno traeva dai gesti del Custode il suo insegnamento. Quello che Nunzio stava imparando ora, era sicuramente diverso da quello che Sura avrebbe imparato. Perché lui aveva bisogno di qualcosa di diverso rispetto a Sura.

III

In molti si avvidero quella sera che Nunzio era cambiato. Nessuno aveva notato la passeggiata sottobraccio fatta con Maso, e probabilmente nessuno avrebbe mai ricollegato i fatti accaduti in modo tale da avere il quadro completo dell’accaduto. Qualcuno però ricordò in seguito di aver sentito, a notte inoltrata, quando tutti, un po’ brilli per il vino della festa, rientravano alle proprie abitazioni, Nunzio che borbottava tra sè parole senza senso: «Forse dovremmo smettere del tutto di mangiare carne…. Mmmm! Non macelliamo più nè pecore, nè vitelli. Li alleviamo per il latte… più latte e più formaggio rimedieranno alla mancanza di fagioli…. in fin dei conti sempre proteine sono…».

Nunzio non seppe mai cosa accadde tra Maso e sua figlia in seguito, cosa si dissero e cosa no. Si avvide però – e non fu il solo a notare questo – che nei mesi seguenti Eri era più restio ad avvicinarsi a Sura. Non che la evitasse apertamente, ma… insomma, si vedeva che c’era qualcosa che non lo metteva a suo agio. Finchè un giorno d’inverno, un bel giorno di sole, a mezzodì, mentre Sura e suo padre sedevano sotto il pergolato ormai spoglio, davanti casa loro, il giovane si fece coraggio e prese la decisione più difficile di tutta la sua vita.

«Custode Maso, debbo parlarle» esordì Eri prima ancora che i due lo salutassero. Sura si rannicchiò sulla sedia. Eri la guardò: vide un gatto che alza il pelo e inarca la schiena, in attesa di chissà quale pericolo. Poi tornò a guardare Maso, il suo tono si fece impercettibilmente più dimesso. Fu solo una sfumatura, che però il Custode uscente – Eri ne era certo – non poteva non aver notato.

«Ho una confessione da farle…» proseguì il giovane. Forse il Custode non si aspettava tanta sincerità, chi può dirlo, ma per la prima volta in vita sua, Sura lo udì balbettare.

«V-Vieni ragazzo… entra» gli disse indicandogli la porta. Eri lo seguì dentro casa. Prima di chiudere la porta dietro di sè guardò un’ultima volta Sura che lo fissava attonita.

«Avevi ragione su di lui – le disse Eri sorridendo – ora ho capito».

***

Ci vediamo a Limite, tra due mesi, con il prossimo racconto.

Non mancare!